Natale fa regali inaspettati. Passi a salutare ex colleghi torinesi e ti raccontano una storia di cambio vita: quella di Roberto Tessitore, uno sviluppatore web che ha lasciato tutto e tutti per vivere e lavorare sulla sua “Utopia”. Le foto sul suo profilo Facebook e sul suo sito www.texsail.com mi hanno convinto subito a contattarlo e dopo tre settimane di attesa, ho finalmente avuto il piacere di conoscerlo e scoprire qualcosa in più del suo “cambiamento”.
Roberto è nato a Ivrea quarant’anni fa. Dopo il Liceo artistico, la facoltà di architettura al Politecnico di Torino, una specializzazione in Interior Design ed anche un master di programmazione software e interfacce grafiche, la sua vita pareva scorrere normalmente. “Il mio primo timbro su un libretto di lavoro risale a quando avevo 16 anni, facevo l’assistente in una scuola di scultura. Poi ho fatto il cameriere, il barista ed altri lavori saltuari fino a quando ho iniziato attività più attinenti alla mia formazione in ambito informatico: insegnante di sistemi CAD, sviluppatore e consulente software per aziende, studi di progettazione ed architettura. Nel 2001 per una serie di casualità sono stato assunto a tempo indeterminato presso il consorzio torinese che eroga servizi informativi alla pubblica amministrazione piemontese. E sono rimasto lì per ben dodici anni occupandomi di sviluppo web”.
Non entra nei dettagli di quella esperienza lavorativa, ma mi lascia intendere che il clima non era per lui né positivo né stimolante. “Logiche insensate, scelte difficili da capire. Mi salvavano solo le pause pranzo, i weekend, le feste, e ogni altro momento libero in cui organizzavo corsi di vela e uscite in barca, in estate e in inverno”. Scopro così che la sua passione per la vela lo ha accompagnato fin dall’adolescenza. “A cinque anni avevo paura dell’acqua, ma a 12 anni salii per la prima volta su una barca. Fu un regalo di mamma Olivetti. Sì, perché i miei genitori lavoravano nella Olivetti dei tempi d’oro e così ebbi l’opportunità di partecipare ai corsi di vela che l’azienda proponeva ai figli dei dipendenti. Non fu un amore a prima vista, ma rimasi attratto da questo strano mezzo che si muove grazie al vento e all’acqua. E quando dopo pochi anni risalii in barca fu un vero crescendo, una grande passione, anzi un amore, fatto di brevetti e patenti e tante ore di dedizione. Tutti in Italia pensano che la vela sia solo per ricchi, ma non è vero”.
E così, mentre il consorzio in cui lavorava iniziava a navigare in cattive acque lui ha scelto, letteralmente, di salpare per altri mari. “Qualche anno per progettare, due lunghi periodi di aspettativa per testare e poi, all’inizio del 2013, zac! Un taglio netto. Ho lasciato il fantomatico posto fisso, la casa, la città, le amicizie, una compagna, quasi più convinta di me, che al momento di salpare ha però preferito rimanere. E ora navigo, per vivere ma anche per non perdermi”.
Mi racconta di Utopia, la barca su cui vive e di cui vive. “E’ un Centurion 42 del cantiere francese Henri Wauquiez, barca datata per questioni di budget ma robusta, veloce e ben costruita. Come le facevano una volta insomma, fatte per durare e non con data di scadenza come le fanno oggi. Poi ovviamente c’ho messo del mio rendendola decisamente confortevole per i sei ospiti che posso accogliere a bordo nelle 3 cabine doppie con 2 bagni. La barca ideale non esiste, ma bisogna scegliere il meglio per le proprie esigenze. Il mercato dell’usato oggi offre occasioni inimmaginabili”.
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Su questa spettacolare barca Roberto offre ai suoi clienti settimane da sogno nel mediterraneo ed intanto vive una dimensione di vita tutta nuova: “un tempo lento in cui sento che sto vivendo davvero, ogni cosa, ogni attimo, ogni relazione che si crea. Lo chiamano down-shifting, ne parlano in tanti, secondo me è quasi una moda, ma quello che conta è viverlo, provarci davvero. Non è così facile evitare di farsi inghiottire dal mondo consumistico in cui siamo immersi. È un’attenzione costante, una consapevolezza continua”. Quando gli chiedo consigli da dare, magari proprio ai suoi ex colleghi torinesi in acque sempre peggiori ed incerte, mi dice che “nessuno detiene le regole o ti può indicare la strada se non sei prima tu a sentir la necessità forte e profonda di cambiare direzione. E la verità è che molti si lamentano, ma non fanno nulla.” Poi però mi cita due libri – La saggezza del mare di BjörnLarsson ed il libro che ha sempre con se in barca, La lunga rotta di Bernard Moitessier- ed aggiunge una colonna sonora “Nick Drake con One Of TheseThings First visto che lui mi piace tanto ed anche il testo mi pare possa starci bene”.
Quando gli chiedo del futuro mi dice di non credere molto nei progetti a lungo termine, e di essere invece molto attento alla coerenza costante, e alla fedeltà ai propri ideali. “Le cose attorno a noi possono cambiare da un momento all’altro per svariati motivi, nel bene e nel male, ci sono molte variabili incontrollabili. Se noi sappiamo chi siamo e dove andiamo probabilmente ci si salva o in qualche modo ci si arrangia! Facendo altro, reinventandosi”.
Grazie Roberto. È sempre bello scoprire che ci sono persone di Ivrea che hanno saputo andare oltre la mera nostalgia dell’Olivetti e fare altro, costruendo, vivendo e condividendo la propria “Utopia”. Chissà quali sono gli effetti trasformativi di una settimana sulla tua barca! E…sì, me lo ricorderò: ho solo due anni per sperimentarti come skipper qui nel mediterraneo, poi dovrò raggiungerti ai Caraibi.
di Samantha Marcelli
3 commenti
Complimenti per la scelta, è bello vivere seguendo le proprie passioni. Tutto sommato dove lavorava prima non doveva essere tanto male come dice, se gli hanno permesso di prendersi due lunghi periodi di aspettativa per fare partire la nuova attività. Non ho mai sentito parlare di aziende che si comportino così con i propri dipendenti, è stato a suo modo molto fortunato!
Ciao Alice, sì effettivamente sono stato fortunato da questo punto di vista, ho avuto così la possibilità di affinare alcuni dettagli e di partire un po’ di più a cuor leggero (soprattutto se sei solo e non hai una copertura economica alle spalle). Ma devo anche dire che in quel periodo l’azienda non navigava in buone acque ed una richiesta di aspettativa non retribuita volontaria penso facesse comodo anche a loro, piuttosto che stare li a far poco o niente. Oltre a deprimere me avrebbero risparmiato uno stipendio loro. Al rientro da una di queste ad esempio stava partendo un periodo di cassa integrazione al quale mi sono offerto volontario, in virtù del fatto che ero già fuori da parecchi mesi, e prolungare di uno o due mesi per me non era un problema. In quel caso mi hanno negato la cassa, messo a casa un altro al posto mio e mi han fatto tornare perché da lì a breve, sarebbe partito uno nuovo progetto. Comunque sul mio C.N.L. esisteva la possibilità di usufruire fino a 12 mesi di aspettativa, poi è ovvio, è l’azienda che te li deve concedere, ma è un tuo diritto poterla chiedere
Bravo Roberto, secondo me è una bellissima scelta potessi anch’io ciao