Quando Pietro mi ha cercata per raccontarmi la sua storia mi ha scritto questo messaggio: “Anche in giacca e cravatta si può cambiar vita, si può cambiare il mondo, anzi, a volte servono proprio una giacca ed una cravatta per fare il primo passo. Io l’ho fatto.” Ci eravamo conosciuti l’anno scorso, durante un corso per insegnanti certificati “Heal your Life” con Lucia Giovannini, poi ci eravamo persi di vista. Ma dopo il suo messaggio l’ho cercato subito, ed ecco cosa mi ha raccontato del suo “cambio in giacca e cravatta”.
Pietro appena maggiorenne come geometra avrebbe già potuto lavorare nella ditta di costruzioni del padre, ma scelse di continuare gli studi. Il padre allora lo avrebbe voluto ingegnere, ma lui, innamorato della figura del nonno materno, carismatico e conosciuto coltivatore di tabacco, optò per la facoltà di Agraria, con il progetto di lavorare con e per i paesi in via di sviluppo.
Dopo la laurea, la sua esperienza lavorativa nel settore durò però solo tre anni, perché le opportunità di impiego nel settore agrario erano già cambiate e quindi, mettendo a frutto le esperienze da barman fatte da universitario, decise ben presto di aiutare il fratello nel suo Ristorante di Roma, il Risky Point, noto a tutti gli appassionati di sport estremi. Iniziarono così i suoi “quindici anni in bermuda e costante look estivo”. I ristoranti divennero rapidamente tre con nuovi soci, oltre al fratello. “Tutto andava bene, eppure quei bermuda iniziarono a non piacermi. Mi sembrava sempre di dover guardare gli altri dal basso verso l’alto. Non era un senso di inferiorità, ma un sapere che potevo fare altro, qualcosa in più. La domanda che mi facevo era: perché sono laureato e non mi sento un professionista? E così mi sono messo in cammino per capire cosa fare.”
Così negli ultimi sei anni Pietro si è impegnato in un percorso di crescita personale, che lo ha portato a conoscersi, a scoprire dentro di sè doni, talenti e desideri. Poi l’anno scorso, dopo il corso “Heal your life”, un passo importante nel suo cambio, un incontro provvidenziale: rivede un suo ex socio che gli racconta della sua nuova attività. “In quel momento ho capito quello che volevo fare e così ho subito comprato tre completi da uomo, camicie, alcune anche fatte su misura, andando contro tutti i miei canoni, ed una borsa 24 ore e, chiaramente, mi sono rimesso a studiare”.
Sorride mentre dice “avevo 3C, costruzioni-coltivazioni-cucina, ma mi mancavano delle A e delle B. Quindi sono tornato sui banchi di scuola per studiarle: A come Anomalie, B come Bancarie. Oggi mi occupo di questo, cioè di tutelare persone e aziende dall’usura bancaria.”
Non è obbligato a mettersi in giacca e cravatta per farlo, ma dice che sa che spesso l’abito fa il monaco, e che soprattutto si sente bene con questo nuovo look, in questo nuovo lavoro. “Al mattino quando mi metto la cravatta mi accade spesso di pensare a mio padre. A quando la sua azienda di costruzione fallì per problemi con le banche. A come io da studente universitario mi trovai a dover lavorare per terminare gli studi. E mi piace pensare che oggi posso fare qualcosa per persone come lui, prima che sia troppo tardi, perché non si sentano soli, abbandonati, schiacciati e soffocati dalla crisi.”
L’azienda per cui lavora, leader del settore sul territorio nazionale, ha rilevato che su 150.000 prodotti bancari già analizzati (conti correnti , mutui e leasing) l’80% presenta anomalie. Mi spiega sinteticamente che l’obiettivo è dare la possibilità alle persone di verificare gratuitamente se si può arrivare ad un minore debito o maggior credito, “cioè di annullare addirittura le posizioni debitorie del cliente con la banca fino ad ottenere più denaro di quello che la banca pretende. Inoltre, si proteggono i clienti dalle ‘aggressioni’ delle banche sulle garanzie personali.”
Si vede che si sente bene in questa nuova versione “di difensore delle vittime del potere vessatorio delle banche”. Mi saluta dicendo “non salverò il mondo, ma questa giacca e questa cravatta mi aiutano a renderlo un posto migliore”. A Fiumicino, aspettando il mio volo per Verona, guardo le giacche e le cravatte che mi circondano e vorrei chiedere ad ognuno “ti sei messo giacca e cravatta per rendere il mondo un posto migliore?”
Di Samantha Marcelli
1 commento
La crisi attuale del paese (o declino) non dipende dalle banche o dalle istituzioni finanziarie come tu sembri suggerire. Il problema dell’Italia dipende dal suo familismo amorale, dal suo sistema di cooptazioni paramafiose, dalla sua selezione negativa delle “classi dirigenti” che divengono rapidamente “classi digerenti”, dalla sua cocciuta antimeritocrazia e dal suo anti-individualismo che vira in socialismo geneticamente avariato.