Milanese di nascita, romano d’adozione, ma toscano nel cuore. Ecco la geografia della vita di Andrea Savini Zangrandi. Mi avevano raccontato del suo cambio vita molti anni fa, mentre tutto era appena successo, ma solo ieri ho avuto il piacere di incontrarlo personalmente e farmi raccontare la sua versione dei fatti. Già, perché quando un manager d’azienda cambia vita le storie che iniziano a circolare sono sempre tante e molte fantasiose, ma quella vera è spesso la più interessante, come in questo caso.
Andrea è nato a Milano, ma il suo accento non lascia spazio a dubbi: è cresciuto a Roma. “La mia famiglia lasciò Milano nel 1963, quando avevo solo due anni. Roma è la mia città. Qui sono cresciuto, ho studiato, mi sono laureato in legge, qui c’è tutta la mia grande famiglia, ma il centro del mondo per me è Pontremoli.” Gli dico, stupendolo, che conosco bene Pontremoli, perché mio padre è nato a pochi chilometri di distanza da questa cittadina della Lunigiana.
Così lui, entusiasta, inizia a raccontarmi del suo rapporto con quello che per lui è l’ombelico del mondo: “La famiglia di mio padre ha sempre avuto una casa con dei terreni a Pontremoli. Da bambino adoravo stare li’, vedere come i nostri contadini allevavano le mucche, i maiali, i conigli, come producevano formaggio ed insaccati e come lavoravano negli orti.” Ma la vita lo aveva portato ad essere sempre più cittadino e metropolitano: dopo la laurea in giurisprudenza alla Sapienza, Andrea aveva infatti iniziato subito a collaborare con l’Unione Industriale di Roma occupandosi di diritto sindacale per essere assunto dopo soli tre anni in Ericsson.
“Quegli anni sono stati davvero intensi ed interessanti, tutti completamente dedicati alla mia crescita come responsabile del personale. Ericsson all’epoca aveva 30 uffici e tre stabilimenti produttivi e circa 5.000 dipendenti. C’erano grandi opportunità e sfide da cogliere ogni giorno, ma anche aerei da inseguire e scontri feroci. Insomma la mia era la classica vita frenetica di un uomo d’azienda. Pontremoli era un ricordo lontano, ma sempre vivo. “Poi venne la scelta di sperimentarsi come HR Manager in una multinazionale americana, ma è stato proprio negli 8 anni in EDS, oggi HP, che ho iniziato a maturare il pensiero di cambiare vita. L’informatica non mi appassionava, preferivo la produzione.”
In questa fase di scoperta e presa di consapevolezza di sè Andrea si ricorda di un corso che aveva iniziato quando era in Ericsson. “Era un percorso per sviluppare le capacità e le competenze imprenditoriali. All’epoca l’avevo interrotto, quasi snobbandolo”. Si iscrive al corso ed inizia a progettare e creare: prima grazie a degli amici canadesi che gli chiedono di trovargli una casa vacanza e ipotizza di rendere tali le proprietà familiari di Pontremoli, poi però torna al suo amore per il prodotto. “E tra tutti i prodotti scelsi quelli della mia vera passione: i prodotti della terra di Pontremoli. È così che sono approdato all’idea della ristorazione”.
Nel 2004 Andrea passa all’azione. Si dimette, dicendolo solo ad un parente stretto che lo appoggia e diventa il suo primo sponsor. E mentre lascia l’azienda ne trova un secondo: “consegnando la lettera di dimissioni mi sono reso conto che anche uno dei grandi manager dell’azienda era affascinato ed interessato al mio progetto. Anche se dall’esterno, entrambi mi hanno sempre supportato, e soprattutto all’inizio è stato indispensabile saperli con me.” Mi racconta così dei primi 4 mesi successivi alle dimissioni: “Non volevo che si sapesse ancora di questo mio cambio, prima volevo trovare il ristorante da rilevare e Roma per quanto grande, è sempre troppo piccola. Così uscivo tutte le mattine di casa in giacca e cravatta, con una ventiquattrore in mano completamente vuota. Giravo per la città tutto il giorno alla ricerca del ristorante perfetto. Ricordo ancora i pranzi e le pennichelle a casa di un amico manager che in quel periodo si era rotto la gamba. Tutto fatto di nascosto, rigorosamente in giacca e cravatta, così tutti pensavano che stessi ancora lavorando”.
