Vertice Andreotti-Mitterand. La genesi del progetto, che tanto ha fatto e probabilmente farà discutere, è del 1990. La Società nazionale delle ferrovie francesi, pubblicò una nota sul nuovo collegamento, incontrando dimostrazioni di interesse per la realizzazione da parte di entrambi i premier, Mitterand e Andreotti. I due padrini non ci sono più, così come i loro partiti – ufficialmente scomparsa la Dc ed in via di estinzione il Partito socialista francese – ma la grande opera ancora non c’è.
Io vorrei, non vorrei ma se l’UE vuole. Sono seguiti diversi vertici governativi italo-francesi, ma a dare il maggiore impulso all’iniziativa è stato il Consiglio europeo. La nuova linea Torino-Lione è stata inserita tra i progetti prioritari nel settore dei trasporti della nascitura Unione Europea. Si sono pertanto intensificate le conferenze intergovernative che hanno portato ad un primo accordo nel 2001 tra i due governi. Nel 2004 l’Unione ha inglobato la Torino-Lione nel TEN-T, Trans-European Network-Trasporti, un tracciato paneuropeo che avrebbe collegato Lisbona a Kiev. Le direttive di austerità nei confronti del Portogallo hanno ridisegnato il corridoio “Mediterraneo” che nel nuovo progetto coinvolge tutto l’arco padano del nostro paese, partendo proprio dalla Val di Susa.
Indietro tutta. L’apertura dei cantieri sulla tratta italiana ha da sempre incontrato l’opposizione del movimento No-Tav. La coordinatrice europea del progetto ha evidenziato in Commissione come «l’assenza di una chiara comunicazione, sia sulla natura stessa del progetto sia sulle attività svolte, costituisce uno dei principali fattori che permettono di spiegare l’opposizione da parte italiana». La Commissione si è avvalsa di una consulenza indipendente, la COWI, il governo italiano ha istituito un Osservatorio che ha rimodellato il progetto, giungendo così alla sottoscrizione di un secondo accordo Italo-francese nel 2012. Si può discutere sulla liceità delle motivazioni e delle azioni dei no-Tav, ad essere fuori discussione è l’assurdità dell’azione di una parte del governo a partire dal suo insediamento nel 2018.
ACB senza “abc”. Il 1º giugno 2018 si è insediato il Governo Conte nel cui “contratto di governo” si ribadiva l’impegno a ridiscutere integralmente il progetto. È stata sospesa la pubblicazione dei bandi, per far spazio alla Analisi Costi Benefici (ACB) che valutasse i costi previsti e l’utilità del progetto. La relazione finale, consegnata lo scorso 11 febbraio 2019, Contestualmente, ha quantificato come fortemente sfavorevoli costi del progetto, con un saldo negativo di 7,8 miliardi. L’analisi costi benefici proposta dal governo del cambiamento è stata prontamente sbugiardata dagli ingegneri di Lombardia e Piemonte e cosa ben più grave dalla bocciatura della mozione 5 stelle ieri al Senato. Il Tav ha così mostrato la sua natura avveniristica, non in termini ingegneristici o infrastrutturali ma politici.
Ci siamo abituati negli anni ad assistere alla revisione dei progetti sulle grandi opere con il cambio di governo: il nuovo esecutivo si affrettava a modificare o eliminare i progetti dei predecessori. L’innovazione del Tav sta nel fatto che a fare canto e controcanto alla realizzazione del progetto sono le diverse anime interne alla maggioranza. Un’autentica opera del futuro!