Chissà quante volte al telegiornale delle 13.00, mentre sei seduto davanti a quel sacro piatto di pasta, senti passare la notizia: “Un uomo si suicida impiccandosi per colpa dei debiti accumulanti, lasciando un biglietto a moglie e figli”.
All’improvviso quel piatto diventa vuoto, come quel sentimento di impotenza che ci portiamo dentro dinanzi alle scelte disperate di chi, in quel gesto estremo, trova la sua pace. Provi a trovare una spiegazione e mentre gli altri mormorano e giudicano, tu vai oltre e capisci che forse, restare “sospeso” ad un metro da terra è stato per quell’uomo, l’unico modo per sentirsi più leggero davanti a un dolore di piombo che piega per sempre una moglie.
Il 2020 ha visto morire suicida centinaia di imprenditori e liberi professionisti, duramente colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia, ma la storia di Ernesto, risale ad 8 anni fa e quando la racconta su Instagram, attira inevitabilmente la mia attenzione.
E’ in cucina, nel suo maglione rosso, tra i barattoli di sale.
Tra i sapori buoni della vita, con le sue mani grandi e un microfono da studio. Nessuna grande performance, solo la sua voce calda, colorata di jazz e impreziosita dall’arte del cantautore.
“Non era un divo, un attore, faceva il sarto di giorno e di sera. Ma proprio come un attore, fu un lunedì che volle uscire di scena”, così Ernesto, prende ago e filo e imbastisce la sua poetica del suicidio, e rivolgendosi a “Marì”, prova a spiegarle come per quanto sia difficile da accettare, il destino non lo si può cambiare e “in questa vita è andata così”.
“La metà di un filo”, è un brano che andrebbe premiato per la bellezza con cui Ernesto ha raccontato il passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla vita.
Andrebbe premiato per aver gentilmente dato giustizia a quell’ultimo atto di scena, che ha chiuso il sipario di una tragedia che la nostra società, non è ancora in grado di fermare.
Ernesto Marciante, ha gli occhi densi mentre canta “La metà di un filo”. L’inchiostro emotivo con cui riempie il suo foglio, scrive parole che sanno di verità: basterebbe poco… solo imparare ad aiutare con più amore, chi vive la sua ora più buia.
Il Testo
La metà di un filo (Ascoltala qui)
Quell’uomo aveva una storia,
Una di quelle che dimentichi presto.
Riconosciuto da tutti in città,
Come l’uomo più onesto.
Non era un divo, un attore,
Faceva il sarto di giorno e di sera.
Ma proprio come un attore
Fu un Lunedì che volle uscire di scena.
Ah, Marì, Marì…
Che ci vuoi fare, è andata così.
Ah, Marì, Marì…
Non puoi cambiarlo il destino di un uomo appeso ad un filo.
Riaprire l’armadio sbiadito,
Ne tiro fuori il vestito più bello.
Disse alla moglie di amarla da sempre
E compreso lo sbaglio
Di non averglielo detto ogni giorno,
Di non ricordarlo.
Poi la baciò dritta in fronte
E le disse di non aspettarlo.
Ah, Marì, Marì…
Che ci vuoi fare, è andata così.
Ah, Marì, Marì…
Guarda che buffo il destino,
Io muoio appeso ad un filo.
Ah, Marì, Marì…
Che ci vuoi fare, per questa vita è andata così.
Amami.
La notte è lunga davvero,
Ma un sole nasce soltanto dal buio più nero.
Oggi quell’uomo ha cambiato mestiere,
Racconta una storia
Che in giro per il paese
Chiunque conosce a memoria.
Dice di aver ricevuto dal cielo
La metà di un filo
E di aver pianto
Scoprendo di esser rinato bambino.
Ah, Marì, Marì…
Ma guarda un po’, è andata così.
Ah, Marì, Marì…
Sai quante volte ho pregato il destino
Che si potesse spezzare quel filo
Ah, Marì, Marì…
Ma quanto è dolce ogni nuovo respiro!
Amami.
La notte è lunga davvero,
Ma un sole nasce soltanto dal buio più nero.