Secondo i dati riportanti da Eurostat nel 2018, l’età media in cui i figli lasciano la casa dei propri genitori in Europa è superiore ai 25 anni. Il Report del 2017 ha mostrato sensibili differenze tra paese e paese e in base a diversi fattori tra cui anche il sesso. Ad esempio ben il 35,3% degli uomini Europei di età compresa tra 25 e 34 anni vive ancora a casa con i propri genitori mentre la percentuale per le donne di ferma al 21,7%.
Quali sono le differenze in Europa? I paesi con il più basso numero di giovani adulti nella fascia compresa tra 25 e 34 anni che vivono ancora con i genitori sono la Danimarca con appena il 3,2%, la Finlandia con il 4,7% e la Svezia con il 6%. All’estremo opposto troviamo la Croazia dove ben il 59,7% dei giovani adulti vive ancora con i genitori, la Slovacchia con il 57% e la Grecia con il 56,3.
Molto simile è la classifica dell’età media a cui i figli lasciano la casa dei genitori. In testa si trova il Montenegro con una media di 32,8 anni seguito dalla Croazia con 31,8 anni e dalla Slovacchia con 30,9. L’Italia è quarta con i giovani che vanno a vivere da soli i media a 30,1 anni. Le medie più basse, ancora una volta, si registrano nei paesi nordici: nella Svezia capolista si va a vivere da soli prima dei 20 anni. Seguono Lussemburgo, Danimarca e Finlandia con medie di poco superiori ai 20 anni e Francia, Germania, Regno Unito e Belgio comunque sotto i 25 anni.
Quali sono le tendenze? Fatte le dovute differenze, è interessante notare come i risultati di una ricerca condotta dal Pew Research Center dimostrino che pressoché in tutti i paesi occidentali l’età media in cui i giovani lasciano la casa dei genitori è aumentato sensibilmente negli ultimi venti anni. Se nel 1997 solo il 19,5% dei giovani Inglesi viveva ancora con mamma e papà, nel 2017 la percentuale è schizzata al 25,9%. Lo stesso vale negli Stati Uniti dove ad esempio in California ben 1 giovane su 4 tra i 25 e i 33 anni vive ancora con i genitori e in Australia dove la percentuale dei giovani tra i 20 e i 24 anni che non si è ancora trasferito è passata dal 36% del 1981 al 43% del 2017.
Quali sono le motivazioni alla base? Innanzitutto bisogna sottolineare che tutti gli studi a riguardo evidenziano anche effetti positivi derivanti dallo stare più a lungo a casa con i propri genitori pertanto non bisogna generalizzare ma analizzare caso per caso. Fatta questa necessaria premessa, una delle motivazioni certamente più influenti è di tipo finanziario. Al di fuori di alcuni contesti specifici come ad esempio quello Italiano in cui la disoccupazione giovanile molto alta scoraggia o impedisce del tutto ai giovani di andare a vivere da soli, pressoché’ in tutti i paesi occidentali, anche quelli con disoccupazione giovanile più bassa, il potere di acquisto negli ultimi decenni è diminuito e specialmente con riguardo all’acquisto o all’affitto di una abitazione. Come esempio estremo basta guarda agli Stati Uniti: secondo i calcoli fatti da Curbed nel 1959 un insegnate guadagnava l’equivalente odierno di 44.493 dollari l’anno e una casa media in California costava l’equivalente di 109.419 dollari (ovvero meno di 3 anni di stipendio). Oggi lo stesso insegnante guadagna 72.340 dollari l’anno ma la stessa casa costa circa 1,61 milioni di dollari (ovvero oltre 22 anni di redditi).
Lo stesso vale per il Regno Unito dove i prezzi delle case sono raddoppiati negli ultimi venti anni e un 27enne di oggi ha la metà delle probabilità di diventare proprietario di un immobile. In senso opposto ma con uguale risultato, con l’aumento delle aspettative di vita la diminuzione del potere di acquisto negli ultimi decenni ha impattato quasi ovunque sulle pensioni e sui trattamenti sociali, rendendo sempre più spesso necessario l’accudimento dei genitori da parte dei figli. Infine, alle motivazioni finanziare vanno certamente affiancate quelle culturali e valoriali.