“Senza un’aspirazione in atto, l’incertezza è lo stato d’animo dominante oggi tra gli italiani”. Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, ha salutato così l’inizio della presentazione del 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, tenutasi oggi presso la storica sede romana del Cnel. L’incertezza, l’ansia verso il futuro e la sfiducia verso la politica sembrano essere i sentimenti più diffusi tra gli italiani negli ultimi due anni. Un quadro complesso e preoccupante, rispetto al quale appare ormai improrogabile – stando a quanto indicato da Valerii e il Segretario Generale Giorgio De Rita – delineare un nuovo efficace modello di sviluppo.
I dati allarmanti. Il 53° Rapporto Censis ha delineato l’immagine di “un paese divorato – citando il commento di Valerii – dall’incertezza”, dove ben il 69% dei cittadini dichiara di provare incertezza rispetto al presente e al futuro. La causa è da ricercare in quello “stravolgimento sociale, conseguenza a sua volta – ha dichiarato il Direttore generale del Censis – della fine della corsa al benessere e della rottura dell’ascensore sociale”. Oltre il 69% degli italiani crede infatti che la mobilità sociale sia ormai bloccata, anzi un notevole “38,2% è convinto – si legge sul Rapporto – che nel futuro i figli o i nipoti staranno peggio di loro”. Altro dato sintomatico di questa tendenza è la rinuncia a due pilastri tradizionali della sicurezza familiare: i Bot e la ricchezza immobiliare. Basti pensare che nel 2017 quest’ultima ha subito rispetto al 2011 una decurtazione del 12,6% (l’equivalente di 757 miliardi di euro in meno).
La risposta individuale all’assenza di un’adeguata offerta politica è stata quella di mettere in atto “una solidale difesa di sé stessi”, conseguenza – stando alle parole di Valerii – di quel “furore di vita” che, nonostante tutto, sopravvive nella maggior parte degli italiani. Ma si tratta di una risposta solo temporanea, incapace di delineare un modello di crescita economica efficace a lungo termine, obiettivo a cui sembra aver rinunciato la classe politica. È quest’ultima infatti la grande assente nella vita e nei progetti futuri degli italiani, che, preda della sfiducia verso il prossimo (ben il 75,5% degli italiani non si fida degli altri), guardano sempre più spesso alla politica con disinteresse e sfiducia. Lo dimostra il crescente numero di astenuti alle elezioni politiche: se infatti nelle elezioni del 1958 il numero degli astenuti e delle schede nulle era pari al 9,6%, nel 2018 quest’ultimo ha raggiunto il massimo storico del 24,9%.
L’incapacità decisionale della politica è quindi – hanno concordato De Rita e Valerii – una delle cause innegabili della sfiducia degli italiani. “Negli ultimi dieci anni – ha dichiarato il Segretario generale del Censis – la politica non è stata in grado di prendere decisioni tali da produrre effetti concreti”. Sarebbe stato dunque, tra l’altro, questa stessa rinuncia alle responsabilità a gettare le basi della generale disillusione degli italiani verso la politica. Non è un caso infatti che il 48,2% accoglierebbe con entusiasmo l’intervento al potere di un uomo forte, “che – si legge nel Rapporto – non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni”.
Per ripartire è quindi “necessario che gli italiani prendano coscienza del fatto che il bene individuale è inevitabilmente legato al bene collettivo”. Questo l’augurio di De Rita, che ai nostri microfoni si è detto convinto di un cambiamento innegabile in atto nel nostro paese: “nonostante una tendenza all’individualismo innata negli italiani, c’è una maggiore consapevolezza che perché il singolo stia bene, deve star bene anche la collettività in cui quest’ultimo si muove, a partire dai servizi di base, come la scuola, il welfare e le strade.” E potrebbe essere proprio questa rinnovata “tendenza all’individualismo (in positivo) ad aumentare la pressione sulla classe politica affinché prenda delle decisioni capaci di far il bene della collettività”.