Questa mattina mi sono imbattuta in una fotografia dolorosa che ha descritto in poche righe l’amarezza di chi pur amando il suo lavoro, oggi si arrende all’ennesimo dolore dopo l’emissione dell’ultimo DPCM che ha sospeso ancora una volta i concerti e tutte le attività nei teatri e nei cinema.
Il violinista Luca Santaniello non ci sta e pubblica una foto del suo violino nel water di casa. Un’immagine forte accompagnata da un testo che ne descrive perfettamente tutta l’umiliazione per questo provvedimento verso il mondo della musica e dello spettacolo in senso più ampio. Il musicista scrive:
“Violino : J.B.Vuillaume 1855 pagato 120.000 euro
Arco: C.N.Bazin 1880 pagato 8.000 euro
Muta di corde : Eva Pirazzi Gold pagate 147 euro
Spalliera : Pirastro Korfker Rest pagata 280 euro
ore passate con lo strumento in mano: incalcolabili.
Vi abbiamo fatto emozionare e divertire. Noi ci siamo emozionati e divertiti ancora di più. Ma il nostro è un LAVORO e vi mancherà . Non immaginate quanto. Ora tiro l’acqua (Clicca qui)”
All’improvviso la mia mente fa un salto nel passato e si siede comodamente sulle poltrone rosse del cinema. E’ il 1997 quando ai botteghini le persone facevano file chilometriche solo per vedere lo stesso film per due o tre volte. Tutti durante le festività di Natale dovevano confrontarsi su quell’amore impavido nato su quel transatlantico che ormai dal 1912 riposa nell’oscurità dell’oceano.
Il Titanic, esempio perfetto del nostro presente.
Provate ad immaginare la nostra vita fino ad oggi come questa immensa nave, su cui viaggiano persone in prima e in terza classe. Ad un tratto, tra le luci, la scena, la lussuria, la festa e la gioia, questa nave si scontra contro un iceberg che dalla torre di controllo chiamano Covid-19. La nave comincia a riempirsi d’acqua e piano, molto piano, si prepara a sacrificare centinaia di vite innocenti.
Chi viaggia in terza classe, in quello spazio che occupano gli ultimi, che puzza di lacrime e povertà , la gente annega prima. Mentre chi viaggia in una classe privilegiata, è già sul ponte pronto a mettersi in salvo sulla prima scialuppa di salvataggio. Ogni attimo che passa, le urla, la paura e il panico diventano sempre più forti, fino a diffondere persino l’odio tra le persone.
In tutta questa confusione però, sul ponte c’è una piccola e dignitosa “orchestra” che continua a suonare perchè non si rassegna alla morte. Si guardano, intonano l’ultimo brano e il primo violino suona un canto struggente. Le luci cominciano la loro danza ad intermittenza come quel battere e levare che fa il cuore, come l’ultimo lungo applauso di ieri sera, quando i teatri d’Italia ancora una volta hanno dovuto chiudere il sipario ai loro spettatori.
Stiamo assistendo alla dolorosa morte di una categoria che non è protetta e non è difesa da nessuno. L’Italia è quel Paese dove fare l’artista non è un lavoro. Già con l’avvento delle nuove tecnologie, il mondo della musica, del cinema e del teatro hanno dovuto reinventarsi dei modelli di resistenza per riuscire a sopravvivere. Modelli basati principalmente sui live che ad oggi vengono ancora una volta sacrificati a causa dell’emergenza.
Gli artisti protestano, ma lo fanno con dignità e con rispetto. Non lanciano fumogeni in piazza, non aggrediscono le forze dell’ordine, non urlano e non insultano le autorità . Chiedono solo di poter continuare a fare il loro lavoro in sicurezza rispettando alla lettera tutti i protocolli.
Tutti gli operatori del mondo dello spettacolo appena un mese fa, hanno posizionato i bauli davanti al Duomo di Milano per dare voce a quel settore dimenticato. Tutte in fila come bare a dare vita ad uno spettacolo che vede invece ogni giorno la lenta agonia dell’industria dell’intrattenimento.
