Il lavoro visto attraverso i colori. E’ il cromo-lavoro con il suo interprete odierno: l’arco-lavoratore. Il rapporto tra colore e identità del lavoro è molto stretto. Molti lavori e interi settori produttivi sono identificati con un colore. Tant’è che per indicare una famiglia professionale e lavorativa si ricorre spesso all’accostamento con un colore prevalente in modo da suscitare un immediato riconoscimento. Il blu per gli operai, il bianco per gli impiegati e il nero per il lavoro irregolare, solo per citare i più noti. La scelta cromatica, spesso, è ispirata dal colore prevalente della “divisa” tipica di uno specifico ambito lavorativo oppure, in altri casi, dall’attribuzione di un significato etico al colore stesso e quindi alla condizione del lavoratore.
La tendenza in questi anni si è rafforzata al punto da indicare nuovi settori e quindi nuovi lavoratori sempre con un colore dominante: i green Jobs per il settore dell’economia verde, e white jobs per l’ambito dell’assistenza alle persone, l’arancione per i Networkers, il grigio per i lavori di mezzo, tra il regolare e l’irregolare.
Questa festa dei colori ha un risvolto anche dal punto di vista dell’identità del lavoratore dei nostri giorni. Mentre in passato il colore dell’intera carriera lavorativa poteva essere sempre lo stesso, oggi non è più cosi. Una volta cerano due colori che identificavano il mondo del lavoro: le tute blu e i colletti bianchi. La flessibilità del lavoro e la conseguente necessità di dover cambiare spesso lavoro ci porta a spaziare tra tanti ambiti oltre che da una professione all’altra. Rivedendo, quindi, il nostro percorso lavorativo nei prossimi anni, dal punto di vista cromatico molto probabilmente vedremo un effetto “arcobaleno”. Tanti lavori svolti e quinti tanti colori. Allo stesso modo potremmo identificare i periodi di non lavoro con un colore diverso a seconda dello stato d’animo: nero, se vissuto con particolare difficoltà, verde, al contrario, se affrontato con speranza e giallo (il coloro della luce), quando si ritorna a lavorare. Non solo, ma il colore del nostro lavoro ci indica anche l’appartenenza ad un settore in crescita oppure saturo o in via d’estinzione.
Insomma, è l’era del lavoratore arcobaleno, o se preferite dell’arco-lavoratore. In mezzo a tutto questo ci sono tante sfumature cromatiche per ciascuna vita lavorativa. E, chissà, che la cura per i mali del lavoro di oggi non venga proprio da un’innovativa e inesplorata cromo-terapia.
Ecco la mappa cromatica del lavoro.
Il lavoro nero – E’ il lavoro irregolare svolto senza nessun contratto di lavoro, chiamato anche lavoro sommerso o non standard. Si tratta della peggiore condizione lavorativa per una persona perché svolta nell’illegalità e quindi senza nessun diritto e tutela in cui il lavoro è un ricatto. Nel 2013 il Ministero del lavoro ha svolto un’attività ispettiva su circa 102 mila azienda, e nel il 55% di esse sono state riscontrate irregolarità su oltre 91 mila lavoratori di cui oltre 32.500 risultavano in nero. In un’ispezione del 2012, invece, sono stati trovati 100 mila lavoratori in nero. Un fenomeno, come dicono questi numeri a campione, molto diffuso in tutti i settori dell’economia, con una prevalenza nell’agricoltura (58%) e nell’edilizia (43%).
Il lavoro grigio – Si tratta del cosiddetto lavoro nero a metà. In altre parole si tratta di lavoratori assunti con contatti di lavoro part-time ma che, di fatto, svolgono un’attività lavorativa a tempo pieno. E’ una via di mezzo tra lavoro regolare e lavoro nero in cui allo stipendio lecito si aggiunge un “fuori busta” che copre le ore di lavoro in nero. Questo fuori busta, secondo l’Istat, ammonterebbe complessivamente a 3 miliardi di euro l’anno, con una media di 5 mila euro per lavoratore “grigio”. Si tratta in sostanza di un abuso del contratto part-time. Sempre secondo l’Istat sui dati del 2010/2011 il lavoro grigio in Italia coinvolgerebbe circa 500 mila lavoratori. E’ un fenomeno in aumento, presente soprattutto nelle PMI ma in crescita anche nelle grandi aziende con una forte incidenza nel Mezzogiorno.
