La vicenda è decisamente nota anche se nei contorni generali: il Tribunale di Palermo con sentenza di questi giorni ha riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato di un rider.
La vicenda giudiziaria.Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, dichiara che tra il ricorrente Tuttolomondo Marco e la FOODINHO S.R.L. intercorre un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, dal 5.10.2018, con lo svolgimento da parte del ricorrente di mansioni di ciclofattorino addetto alla consegna di merci, cibi e bevande, a domicilio, da inquadrare nel VI livello del C.C.N.L. Terziario Distribuzione e Servizi. Dichiara inefficace il licenziamento oralmente intimato al ricorrente dalla società convenuta mediante il suo perdurante distacco dalla piattaforma Glovo dal 3.03.2020 in poi e sino al 12.06.2020 e condanna la FOODINHO S.R.L., in persona del suo legale rappresentante protempore, a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro, con l’inquadramento e le mansioni sopra indicati, nonché al pagamento in suo favore di un’indennità risarcitoria pari all’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del T.F.R. che avrebbe dovuto percepire, pari a € 1.407,94 mensili, dal 4.03.2020 sino all’effettiva reintegrazione, oltre contributi previdenziali e assistenziali. Condanna la società convenuta FOODINHO S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di differenze retributive per il periodo dal 5.10.2018 al 4.03.2020, della somma complessiva di € 13.313,41.
Le reazioni della Cgil.Ovviamente a valle della Sentenza del Tribunale di Palermo si sono registrati numerosi commenti. “Una sentenza storica – dicono il segretario generale Nidil Cgil Palermo Andrea Gattuso e il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo – È una vittoria molto importante nella strada del riconoscimento dei diritti e delle tutele per questi lavoratori che, in questa fase di epidemia, stanno tenendo in piedi un pezzo importante del nostro tessuto produttivo. Ci aspettiamo un cambio di rotta da parte delle piattaforme che si ostinano a ritenere questi lavoratori come autonomi.È una vittoria di tutti e per tutti in quanto nasce dalla spinta dei lavoratori e da un rapporto intenso tra questi e il sindacato e va nella prospettiva di un ampliamento dei diritti per tutti i lavoratori. Questo riconoscimento potrebbe perfino andare ben oltre il perimetro del lavoro dei rider, arginando la proliferazione degli ultimi anni di contratti di lavoro autonomo per mansioni che sono state sempre tipiche del lavoro subordinato.La sentenza è dunque un nuovo duro colpo per Assodelivery – di cui Glovo fa parte– dopo l’addio di JustEat e le tante cause intentate dai rider e le denunce per estorsione presentate contro il presidente di Deliveroo dall’associazione Comma 2 – il lavoro è dignità.” – spiega il segretario del Nidil Cgil.
Vuoto normativo.Era altresì ovvio che i commenti fossero di natura populista e guardassero unicamente al tema della qualificazione giuridica del rapporto e “gridassero” al trionfo di una meno chiara “parte”.Personalmente, diversamente da molti, ritengo che questa sentenza non costituisca una vittoria e nemmeno una sconfitta per le parti interessate, bensì una molto più importante presa di coscienza del vuoto normativo. In questi casi si potrebbe dire che essa rappresenta l’incapacità delle attuali fattispecie giuridiche di disciplinare un rapporto di lavoro “nuovo”. Nuovo dal punto di vista del mercato ed economia sottostante, ovvero la “Gig Economy”.Avendo un po’ di pazienza e leggendo tutta la parte motiva della sentenza – peraltro molto ben scritta e argomentata – ciò che dovrebbe stupire è che per determinare l’autonomia o subordinazione della prestazione del rider il Giudice ha utilizzato – rectus, ha dovuto utilizzare – l’art. 2094 del Codice Civile ed i principi della giurisprudenza degli ultimi 50 anni!
Il ruolo dei Tribunali. Detto ciò, l’unica vera informazione che dovremmo prendere da questa sentenza è che esiste un problema, ovvero “il problema”: il lavoro creato attorno alla gig economy non può essere compreso e disciplinato dalle antiche partizioni giuridiche. Altra notizia fondamentale è che la soluzione non va trovata di certo nelle aule del Tribunale che, – come dato atto nella stessa sentenza – hanno mostrato già di essere in pieno disaccordo.Questo disaccordo, fatto ordinario nel nostro sistema giudiziario, è terribilmente importante per il futuro imprenditoriale poiché non offre alcuna certezza agli operatori che potrebbero decidere di abbandonare il nostro mercato.Ancora una volta affermo la responsabilità politica che nel nostro Paese sembra aver abbandonato il potere legislativo e lasciato alle parti la regolamentazione dei rapporti giuridici e sociali.