Questa sera l’erba del campo è bagnata come una delle prime serate d’autunno. L’Olimpico non è mai stato così silenzioso, eppure sugli spalti, c’è l’ombra di un tifoso incallito che per 25 anni ha accompagnato suo figlio ai bordi del campo in attesa di vederlo segnare.
Una pacca sulla spalla e Francesco scende in campo, tocca la palla, carica il destro ed è goal. I tifosi intonano l’inno, il coro urla il suo nome, ma Francesco guarda i bordi del campo cercando la sua approvazione, ma per lui poteva fare di più. E allora Francesco ci riprova, arriva ad un passo dalla porta e “cucchiaio”, il pupone ha segnato un altro goal, ma dai bordi papà non gli diceva mai “Bravo!”, “Ma che hai fatto solo du goal? ma vedi d’annartene che ne potevi fa quattro!”. Forse nella sua testa, i complimenti non facevano la resa e così mentre per la città di Roma, Totti era diventato un Re, per suo padre era semplicemente un ragazzo di periferia che stava correndo dietro un pallone pronto a qualsiasi sacrificio pur di realizzare il suo sogno.
Per tutti Enzo era “Lo Sceriffo”, per Francesco era il suo esempio migliore: colui che gli ha insegnato tutto sull’amore, sul rispetto, i valori più importanti che oggi tramanda ai suoi figli.
Enzo era una persona semplice, l’amico di tutti e colui che agli allenamenti si presentava con la pizza bianca con la “mortazza”, l’attrattiva gioiosa di tutti i compagni di squadra.
Oggi però a bordo campo c’è un posto vuoto, perchè lo sceriffo se n’è andato, portando con sè tutto l’amore di Fiorella, Riccardo e Francesco, lasciando quel posto in panchina alle partite di Cristian, fermando il tempo di chi lo ha amato e gli deve tutto.
Non si può tornare indietro a quel giorno al mare, a quel vento d’innocenza che ha cresciuto un campione. Ma si può far vivere chi amiamo per sempre, se sapremo trasmettere ai nostri figli ogni prezioso insegnamento.
“Tutto quello che mi hai insegnato, lo sto trasmettendo ai miei figli…ai tuoi nipoti. Grazie per tutto papà mio”. Francesco Totti