I prigionieri del Cammino sono intorno a te. Tra colleghi, parenti e amici. Forse il tuo capo, o il sindaco del tua città. La maestra di tua figlia, o la cassiera del supermercato. Guardali bene. Li riconosci facilmente. Portano addosso i segni del Cammino, più o meno visibili. Troverai una cartella sul loro desktop nel Pc, i nomi variano, ma il contenuto è lo stesso: sono le foto del Cammino. Ti accorgerai degli orecchini a conchiglia, o la freccia gialla come sfondo del cellulare. E poi ci sono i loro sorrisi. Sorridono tanto, ti sembrerà quasi troppo. Eccoli i prigionieri del Cammino.
È un fenomeno in continua crescita, se ne parla ovunque. I gruppi in Facebook si moltiplicano, aumentano i libri ed i film dedicatigli. I registri dell’ufficio di accoglienza a Santiago certificano numeri che stupiscono: nel 2015 gli arrivi hanno superato i 270.000! Sono pellegrini di 160 Paesi dei cinque continenti, e di tutte le età: il fenomeno è mondiale ed intergenerazionale.
Ma cos’è il cammino di Santiago? E chi sono i prigionieri del Cammino?
“Il cammino di Santiago è il cammino fatto verso la tomba dell’apostolo Giacomo, Santiago in spagnolo, nella città che da lui prende il nome: Santiago di Compostela. Sono 800 km se si segue il cammino classico, detto francese perché inizia a San Jean Pied de Port, ma ne esistono varianti, che a partire da tutta Europa arrivano lì, in Galizia, nel nord della Spagna”, spiega Carlos Gonzalez che come volontario accoglie da ormai cinque anni i pellegrini nel Monastero delle monache Benedettine a Léon. “Nel medioevo era fatto per motivi religiosi. Nei secoli poi si è un pò trasformato, rimanendo a lungo come una scelta di pochi, con motivazioni e finalità distinte, non sempre religiose, fino alla grande rinascita nel 1982 quando proprio a Santiago l’allora solo Papa, ed oggi santo, Giovanni Paolo II, richiamò l’Europa alle sue radici ed origini cristiane. Da lì in poi i numeri sono sempre cresciuti e così anche il business intorno al Cammino: nuovi alberghi privati per accogliere i pellegrini, servizi di trasporto, zaini, auto di appoggio, accompagnatori e via dicendo. Sì perché il cammino si fa normalmente a piedi, ma anche in bici, o con altri mezzi, dormendo in ostelli, chiamati albergue, religiosi o laici, pubblici o privati. Inizialmente gli albergue erano luoghi di accoglienza gratuiti, oggi solo pochissimi hanno manutenuto questo spirito con la formula del donativo, ossia lascia quel che vuoi e puoi. Ora i più sono a pagamento, anche se religiosi”.
Ma perché 270.000 persone provenienti da tutto il mondo si mettono in cammino? E perché molti di loro fatto una volta tornano anno dopo anno?
Chi lo ha fatto racconta di aver vissuto esperienze di vera ed autentica generosità, gratuità, condivisione, fratellanza, curiosità, disponibilità, apertura. Tutti parlano di una magia del Cammino, di una umanità sana e buona che li’ esiste davvero. C’è chi ne dà spiegazioni laiche, chi si muove su piani energetici facendo risalire tutto ad Atlantide, e chi invece ancora custodisce e diffonde fedelmente il significato cristiano del pellegrinaggio. “Ma qualunque siano le spiegazioni date, l’effetto è lo stesso: si diventa prigionieri del Cammino.” E così Carlos mi spiega che il cammino cambia tutti: “dopo il cammino c’è chi rientra nella sua routine, ma con i pensieri torna spesso al cammino, e allora si circonda dei suoi simboli: la freccia gialla, la conchiglia. E che dire dei gruppi Facebook? Ce ne sono di dedicati a chi parte, a chi torna, a chi lo fa in bici, in moto, a cavallo. Poi ci sono i pellegrini che appena tornati iniziano subito a pianificare il prossimo cammino. Sono -Los adictos-, i dipendenti, quelli che senza il cammino non possono più vivere. E poi, certo, ci sono anche quelli che dopo il cammino cambiano vita. Loro sono quelli che vissuta quella umanità viva, vera e vivace decidono di vivere sempre come nel cammino. E di loro si potrebbero scrivere libri, non solo articoli, di cambio vita”.
