Ci troviamo, casomai, di fronte ad un problema sociologico, determinato dalla discriminante tra il dovere o il poter fare qualcosa. Il fatto che un lavoratore debba guardare il cellulare perchè impostogli da un contratto di lavoro è cosa ben diversa dal fatto che utilizzi uno strumento per organizzare la propria giornata lavorativa. Immaginare un diritto alla disconnessione per il contratto dei bancari, sembra quasi una provocazione. Il diritto alla disconnessione dovrebbe coinvolgere solo quella popolazione che utilizza degli strumenti tecnologi, i devices, per lavorare. Dobbiamo dunque riuscire a distinguere quando il device è strumento di lavoro e quando invece rappresenta un benefit che, dunque, non dovrebbe essere coinvolto dal diritto alla disconnessione. Con questi strumenti tecnologici si è mutata l’organizzazione, non l’orario del lavoro, permettendo da una parte delle flessibilità e dell’altra la possibilità che il coinvolgimento superi anche il normale orario di lavoro. Dobbiamo quindi riuscire a differenziare l’orario di lavoro e la prestazione lavorativa.In un mondo globalizzato, con aziende internazionali, non è pensabile trovare il momento giusto per l’invio di una mail o di un messaggio. Non è detto che ad un invio corrisponda un’obbligazione immediata di risposta o di riscontro. Il diritto alla disconnessione non ha alcun senso laddove non sussiste un obbligo di reperibilià o senza disciplinare la possibilià di evadere una richiesta per un certo lasso di tempo.
Mi sembra che da un punto di vista giuridico si sia aperto un dibattito che, come molto spesso accade, sia in realtà la riproposizione sotto mentite spoglie di slogan politici e sociologici. Non esiste nessun sistema normativo che possa andare a disciplinare tutti gli effetti positivi e negativi che questi devices hanno introdotto. Ritengo dunque che si stia cercando di affrontare un tema culturale e sociologico con un’impostazione mentale anacronistica.