“Fare le cose giuste”. A mio avviso non usciremo dal dibattito su “lavoro” se non recuperiamo un principio di “Etica” generale che si possa poi applicare anche al lavoro. Ci siamo spesso chiesti quale sia la differenza tra etica e morale. Molto spesso i due termini vengono usati come sinonimi ma in realtà non è così.
Per etica si intende quel ramo della filosofia che analizza il comportamento ritenuto corretto, il modo di pensare e dei valori giusti che si dovrebbero seguire in qualsiasi circostanza. Il focus dell’etica è senza dubbio lo studio di norme che l’individuo dovrebbe utilizzare nella propria vita quotidiana. “Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. La morale attiene invece alla condotta diretta da norme, la guida secondo la quale l’uomo dovrebbe agire. In sintesi la morale studia il rapporto tra il comportamento, i valori ed infine la comunità .
Una guida culturale. Si è da poco concluso il Festival del Lavoro 2019, la decima edizione della kermesse incentrata sui temi del lavoro e del futuro dell’Italia, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla Fondazione Studi. Nel corso dei tre giorni di eventi a Milano sono intervenuti numerosi ospiti di spicco del panorama politico, imprenditoriale e culturale. Si è fatto il punto sullo stato del lavoro nel nostro paese e si è cercato di direzionarlo e di cominciare ad immaginare il suo futuro. Credo che in Italia ci sia un problema culturale intorno al lavoro: siamo sovrastati dall’ignoranza che ci impedisce di colmare il gap lavorativo con gli altri paesi. Dobbiamo riportare in auge la “cultura”, che non significa competenza specifica, ma capacitĂ di programmazione: l’insieme delle soft skills, generali e generiche che sono in grado di percepire le necessitĂ ed indirizzare il cambiamento.
C’è bisogno di una guida culturale anche per la produzione normativa, lo affermo da giurista e da giuslavorista. Oggi l’idea del lavoro deve passare attraverso il vaglio complesso dell’etica. Il termine “etica” negli ultimi anni ha influenzato diversi altri settori e quindi si è parlato spesso di “etica dei media” e della “comunicazione”. In realtà penso che il tema sia molto più ampio e se non risolviamo a livello più alto non avremo mai una soluzione “giusta”. Il “pensiero sociale” dei nostri tempi continua ad essere confuso da slogan ed ideologie che, anziché inquadrare il problema, lo complicano. L’esempio è quello dei “Riders”. Siamo sicuri che il tema sia “Tutele sì/tutele no”? Ma quando fuori c’è un tempaccio ed io, per pigrizia, chiamo la piattaforma che attraverso l’algoritmo individua il ragazzo che con la sua bicicletta rischierà la vita per far sì che il cibo sia consegnato nei tempi previsti – onde evitare le nostre lamentele. Cambia qualcosa dal punto di vista etico se esiste una tutela? Se cade, si fa male o muore, siamo assolti dall’irragionevole richiesta solo perché c’è sappiamo che c’è un contratto? Possiamo ancora dare la colpa all’algoritmo?
PerchĂ© attenzione: se eseguo un “servizio legalmente legittimo” non è detto che sia eticamente sostenibile. Se io faccio una richiesta di un servizio che comunque so essere rischioso e poco remunerativo – ancorchĂ© tutelato – sono parte o meno di un sistema “scorretto”? E, quindi, se lo utilizzo sono eticamente congruo?