In un profilo professionale l’esperienza all’estero è certamente importante e ben vista. Ciononostante, decidere di spostarsi è sempre una decisione complicata e con molti punti di domanda. La prima e forse più importante è: “dove andare?” Il primo passo di una carriera di successo all’estero è proprio la scelta del paese o di una lista di paesi in cui ci si vorrebbe trasferire. Nelle prossime settimane cercherò di approfondire gli step successivi. Escludendo chi “fa leva” sul fratello, sul cognato o sull’amico che si sono già spostati in un determinato paese e decide di raggiungerli, per tutti gli altri il mappamondo sembra enorme e le scelte infinite.
Quali sono i fattori determinanti? Per semplificare si possono raggruppare i paesi in due possibili tipologie: Paesi avanzati (ad esempio Europa, Stati Uniti) e paesi in via di sviluppo (ad esempio Asia, Africa). I paesi avanzati nella maggior parte dei casi si prestano meglio ad esperienze di “apprendimento”, ovvero a chi magari nei primi anni della propria carriera vuole allargare orizzonti e competenze più da un punto di vista “tecnico”. Calarsi in realtà evolute e confrontandosi con nuovi processi non può che arricchire il bagaglio. I paesi cosiddetti in via di sviluppo, invece, possono essere delle grandissime palestre per chi vuole irrobustire le competenze manageriali confrontandosi con culture più lontane e status quo più distanti da quello in cui si è cresciuti. Doti di Leadership, Change Management, Decision making saranno solo alcune di quelle che verranno più sollecitate.
Cosa può influenzare la scelta? Anzitutto va detto che la fase della vita personale e professionale in cui ci si trova può, anzi, deve influenzare moltissimo la scelta. Poi bisogna chiedersi quanti anni e che tipo di esperienze sono state maturate? Qual è la situazione familiare? Se l’obiettivo è di fare il trader a Londra si deve mettere in conto che c’è una lunghissima lista di giovani talentuosissimi provenienti da tutto il mondo con lo stesso obiettivo. Senza voler scoraggiare nessuno, bisogna però avere ben chiaro che uscire dai confini Italiani spesso è come passare dal giocare in Serie A a fare la Champions League e che per aver successo bisogna essere ben equipaggiati. Allo stesso modo se si sta accarezzando l’idea di spostarsi in Asia, ad esempio a Shanghai che è una città che offre moltissimo, se si hanno figli si deve tenere in conto, tra gli altri aspetti, dei livelli di inquinamento e delle differenze nel sistema scolastico. Se si ha un partner bisogna chiedersi se realisticamente ci siano opportunità per entrambi. Più in generale, da un punto di vista di preferenze personali bisogna chiedersi che tipo di persone siamo. Se si amano i comfort o l’avventura, se si è più strutturati o più flessibili.
Le condizioni possono incidere sulla scelta della destinazione? Assolutamente si. Restando nel raggio dei paesi evoluti, specialmente se in Europa, vedo come un “nice to have” la possibilità di muoversi con il cappello di espatriato (ovvero attraverso un’azienda che mantiene il contratto nel paese d’origine distaccando il lavoratore temporaneamente in un altro paese ed a precise condizioni). Al contrario, nel caso dei paesi in via di sviluppo, a meno che non si sia dei giovani avventurosi, condizioni quali coperture mediche, viaggi di rientro e scuole internazionali per i figli diventano fattori cruciali. Ovviamente queste sono considerazioni generali ed in alcuni casi un po’ semplificate. I casi particolari possono essere i più diversi. Ho visto in prima persona anche diverse carriere internazionali di successo iniziare in maniera del tutto casuale. Nonostante ciò, trattandosi di una scelta importante, eviterei di lasciare le probabilità di successo in mano al caso. Il mio consiglio, invece, è quello di pianificare in anticipo uno spostamento all’estero, di prepararsi per tempo facendo le giuste esperienze, conoscendo le lingue, studiando, informandosi e viaggiando. Una volta fatto tutto questo, se si è fortemente convinti della scelta, allora in primo luogo chiederei al mio datore di lavoro se ci sono le condizioni per un trasferimento all’estero. Se la risposta fosse negativa, a quel punto valuterei uno spostamento autonomo pur sapendo che la strada inevitabilmente si complica.