Il ristorante perfetto sente di averlo trovato nel quartiere Monti, allora zona davvero ancora poco in voga, ed oggi invece di gran moda. Lo convince in particolare l’incontro con la signora che sta impastando gli gnocchi. “Era quello che stavo cercando! un ristorante, piccolo, coccolo, dove fare tutto a mano. Così dopo pochi mesi tutto è iniziato.”
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Ha mantenuto il nome che gli avevano detto le precedenti proprietarie, due sorelle italo francesi: “La cicala e la formica”. Dice che gli piace questo nome che richiama la favola di Esopo poi ripresa da La Fontaine. Ha spazio per 40 coperti interni e 20 esterni. Ogni mese cambia i quadri alle pareti perché ha scelto di ospitare opere di giovani artisti “per motivarli a continuare a dedicarsi a talento e passioni”. Quando mi mostra il menù riconosco le specialità di Pontremoli: funghi, panigacci e testaroli, farina di castagne. Mentre pranziamo insieme mi racconta del libro che lo inspirò nei primi mesi: “Era il 2005, l’essere un oste non era di moda come ora con tutti questi reality televisivi. Ero pieno di preoccupazioni, ma leggendo il libro, “Perché agli italiani piace parlare del cibo”, ho trovato grandi stimoli e spunti che rafforzavano la mia idea di aver fatto una buona scelta. E’ un saggio scritto da Elena Kostioukovitch, la traduttrice in russo di Umberto Eco, un classico per chi si occupa di cibo, che non a caso è stato ristampato in occasione dell’Expo”. Poi mi racconta dei tanti errori: “Ne ho fatti 9800, tutti quelli possibili, ma ho sicuramente imparato altrettanto cose. Nei primi mesi io che normalmente posso dormire persino seduto nel caos della metro ho passato notti insonni. Poi il ristorante ha aperto e sono stato meglio. I miei primi clienti sono stati gli ex colleghi, vennero in tantissimi, per affetto e curiosità. Poi è venuta l’ondata della mia grande famiglia romana: un sostegno psicologico ed economico che all’inizio mi ha davvero aiutato”.
Andrea lo ammette: “Sai, io non so cucinare nemmeno un uovo, ma amo la campagna ed i suoi prodotti. Questo amore per la campagna nato in Lunigiana, quando ero bambino, mi muove a voler portare qui in città i prodotti migliori di quella terra e di tutta l’Italia. Qui facciamo tutto a mano: dal pane ai cioccolatini, partendo dalle migliori materie prime. Voglio che in città si provino i veri sapori della campagna”.
Ora lo consiglia con sicurezza a tutti i colleghi manager: “cambiate vita, smettetela di correre tanto, di affilare i coltelli in azienda, meglio venire qui a farlo con me, in una cucina. Ha più senso”. Durante il pranzo mi svela uno dei prossimi progetti con la promessa di non pubblicarlo “tanto ormai manca poco e sarà di dominio pubblico”. A dire il vero mi accenna anche a più di un nuovo progetto, perché in questi dieci anni Andrea ha continuato a sognare, scoprire e creare nuovi modi per portare a Roma, ed in altre grandi città, la ricchezza e la cultura della campagna italiana, ed in particolare l’autenticità ed il gusto per la vita della sua Pontremoli.
Interessante questo ex manager delle risorse umane che entusiasma e coinvolge famigliari, amici, collaboratori, clienti ed anche ex colleghi.
Merita davvero passare a conoscere Andrea.
Sicuramente vi proporrà di assaggiare prima di tutto “panigacci e testarol”i di Pontremoli: accettate, cucina e cultura hanno davvero un buon sapore a “La cicala e la formica”.
di Samantha Marcelli