Che le parti sociali si attivino per risolvere e colmare il vuoto normativo non è una novità, che poi il risultato sia positivo o meno è un giudizio che dobbiamo sospendere al momento della verifica di svariate variabili: legittimità della contrattazione collettiva di qualsiasi livello sia, sostenibilità economica per l’impresa, probabilità di permanenza dell’attività imprenditoriale e sviluppo.
Ciò che è successo nel passato e che oggi si riflette ad esempio osservando le numerose disdette di accordi sindacali è solo un esempio. Ma nel caso nostro occorre fare ancora più attenzione, poiché il tema “riders” non è un tema giuridico e/o solamente imprenditoriale, bensì per larga misura politico. Ed allora occorrerebbe fare molta attenzione a ciò che accade e altrettanta attenzione a ciò che si legge: non c’è di certo attenzione su ciò che viene scritto e pubblicato! Mi riferisco all’articolo apparso su “Repubblica” l’11 maggio u.s. dal titolo “Contratto apripista per i rider primi assunti a tempo indeterminato” nel corpo del quale si può leggere fra le altre cose: “finora l’assunzione a tempo indeterminato l’avevano solo i rider che i grandi corrieri, come DHL, usano per alcune consegne in città”, oppure “per i rider delle piattaforme si tratta, invece, del primo contratto regolare a livello nazionale. Significativo anche perché tagliato sulle loro misure” ed, infine, “per la prima volta l’attività dei rider acquista la dignità degli altri lavori, conclude Tosoni” (consulente commercialista della società “La consegna srl” datrice di lavoro degli attuali 20 dipendenti di che trattasi).
Ma come si fa a permettere che vi sia una “comunicazione” di questo livello: non veritiera, imprecisa, populista e che al massimo potrà solo creare fraintendimenti e confusione? Il “lavoro” è una questione seria, che va trattata con serietà, competenza e senso di responsabilità, elementi evidentemente sconosciuti a coloro che hanno confezionato l’articolo in commento. Non vi è alcun contratto nazionale dei riders! Il problema della qualificazione giuridica del rapporto tra piattaforma e riders non è relativo al contratto a termine o a tempo indeterminato; la questione è la possibilità giuridica che essi siano considerati subordinati, autonomi o altra fattispecie de jure condendo! La scelta di un operatore del settore di utilizzare un contratto piuttosto che un altro non può essere salutata come la soluzione del tema “rider”, almeno se si vuole ragionare con un minimo di visione generale, unica possibilità per offrire soluzioni appunto “generali”. Per quanto mi riguarda siamo di fronte ancora una volta al classico titolo che non dice nulla, non rispecchia il reale accadimento, non ha alcun fondamento tecnico risolvendosi nel solito spottone politico utile non ai rider, non ai lavoratori ma a…!