“Non so quando, ma so che me ne andrò da qui e cambierò vita”. Era il 2006 quando Immacolata Coraggio, rientrata al lavoro dopo aver fatto il Cammino di Santiago, lo disse chiaramente a capi, colleghe e collaboratori. E così è stato. Ci sono voluti un pò di anni, di passi intermedi, di altri cammini, di nuovi incontri, e ora Immacolata vive la sua nuova vita. Lavora ancora part time al CNR come biologia molecolare, tuttavia il suo vero centro di ricerca è ormai un altro: si chiama Domus Peregrini ed è la sua casa, sul tratto di basolato romano della Via Francigena, circa 3 km dopo Montefiascone in direzione Viterbo. Qui, Immacolata insieme al suo compagno Franco, accoglie i pellegrini con la formula “a donativo”.
L’ho contattata su consiglio di Pietro Scidurlo, un amico comune, anche lui innamorato dei Cammini, e le nostre due prime ore di chiacchierata si sono subito evolute in un fitto scambio di mail con suggerimenti di letture ed approfondimenti sui cambi vita ed alla fine in un incontro in cui Immacolata mi ha raccontato di sé. “Ho amato molto il mio lavoro come biologa. Essere una scienziata era il mio sogno di bambina e mi sono sempre appassionata ad ogni progetto di ricerca che ho seguito in oltre 30 anni di attività. Soprattutto quello a cui ho dedicato più tempo ed energie, e passione: lo studio della resistenza delle piante allo stress. Tuttavia un giorno ho capito che quello che facevo non era più abbastanza significativo per me. Mi sono ricordata che lo studio della biologia era stata la strada a me più congeniale per tentare di rispondere alla “grande domanda” che tutti ci poniamo nella nostra adolescenza: io chi sono e cosa ci faccio qui?
Ecco, avevo cominciato la ricerca biologica come strada per avvicinarmi all’irrangiungibile risposta e nel tempo, senza che quasi me ne rendessi conto, la domanda era diventata: cosa fa questa proteina in questa cellula?. Una domanda , a mio parere, poco adatta a dare un senso alla mia vita. Mi sono resa conto che la strada della biologia che tanto mi aveva dato, non era più la strada adatta a me per indagare sul mio senso nel mondo. Così ho percorso altre strade.” Mi racconta così che nel 1996, mentre cercava di avere un figlio, tutto il suo mondo perfetto andò a pezzi: “mi dissero che ero sterile, che sarei morta, e venni lasciata dal mio compagno”. Fu in quel momento che tutto iniziò a cambiare e Immacolata iniziò ad appassionarsi di naturopatia, morfopsicologia, tecniche bioenergetiche, psicogenealogia e riprogrammazione psicosimbolica, smettendo di essere una biologa materialista.
“Studiai molto, ma soprattutto iniziai un percorso personale di guarigione, ricco di esperienze trasformative. Il Cammino di Santiago, insieme alla via Francigena, al Cammino della Dea, ne sono stati parti integranti. L’aver ottenuto il part time nel 2008 mi ha permesso di dedicare più tempo ai cammini. Per quattro mesi all’anno lavoravo, il resto del tempo vivevo con intensità il mondo dei cammini, non solo come pellegrina, ma anche come Hospitalera. Di alcuni cammini ho scritto un libro, Porti il mio saluto al mondo, Il cammino della Dea , così come della mia esperienza da Hospitalera a Berciano Hospitaleros, ed Terredimezzo. Ho anche scritto un saggio autobiografico della tecnica che più mi ha aiutato nel mio percorso di “guarigione”, la psicogenealogia Camminando sulle radici del mio albero, guarire con il sostegno degli antenati”.
Ogni cammino ha portato anche nuovi incontri: “Franco l’ho conosciuto nel 2011. Anche lui pellegrino e Hospitalero, da quando ci siamo trovati ad essere insieme formatori al primo corso italiano per Hospitaleros volontari non ci siamo più lasciati. Anche lui ha cambiato vita, ma questo lo racconterà lui, se vorrà. Io posso dirti che l’anno scorso abbiamo preso la grande decisione di investire i nostri risparmi di una vita per comprare questa casa, ristrutturarla e da aprile accogliamo pellegrini. Offriamo cena e colazione comunitaria. Chi vuole, chi può, ci sostiene con un donativo libero ed anonimo.” Mi spiega che ad oggi in Italia c’è un vuoto normativo sull’accoglienza a donativo, prevista solo per le strutture religiose, tuttavia confida che a breve ci saranno novità. “Questo oggi è il mio nuovo centro di ricerca. Una ricerca più profonda e personale, che riguarda la mia capacità di costruire relazioni, a partire da quella di coppia, fino ad arrivare a quella con gli sconosciuti che accolgo nella nostra casa. Può sembrare facile, ma non lo è. È una grande sfida, anche per l’aver scelto di mantenere fede alla pratica del donativo propria del cammino di Santiago.” Già, perché la Domus Peregrini vive di ciò che i pellegrini lasciano, del denaro che liberamente scelgono di dare. “Apriamo la cassetta del donativo ogni 20/30 pellegrini, ed ogni volta è una lezione di vita. A volte è difficile e non capisci: ti sembra di aver accolto persone senza difficoltà economiche, gli hai dato di tutto e di più: dal vino al limoncello fatto in casa, la frutta e la verdura del nostro orto, momenti di ascolto e condivisione e la cassetta è quasi vuota e ti chiedi perché. Ti chiedi se hanno apprezzato, se hanno dato valore a quello che gli hai offerto. Altre volte ci stupiamo della generosià dei pellegrini. E’ difficile per noi non essere in balia delle nostre paure, delle nostre altalene emotive. Vorrei imparare a non crearmi aspettative, a non giudicare, a fidarmi ed affidarmi.”