I Green Jobs – O lavoratori verdi. Si tratta dei lavoratori e professionisti dell’economia verde, ossia quel settore produttivo che sta crescendo in armonia con la sostenibilità ambientale. E’ uno dei settori del futuro e con enormi potenzialità di crescita. In Italia si calcola (rapporto GreenItaly di Unioncamere-Symbola) che siano circa 3 milioni i Green Jobs, cresciuti dal 10,9% del 2009 al 13,3% di oggi sul totale degli occupati. Le imprese green sono 341 mila e si calcola che il 61% dei nuovi assunti per il 2014, pari 234 mila unità, sono Green Jobs. La conferma delle crescita di questo settore e di questi lavoratori viene anche dalla rilevazione di InfoJobs, uno dei principali portali di recruiting online, che evidenzia una costante crescita di richieste di figure come progettisti di impianti fotovoltaici, addetti al montaggio di pannelli, capo cantieri impianti, ingegneri elettrici e ambientali, ai quali si aggiungono una lunga lista di nuove professioni green.
White Jobs – Con questa definizione si indicano i lavoratori nei servizi sanitari, sociali (residenziali e non) e alla persona che sono dislocati in diversi settori professionali ed economici ma accomunati da un’unica missione: la salute delle persone e il benessere delle famiglie. Offrono servizi di assistenza sociale, di cura dei bambini, agli anziani non autosufficienti e ai disabili. Sono lavori e professioni in crescita perché rispondono ad una domanda crescente della nostra società di servizi di questo tipo. Secondo i dati elaborati da Italia Lavoro, i white jobs hanno un peso sempre più importante nel mercato del lavoro italiano occupando, ad oggi, oltre 2 milioni e mezzo di persone, l’11% del totale dei lavoratori. I tre quarti di questo ambito sono donne e a stragrande maggioranza si tratta di un lavoro stabile (91% con contratto a tempo indeterminato).
Tute Arancioni – Si tratta dei cosiddetti Networkers, ossia dei lavoratori e professionisti del settore digitale, informatico e dell’ICT più in generale. L’arancione è il colore affiancato a questi lavoratori e l’espressione “Tute Arancioni” risale ad una storica vertenza nel settore delle Internet company italiane legata al periodo dello sboom della new economy del 2000, ed è stata coniata dai lavoratori di Virgilio. In Italia ci sono circa 1 milione di “Tute Arancioni” o Networkers e le previsioni di crescita del settore sono molto elevate. Una recente ricerca della Commissione Europea prevede nel 2015 500 mila richieste di professionisti ICT fino a salire a 1,3 milioni nel 2020 a livello europeo. La stessa Commissione osserva come ci siano attualmente 900 mila posti vacanti che non vengono occupati per mancanza di competenze digitali. Dietro la definizione di Networkers o di Tute Arancioni, in realtà, ci sono una moltitudine di professioni digitali. E’ stata tentata una prima, parziale classificazione (modello Eucip e successivamente eCF) a livello europeo che è già in fase di aggiornamento perché in questo ambito le nuove competenze e le nuove professioni nascono da un giorno all’altro.
Colletti bianchi – Con questa espressione, ormai storica, si indica l’ampia categoria degli impiegati (espressione derivante dall’inglese White collars). L’espressione fa riferimento al colletto della camicia, convenzionalmente bianca, che rappresenta la “divisa” da lavoro degli impiegati e il bianco, inoltre, rappresenta un tipo di lavoro in cui non ci si “sporca le mani”. E’ il lavoro svolto davanti una scrivania distinto dal lavoro in fabbrica o comunque da categorie distinte dal lavoro manuale. Un tipico impiego che è cresciuto con l’avanzare della terziarizzazione dell’economia, soprattutto quella avanzata, in cui i beni e le produzioni immateriali sono in costante crescita.
Colletti Blu – L’espressione colletti blu (dall’inglese blu collars) identifica la categoria degli operai e più in generale dei lavoratori che svolgono mansioni manuali. Il colore blu è quello classico delle tute dal lavoro degli operai tant’è che l’altra definizione in voga è proprio quella di “tute blu”. Questa espressione la troviamo spesso in ricerche anche a livello internazionale sulla condizione salariale dei lavoratori. Anche in questo caso parliamo di una definizione storica che in passato identificava la categoria lavorativa prevalente, quella degli operai, che oggi nelle società avanzate e post-industriali sono diminuite notevolmente. Discorso diverso, invece, per altri paesi cosiddetti “emergenti” del mondo in cui il lavoro manifatturiero e operaio è in costante crescita.