Effettivamente parlando con i pellegrini ti accorgi che ognuno ha una storia diversa, c’è chi ti parla di Dio e chi resta all’Io, ma tutti concordano nel dire che il cammino ti cambia, ti rigenera, in un certo senso ti guarisce. Tutti ripetono che il cammino ti libera, che ti fa vivere quella libertà che continuerai sempre a cercare e desiderare. Ecco l’effetto del Cammino: una volta che lo hai fatto diventi suo prigioniero e non potrai più farne a meno, sarai prigioniero dell’amore e della sua libertà. Ed è proprio per questo effetto terapeutico che sul Cammino oggi vengono portati anche quelli che noi comunemente chiamiamo prigionieri, per reinserirli nel mondo e precisamente nel meglio della vita. In realtà come spiega Lorenza Vantaggiato nel suo libro Pellegrinaggi giudiziari questa pratica, seppur diversa , era già nella legislazione europea nel XIII.
Ma venendo al nostro secolo i belgi della Oikoten sono stati i primi nel 1982 ad avventurarsi sul Cammino con giovani carcerati, poi sono venuti i francesi di Seuil. Il loro motto è “camminare è una medicina, la prigione no” e per loro il cammino inizia proprio dalle loro città. Percorrono fino a 2500 km in 4 mesi a fianco di accompagnatori volontari dedicati al loro percorso di trasformazione. In Italia le sperimentazioni riguardano per ora percorsi sul territorio nazionale e sono state realizzati grazie a progetti voluti direttamente da Paolo Caucci von Saucken, rettore della confraternita di San Jacopo di Compostella di Perugia, in collaborazione con le l’amministrazioni Penitenziarie delle regioni interessate. In Spagna le sperimentazioni continuano da anni, ma tra le tante risalta quella che dal 2000 è diretta da Don Jaume Alemany Pascual. Sono solo 120 km quelli che lui fa fare, ma Don Jaume non ha dubbi sulla efficacia.
“Sul cammino si sperimenta l’essere tutti uguali. Si condivide l’essere bisognosi e il dare senza aspettarsi nulla in cambio. E così i miei prigionieri e gli altri pellegrini si incontrano e conoscono, al di là di pregiudizi e preconcetti. Certo a volte, arrivati a Santiago, quando in Cattedrale i miei pellegrini raccontano la loro storia, qualcuno intorno reagisce con fastidio, come la signora che mi disse – ma Padre, lei doveva dirmelo che quello era un ladro, non gli avrei mai lasciato lo zaino vicino in tutti questi giorni-. Ma questo è normale. Siamo tutti in un cammino di miglioramento anche se spesso ci crediamo migliori. In fondo chi è senza peccato?”. Parlando con Jaume si capisce che l’essere sul Cammino per questi carcerati in fondo ha la stessa finalità, più o meno consapevole, di molti altri pellegrini. Si tratta di ritrovare il senso autentico della vita, di darsi il tempo di ritrovarsi, ripensarsi, rigenerarsi e ri-orientare la propria vita. Quelli di Don Jaume sono prigionieri perché in carcere, ma quante persone “libere” sono in realtà imprigionate in vite senza senso? Ecco perché aumentano i pellegrini sul Cammino di Santiago: la ricerca di senso cresce, è questo il vero fenomeno a livello mondiale.
Ed ecco perché il cammino ora è entrato anche nelle aziende, come particolare tipo di outdoor. Proprio due mesi fa è uscito il libro di Rudy Orzes Crescere camminando, per le Edizioni Messaggero Padova: un breve racconto dei sette giorni sul cammino con dirigenti e dipendenti della cooperativa Solidarietà di Treviso. Un outdoor che anche altre società di formazione stanno proponendo perché anche nelle aziende c’è un urgenza di senso e di valori, e quindi perché non usare l’effetto del Cammino?
Ora che la primavera si avvicina i prigionieri del cammino stanno già preparando il loro zaino, la mochila, ed i sorrisi aumentano. E tu? Sei pronto a partire? A rischiare di diventare un prigioniero? E se fosse la tua azienda a chiedertelo? In ogni caso ecco l’augurio che ci scambia andando a Santiago, ma che vale per la vita: ¡Buen Camino!
di Samantha Marcelli
4 commenti
ho vissuto entrambe esperienze: accoglienza “pellegrini-detenuti” (giugno 2013 punto 113 vFS) e pellegrino IN cammino sul Portoghese (maggio 2015) e confermo ogni sillaba del significativo articolo…. buon cammino #113PoSitivamente
Grandi Samantha/Carlos da un prigioniero del cammino
Buen camino anche a te Samantha, è sempre un piacere leggere i tuoi articoli. Continua così…..
Cara Samantha, ci siamo conosciute a Leon, il 7.6.16. Sei stata tu la prima persona che in questa cammino ha lasciato un segno in me
. Ho letto quest’articolo, non ho dimenticato le tue parole. Grazie!
Buon cammino!