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Immacolata ammette che è una grande prova portare i miracoli che sperimenti sui cammini nella vita quotidiana: “Ora che il Cammino è parte della mia vita ordinaria il riuscire a vivere nello stato di grazia sperimentato nella dimensione straordinaria dei Cammini mi richiede impegno ed attenzione costanti. Tuttavia, conto sul fatto che siamo solo ai primi mesi, e che col tempo impareremo, a fidarci, ad accogliere, e magari troveremo anche modalità più idonee a comunicare con i pellegrini il senso del donativo, che è dare valore a ciò che ricevi e soprattutto far si che i pellegrini che seguono possano essere accolti così come tu lo sei stato. In realtà il donativo non è un pagamento di ciò che ricevi, ma un dono che il pellegrino fa, e che permette di accogliere altri dopo di lui. Il donativo è una catena d’amore da pellegrino a pellegrino di cui noi, come chiunque offra accoglienza a donativo, siamo testimoni e tramiti.”
Prima di salutarci mi svela che è le piacerebbe essere sempre pronta a cambiare ancora strada, se la vita le indicherà nuove vie. “Sai, quando sei su un Cammino ti affidi e ti fidi delle frecce gialle o bianche che siano. A volte sembra che ti portino a nord e tu le segui, perché anche se sai che Santiago è a ovest, o Roma a Sud, confidi che le frecce ti stiano indicando il percorso giusto per arrivarci. Nella vita invece troppo spesso non ci fidiamo delle frecce. Decidiamo una meta, partiamo, e quando le frecce non vanno chiaramente in quella direzione nella vita ordinaria ci arrabbiamo, ci fermiamo, e a volte facendo di testa nostra sbagliamo. La mia meta di vita ora è imparare ad amare. La Domus Peregrini è una tappa di questo mio cammino. Ho seguito le frecce fino a qui. Domani chissà. Quel che conta, nella vita, come nel cammino, è sapere dove vuoi andare, goderti il momento presente, ed essere attento a vedere le frecce passo dopo passo. Se dovrò prendere altre direzioni spero di riuscire a farlo con serenità, per ora vivo con grande gioia questa mia nuova vita.”
Grazie Immacolata! Tutti dicono che ci vuole coraggio a cambiar vita, e a te, come molti ti avran detto pare lo abbiano dato di serie, con il tuo cognome. Ora tocca a Franco: pronto per essere intervistato? Appuntamento a tra un mese, appena torno a trovarvi, così conoscerò anche altri vostri pellegrini, tutti in cammino, tutti in trasformazione.
di Samantha Marcelli
2 commenti
Abbiamo avuto il piacere di essere accolti da Immacolata e Franco a febbraio 2016 in casa essendo ancora in costruzione la parte dedicata ai pellegrini. È stata condivisione di cena dopocena colazione e sopratutto abbiamo parlato di tante cose…grazie Immacolata e Franco…è stata una delle tappe migliori…eravamo Carmelo Gianni ed io. Buona accoglienza e soprattutto buon cammino nella vita
Da questa magnifica storia, già scritta in maniera molto coinvolgente, si potrebbe girare anche un film. Però, ritengo che nel racconto si dovrebbe correggere qualcosa relativamente all’azione del compagno: “mi dissero che ero sterile, che sarei morta, e venni lasciata dal mio compagno”. La frase, formulata in questa modo, sottolinea una causa maggiore al compagno. Nei rapporti interpersonali, si devono tenere in considerazione gli effetti a seguito delle cause. È molto più probabile che in situazioni consapevoli, non si venga lasciati, ma se il rapporto viene chiuso volutamente da entrambi le parti, le due persone si lasciano. Per cui, penso che sarebbe più appropriato se la frase terminasse con “mi lasciai con il mio compagno”.