In una realtà sempre più globalizzata, dove la comunicazione detiene un ruolo fondamentale per la circolazione di persone e idee, la velocità nel trasferire i concetti tra lingue diverse è diventata di importanza imprescindibile. Digital innovation e Big data vengono in soccorso di tale esigenza con strumenti di tecnologia linguistica di grande vantaggio e usabilità. Ma fino a che punto si può fare affidamento sulla traduzione automatica o sull’interprete “tascabile”?
Certo, se in vacanza a Marrakech ti sei perso e devi chiedere informazioni per raggiungere il tuo gruppo di amici che ti aspetta a Piazza Jemaa el Fna, a mal estremo è auspicabile che attivi Google Translate! In altri casi, però, non è forse proprio questo lo strumento più efficace per affrontare un interlocutore straniero senza rischiare equivoci, incomprensioni e magari vere e proprie offese.
Se sei a un pranzo di lavoro con un gruppo di clienti, non puoi permetterti che fraintendano un tuo “in bocca a lupo” (break a leg!) con una bella esortazione a romperti una gamba o pensino che stai per rivolgerti a un avvocato quando invece stai solo invocando un sostenitore (advocate).
Seppure l’ultima frontiera delle nuove tecnologie si sia spinta molto in avanti, garantendo traduzioni di qualità sempre migliore rispetto a quella degli anni passati, è evidente come esista una soglia oltre la quale la traduzione automatica non potrà mai puntare. Stiamo parlando del fattore umano e di tutto quanto a questo ruoti intorno: per quanto innovativi possano essere, infatti, anche i migliori servizi online non potranno mai garantire quella purezza della lingua e quella sensibilità alle specificità sociali e comunicative che solo la Persona, con il suo bagaglio culturale e la sua esperienza, può garantire.
Fra linguaggio e cultura esiste un rapporto molto stretto. Il linguaggio si fonda sui valori di un popolo, sulle sue tradizioni, sulla sua storia. Imparare a parlare una lingua straniera significa imparare a usare le categorie mentali, le forme di pensiero e le espressioni caratteristiche della relativa cultura.
La comunicazione non è solo verbale, è anche fatta di prossemica, di gesti, di sguardi. Se conversate seduti, occorre stare attenti a non mostrare la suola delle scarpe a un ospite musulmano o ad accavallare le gambe davanti a un rappresentante dell’Asia: è considerato un gesto offensivo. Nei Paesi slavi fare ok con pollice e indice a cerchio è come una minaccia di aggressione alla persona di fronte.
Diventare custodi della purezza del linguaggio, delle sue radici e delle sue implicazioni culturali è una missione. Avere dedicato anni allo studio universitario, alla formazione specialistica o all’esperienza sul campo non è sempre sufficiente. Occorre avere una soglia di curiosità altissima e uno stimolo sempre vivo a “seguir virtute e conoscenza”. Perché i popoli sono in continua evoluzione e così sono le loro culture e linguaggi.
Esistono da qualche anno sistemi di certificazione molto rigorosi che attestano se un Language Service Provider (LSP) è davvero un custode delle lingue per le quali eroga servizi di traduzione o interpretariato. Oltre alla tradizionale ISO9001, per la certificazione di Qualità, esistono infatti norme dedicate specificatamente ad assicurare che un centro di traduzioni sia in grado di scegliere i professionisti giusti e i flussi di lavoro completi per garantire una comunicazione fedele ed efficace. Si tratta della ISO 17100:2015, dedicata ai servizi di traduzione, e della UNI 10574:2007, formulata per assicurare la precisione dei servizi di interpretariato.
Società come Landoor, ad esempio, nata nel 2017 dall’esperienza trentennale di Trans-Edit Group con una precisa specializzazione in ambito medico-scientifico, tecnico e made-in-Italy, la scelta di conseguire la tripla certificazione è stata obbligata, oltreché quasi esclusiva. La criticità dei settori in cui opera richiede infatti il massimo rigore nel garantire traduzioni accurate ed efficaci, nel pieno rispetto dei contenuti e della purezza della lingua e delle sue meraviglie.
E la tecnologia? Può un centro di traduzioni farne a meno? Oppure, dopo aver preso in carico un lavoro, ricorre a sua volta a quei sistemi facili ed economici che tanto ha sconsigliato al suo committente? La cosiddetta Language Technology è la risposta a tali quesiti: si parla di sistemi di gestione dei flussi (TMS), di traduzione assistita (CAT), di database terminologici (Termbase) o fraseologici (Translation Memory), di tool di controllo qualità automatici (QC), che danno un supporto insostituibile a traduttori, controllori di bozza e responsabili di progetto. Questi strumenti, usati con competenza e nella loro versione più professionale, sono indispensabili per una società di traduzioni che si rispetti, proprio perché, se di tecnologia oggi non se ne può più fare a meno, è fondamentale che questa sia asservita alle Persone e non viceversa.
Non esistono scorciatoie: è la sensibilità umana, insieme al bagaglio culturale e all’esperienza, a rendere possibile ogni forma di comunicazione.