Lascia o raddoppia? Così Mike Bongiorno si rivolgeva ai concorrenti di un fortunato programma che ha fatto la storia della Tv italiana. La stessa domanda sembra se la sia posta anche il premier Renzi di fronte il mezzo flop degli 80 euro mensili in busta paga. Di fronte l’effetto nullo sulla ripresa dei consumi interni del provvedimento il Governo si è trovato di fonte un bivio: mollare o rilanciare? Ed ha deciso di rilanciare raddoppiando la cifra. Non sono bastati 80 euro per far ripartire i consumi? Allora eccone altri 80 (circa)!
Il punto critico, però, rimane sempre lo stesso. Con quali risorse finanziare il raddoppio? Qui, qualche testa d’uovo del Primo Ministro ha tirato fuori dal cilindro una vecchia idea: rendere subito disponibili in busta paga i soldi accantonati per la liquidazione o destinati alla previdenza integrativa. In altre parole, visto che lo Stato non ha più i soldi (affermazione discutibile e non del tutto vera a mio avviso) allora prediamoli direttamente dai lavoratori. In questa operazione, infatti, il Governo non ci mette un euro ma offre la possibilità, a chi lo volesse, di prendere in anticipo soldi già suoi e che inevitabilmente non prenderà più, dopo, nella liquidazione oppure nella pensione integrativa. Sembra quasi il gioco delle tre carte. Dov’è finto il Tfr? In busta paga, nella liquidazione o nella pensione integrativa?
Cosa c’è scritto nel provvedimento del Governo – Nella Legge di Stabilità 2015 c’è scritto che per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giungo 2018 (40 mesi), quindi per un periodo circoscritto, i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi, posso chiedere al datore di lavoro di percepire direttamente in busta paga la quota maturanda di Tfr al netto della quota destinata eventualmente alla pensione complementare.
Cinque ragioni per dire No – I dubbi su questa misura, su base volontaria, sono molti. Primo. Siamo certi che mettendo in busta paga altri 80 euro circa le persone utilizzeranno questi soldi in consumi? Lo scetticismo è d’obbligo visto la situazione generale del Paese. Secondo. La Banca d’Italia ha lanciato l’allarme sulle ricadute sulla sostenibilità delle pensioni integrative e bocciato di fatto il provvedimento che mette a rischio ulteriore i fondi pensione. Terzo. Effetti deleteri sulle PMI. Com’è noto, infatti, le aziende con meno di 50 dipendenti non accantonano il Tfr nello specifico fondo dell’Inps, com’è obbligatorio per le aziende sopra quella soglia, e di fatto quelle somme rimangono nella loro disponibilità fino alla fine del rapporto di lavoro. Doverlo anticipare crea di fatto un “aumento” del costo del lavoro in un periodo di perdurante crisi con conseguenze che potrebbero essere nefaste per le PMI in situazione di difficoltà. Il Governo né è conscio e a tal proposito ha previsto un fondo di garanzia per l’accesso a finanziamenti agevolati per le imprese che non riescono ad anticipare il Tfr. Al danno si unisce la beffa. Si costringe le piccole e medie imprese ad indebitarsi non per svilupparsi ma per pagare la liquidazione anticipata mentre si nega il credito per le normali attività. Quarto. La tassazione del Tfr in busta paga. Ovviamente l’anticipo aumenterà la base imponibile e su questa si pagheranno le tasse. Misure compensative sono allo studio ma la sensazione e che alla fine la montagna partorirà il topolino. Quinto. Da alcuni calcoli fatti dall’economista Stefano Patriarca, ciò che meno conviene al lavoratore dal punto i vista del rendimento del Tfr è proprio l’anticipo in busta paga.
Alcuni dati sulla destinazione del Tfr – Ogni anno vengano accantonati circa 25 miliardi di euro di Tfr. Di questi 5,2 miliardi vanno ai fondi pensione integrativi, altri 6 miliardi ai fondi specifici dell’Inps e i restanti 14 miliardi si fermano nelle casse delle aziende. Così come ha rivelato Alberto Brambilla, esperto di previdenza e sottosegretario al Welfare dal 2001 al 2005, in una dichiarazione rilasciata a Rita Querzè sul Corriere delle Sera.
Come in altri provvedimenti sul lavoro più che la sostanza, per alcuni, conta la propaganda.