Restano a casa non solo giovani sognatori o brillanti talenti, ma padri e madri di famiglia. Restano a casa gli attori di teatro, di cinema, addetti alle casse, fonici, registi, staff interi di produzione, addetti stampa, musicisti, cantanti, arrangiatori, tecnici, ingegneri del suono, operatori dei service audio e luci, scenografi, sceneggiatori, costumisti, presentatori, fotografi, addetti ai casting, truccatori, macchinisti ed elettricisti, ballerini, coreografi, arredatori, aiuto regia, attrezzista di scena, datore luci, lighting designer, microfonista, mixer video e tutti gli altri operatori della filiera.
Dopo il DPCM di ieri, anche il presidente dell’Agis, Carlo Fontana, ha scritto una lettera al premier Conte e al ministro Franceschini in cui spiegava: “Esprimiamo la nostra contrarietà , insieme a larghissima parte dell’opinione pubblica, rispetto alla ipotesi prevista nel Dpcm in merito alla sospensione delle attività dei teatri, dei cinema e dei luoghi di spettacolo. I luoghi di spettacolo si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale. Una nuova chiusura delle attività del settore – aggiunge – comporterebbe un colpo difficilmente superabile ed una drammatica ricaduta sulle decine di migliaia di lavoratori ed artisti, già al limite del sostentamento a causa del crollo del reddito. Si tratterebbe di una scelta devastante per l’intero Paese“. La lettera continua: “Sono stati siglati accordi e protocolli a livello territoriale ed a livello nazionale con le organizzazioni di categoria per garantire la salute e la sicurezza e tutte le imprese del comparto si sono adeguate assumendosi onerosi investimenti per elevare il livello di prevenzione sia per i lavoratori che per gli spettatori, pertanto, riteniamo che vi siano i presupposti affinché i teatri, le sale cinematografiche e da concerto siano escluse da provvedimenti restrittivi, alla luce di dati oggettivi che siamo pronti a dimostrare nelle sedi opportune“. Infine la richiesta di Fontana: “Chiediamo sin da subito l’apertura di un tavolo al fine di individuare possibili strumenti idonei ad affrontare le situazioni di maggiore sofferenza e a garantire più certezza per il futuro“. Una lunga lettera in cui si cerca di trovare un’intesa con le forze politiche per rivedere l’attuale provvedimento.
Fiorella Mannoia scrive su i suoi social: “Finora nei teatri dove si sono esibiti, colleghi, attori e scrittori.. c’è stato un solo caso di Covid in tutti questi mesi, tutto è stato fatto secondo le regole e il teatro e i cinema a oggi sono stati tra i luoghi più sicuri. Ma le chiese, i musei, le partite di campionato rimarranno aperti. Ma noi no. Se volete condividete. Grazie“.
Anche Tosca esprime il suo doloroso pensiero: “Ieri sono salita sul palco del Teatro Duse di Bologna con il cuore gonfio di emozioni e con il pensiero rivolto a tutta la grande famiglia dello spettacolo, alle migliaia di artisti e operatori che con grandi sforzi, anche economici per seguire le regole dettate dall’emergenza sanitaria, hanno cercato di dare un segno di continuità e adesso vedono svanire la possibilità di andare avanti. Confido che il buon senso ci aiuti e che le istituzioni accolgano l’appello di tanti lavoratori che stanno vivendo una delicata incertezza sul futuro della loro vita, non solo professionale. I cinema e i teatri sono tra i luoghi più sicuri e controllati e forse un esempio tra i più virtuosi per la sicurezza di tutto il pubblico. Un anno senza cultura fa male soprattutto alla politica, perché proprio in momenti come questi le attività culturali sono linfa vitale, una guida e un sostegno per la società civile!“. Tanti gli artisti che oggi a gran voce chiedono giustizia per il settore.
Franco Califano nel Sanremo del 1967 scrisse per Ornella Vanoni una bellissima canzone dal titolo “La musica è finita”, reinterpretata dalla cantante in una versione straordinaria tratta dal DVD “Vanoni Paoli Live”, registrato il 24 e il 25 giugno 2005 al Teatro Lyrick di Assisi, durante una tournée che celebrava dopo vent’anni il loro primo tour in duo del 1985. Ecco, concludo citando questo brano, nel ricordo di quell’emozionante assolo di chitarra elettrica che ha fatto tremare l’intero teatro e che oggi ci ricorda che nessuno può spegnere le emozioni che regala la cultura.
No! Oggi “La musica NON è finita”. Non smettiamo di sostenerla e di sostenere chi LAVORA nello spettacolo.