“Avevo voglia di rinascere. Dopo una vita vissuta per avere il consenso degli altri ho deciso di ascoltare me stessa, le mie sensazioni. Così ho cambiato vita.” Ho conosciuto Silvia Vietti a gennaio, all’inaugurazione di un agriturismo. Dopo un brindisi per augurare il meglio alla neoimprenditrice Caterina Andorno, Silvia mi ha ha svelato che anche per lei era ormai prossimo un inizio:”domani parto per la Svizzera. Cambio vita! ” Chiacchiere, foto ricordo, scambio di mail e numeri di cellulare, e salutandoci la promessa di risentirci presto per sapere qualcosa in più della sua nuova vita. Detto, fatto. Dopo due mesi ci siamo sentite. Appuntamento al confine, in Val Vigezzo, dove per anni lei ha vissuto.
Mentre condividiamo un aperitivo le chiedo di raccontarmi del prima e del dopo. “Sono nata a Coimo, un paesino di 300 abitanti. Dopo il diploma tecnico commerciale iniziai subito a lavorare come impiegata, prima con un cugino, poi presso una importante associazione di categoria, qui in Val Vigezzo. Avevo iniziato a lavorare già mentre studiavo. Mi piaceva il lavoro, quello che mi stava stretto era l’ambiente, un pò troppo chiuso, limitativo. Le relazioni erano opprimenti”.
Mi spiega così che dopo il primo matrimonio, finito quando aveva appena ventisei anni, visse altre relazioni tra cui una che le stravolse la vita. “Avevo ventotto anni, mi innamorai di lui perdutamente. Avrei potuto intuire che c’era qualcosa che non andava, ma ero talmente presa che gli scusavo tutto e trovavo sempre il modo di giustificare le sue stranezze”. Mi racconta così dei suoi otto anni di quella relazione personale e professionale: “Aprimmo una trattoria/bar. Io da sempre avevo la passione per i vini e mi piaceva moltissimo dedicare il tempo a quell’attività. Lavoravo di giorno come impiegata e di sera lì. Divenni anche sommelier. Pensavo di essere una donna realizzata, peccato che dopo sette anni scoprii che lui nel frattempo aveva una relazione con la mia vicina di casa”.
Era il 2004 e da quella triste situazione Silvia dovette ripartire: l’attività da vendere, i debiti da pagare, la fiducia in se stessa e negli altri da ricostruire. Furono anni di superlavoro, in tutti i sensi.
“Poi nel 2008 il mio capo, Franco Panarotto, mi convinse ad accompagnarlo in un viaggio nelle missioni di Padre Marcello in Etiopia. Visitai scuole, carceri, ospedali. Piansi, tanto, e tornai diversa. Nulla è più stato uguale. Ma tornare lì ogni anno non era abbastanza, continuavo a non stare bene”. Silvia mi spiega che lavorare nell’associazione di categoria le stava creando sempre maggior disagio, anche e soprattutto dopo la morte del suo capo, divenuto per lei quasi un secondo padre.
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“Ero frustrata. E così, dopo anni passati a leggere ed applicare i principi del pensiero positivo, da Louise Hay a Osho, lo scorso anno mi sono decisa. Ho accettato il consiglio di un amico: l’otto dicembre mi sono candidata on line per una posizione da hostess sui treni svizzeri, il 10 ho fatto il colloquio, il 23 ho firmato il contratto, il 28 ho rassegnato le mie dimissioni. In molti hanno pensato che fosse una follia lasciare un posto sicuro in Italia per andare in Svizzera. Anzi lo continuano a pensare! Ma noi siamo quello che pensiamo. E stare lì mi stava spegnendo i pensieri, mi soffocava. È vero che ho lasciato qualcosa di certo, ma l’ho fatto per qualcosa di innovativo, che mi dà vita”.
Mi racconta che si sente davvero molto meglio dopo questo cambio: fisicamente e psicologicamente. “Non ho le comodità di prima, ma sono viva. A Ginevra condivido una stanza con altre dieci persone di diverse nazionalità. È strano, ma arricchente. Certo il mio tedesco non è perfetto e questo mi limita ancora, ma mi sono iscritta ad un corso per migliorarlo e questo è l’obiettivo dei prossimi mesi, per ora mi sento rinata ed è quello che desideravo. A giugno compirò 48 anni e non ho tempo da perdere! ”
Grazie Silvia. L’aperitivo con una sommelier è stato davvero speciale: le bollicine del Clelia Coppo spiegate da te sono ancora più buone! E…bella questa tua rinascita in Svizzera.
di Samantha Marcelli