In questi giorni sento e leggo spesso che siamo tutti sulla stessa barca. Nonostante a prima vista questa affermazione potrebbe sembrare corretta, a mio avviso il Corona virus sta proprio mostrando l’opposto, ovvero sta acuendo alcune delle disuguaglianze proprie del sistema socio-economico in cui viviamo.
Queste profondissime differenze possono essere individuate a vari livelli. Da un punto di vista “macro” la prima differenza la fa certamente il paese in cui si ha la fortuna o meno di vivere, dal sistema sanitario a cui si ha accesso e dalla solidità economica del proprio paese. Proprio qualche settimana fa il segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato un appello ai paesi occidentali per sensibilizzarli sulla situazione del continente Africano che purtroppo ha una struttura sanitaria decisamente inadeguata a contrastare il Corona Virus.
Puntando la lente su un livello che ci tocca tutti più da vicino, diciamo “micro”, la pandemia sta portando allo scoperto una enorme quantità di diseguaglianze. Alcune inattese e altre che già conoscevamo ma che facevamo finta di non vedere e, a io avviso, stiamo ancora sottovalutando. Tra queste la più grave ed evidente è certamente prodotta dall’aver accettato, più o meno deliberatamente, un progressivo ed inesorabile impoverimento dei diritti avvenuto mentre osservavamo tantissime categorie scivolare in aree grigie, se non del tutto nere, senza intervenire. Si pensi ai lavori non regolari, ai lavoratori autonomi o a quelle nuove categorie di lavoratori come i riders solo per citarne alcune. Ma anche, ad esempio, ai tagli a servizi fondamentali come la sanità e la scuola che altro non sono che l’espressione del diritto alla salute e allo studio.
E si potrebbe continuare con l’elenco delle differenze tra le diverse professioni, tra impiegati che possono lavorare da casa e hanno uno stipendio e commercianti che seguono con apprensione l’evoluzione dei tempi e delle modalità di riapertura e dei rischi connessi (economici e di salute). All’interno delle stesse categorie si potrebbe parlare di come la pandemia abbia una portata completamente differente in base al settore, si pensi a due piccoli imprenditori di cui però il primo è proprietario di un piccolo albergo mentre il secondo ha un negozio di generi alimentari o anche a due impiegati ma in aziende differenti con sistemi di welfare agli antipodi, uno molto generoso e l’altro quasi inesistente. Per non parlare delle differenze nel tenore di vita.
Per quanto molte differenze siano endemiche e fonte di arricchimento se comprese e ben gestite, alcune sono semplicemente il frutto di scelte fatte e di strutture che ci siamo dati. Da qui la riflessione: siamo tutti nella stessa tempesta ma decisamente non nella stessa barca. Una volta preso atto di questo, quando la tempesta sarà finalmente passata, a mio avviso bisognerà riflettere approfonditamente sul significato dalla parola equità e sui suoi risvolti pratici, riportandola al centro del dibattito non solo all’interno delle aziende e degli ambianti HR ma a un livello più ampio e generalizzato. Bisognerà trovare soluzioni reali, imparando anche da altri paesi, per ridurre le diseguaglianze ed evitare che altre crisi possano trovare terreni fertili su cui proliferare.