La partita iva è la modalità contrattuale prevalente con la quale si esercita il lavoro autonomo e indipendente (5,5 milioni secondo l’Istat). Tra questi, moltissime nuove professioni e tanti giovani. Il nostro ordinamento, prima di Renzi, prevedeva un regime agevolato per i giovani under 35 che aprono una partita iva (senza aver svolto attività equivalente nei precedenti 3 anni) ed hanno un fatturato (non un guadagno) sotto i 30 mila euro. In sostanza, per questi, è previsto un regime fiscale di vantaggio tramite un’imposta sostitutiva Irpef del 5% e l’esenzione dal pagamento dell’Irap per 5 anni. Si tratta del cosiddetto regime dei minimi e superminimi che riguarda 720mila contribuenti.
La legge di stabilitĂ 2015 ha previsto la riduzione della soglia delle agevolazioni da 30mila a 15mila euro per i liberi professionisti e per i freelance (la soglia cambia in base al settore di appartenenza) e l’innalzamento dell’aliquota agevolata dal 5 al 15%, abolendo il limite d’etĂ .
In questo modo il Governo pensa di colpire coloro che deliberatamente non superavano la soglia dei 30mila euro per evitare di pagare più tasse. Ma è questo il modo migliore per individuare i “furbi” su 720mila professionisti? E i giovani professionisti che si trovano realmente nella fascia tra i 15 e i 30mila euro e che dovranno passare d’emblée dal 5% di Irpef al regime ordinario che fine faranno? E quelli sotto la soglia dei 15mila euro che passano dal 5 al 15? Riusciranno a sopravvivere alla mannaia fiscale?
La logica “dell’operazione riuscita e del paziente morto”. Anche in questo caso la logica perversa che sembra ispirare il Governo in materia di lavoro autonomo, come nel caso dei contratti a progetto, è la stessa: curare il male uccidendo il paziente. Per combattere un abuso si colpiscono pesantemente i giovani professionisti che operano legittimamente in regime agevolato, ossia la stragrande maggioranza. Inutile ricordare il peso crescente del lavoro autonomo tra i giovani, avviato spesso come alternativa alla mancanza di opportunità nel lavoro dipendente. Le condizioni del lavoro autonomo esploso in questi anni spesso sono difficili e ancora da cogliere appieno nella loro estrema varietà . Di certo per molti giovani rappresenta l’unica via d’accesso al mondo del lavoro. Questa nuova condizione del mercato del lavoro richiede una nuova visione delle norme di regolazione in una logica di promozione (e non di mortificazione) delle nuove espressioni lavorative.
Quel pregiudizio che pesa – Rispetto a questa complessitĂ e ad un ambito lavorativo che ha un estremo bisogno di politiche di sostegno in ambito fiscale, contributivo e di welfare il Governo Renzi sceglie la strada opposta. Il retropensiero ispiratore di questa misura sembra la “meccanica” e semplicistica equiparazione del lavoratore autonomo all’evasione fiscale. Lettura suggerita probabilmente da qualche “illustre” accademico che ha una visione della realtĂ mediata esclusivamente dalla statistica. GiĂ un ex ministro del lavoro targato CGIL come Cesare Damiano ha ammesso (in parte) il pregiudizio facendo mea culpa, e molti altri prima o poi lo seguiranno in un futuro non molto lontano.
Più che una lotta contro gli abusi sembra una dichiarazione di guerra al lavoro autonomo più fragile e vulnerabile. Cui prodest?