La vicenda del centravanti dell’Inter ci comunica in modo definitivo che è venuto il momento di mettere “mano legislativa” alle regole del rapporto di lavoro  – che ricordo essere un normalissimo contratto di lavoro subordinato – degli sportivi professionisti. In un normale rapporto di lavoro, il trattamento riservato dal “datore” (fc internazionale) a Mauro Icardi (dipendente) non sarebbe mai potuto accadere e, laddove fosse accaduto, avrebbe avuto tutela immediata. Cerchiamo di fare chiarezza.
Nel nostro ordinamento non vi è alcuna possibilitĂ di sanzionare, escludere, danneggiare, ciò nemmeno attraverso l’utilizzo di norme che potrebbero rendere alcune azioni pretestuose legittime. Quindi ciò che si sta realizzando nel caso “Icardi” è in violazione dei principi alla base della nostra legislazione, non solo giuslavorista ma anche dei principi Costituzionali. Alla base di qualsiasi azione, a maggior ragione se all’interno di un rapporto contrattuale di lavoro, non può esserci nessuna ragione afferente il “carattere”, la personalitĂ , o qualsivoglia caratteristica “personale” del lavoratore e, men che meno, del suo “procuratore!” Peraltro non vi è dubbio che dal pdv tecnico si sta parlando di uno dei centravanti piĂą forti del mondo e ciò esclude di per sĂ© qualsivoglia ragione “oggettiva” a fondamento dell’esclusione.
Tutto ciò a tacere dei danni diretti ed indiretti che il giocatore sta subendo e subirĂ dalla deriva di questa situazione danni che hanno ragione di esistere in un sistema retto da un ordinamento quale il nostro. Una raccomandazione ai “populisti”: i diritti, la giustizia, non hanno prezzo ne valore in base al reddito: un’azione è giusta o ingiusta. Il sistema di cui stiamo parlando è sbagliato nei confronti di Icardi come del piĂą giovane professionista che sta faticosamente cercando di crearsi una carriera. Anzi gli “Icardi” dovrebbero servire proprio a questo, a portare alla ribalta le pecche, le lacune di un sistema per far sì che esso possa cambiare a favore di tutti.
3 commenti
Quindi, anche se un azienda sa che il proprio dipendente vuole andare a lavorare per una diretta concorrente, è costretta dalla legge a farlo partecipare, ad esempio, alle riunioni di strategia aziendale, regalando quindici propri segreti alla concorrente?!
#quindi
Quindi, anche se un azienda sa che il proprio dipendente vuole andare a lavorare per una diretta concorrente, è costretta dalla legge a farlo partecipare, ad esempio, alle riunioni di strategia aziendale, regalando così i propri segreti alla concorrente?!