Individuare le persone a rischio di uscita e creare modelli di acquisizione dei talenti: per un professionista delle risorse umane su quattro, sono queste le principali applicazioni dell’intelligenza artificiale all’interno dell’organizzazione, mentre meno riscontri trovano gli algoritmi utili a prevedere le performance dei dipendenti (preferiti solo nel 18% dei casi) o per trovare i talenti migliori sul mercato (15%). Una recente indagine curata dal colosso americano Oracle conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che le tecnologie emergenti giocano un ruolo importante nell’economia delle strategie aziendali in campo Hr e finance.
Una tecnologia, tante applicazioni. Nel corso del prossimo anno, recita infatti lo studio, circa il 70% dei rispondenti ha in programma di usare soluzioni AI per identificare i candidati che promettono le migliori performance in fase di ricerca di personale e per scegliere i candidati più adatti analizzando il curriculum. Altri ambiti prioritari in cui l’intelligenza artificiale troverà spazio, inoltre, sono relativi alla creazione di una pipeline per la gestione dei talenti, all’individuazione dei dipendenti a rischio attraverso modelli in grado di valutare i livelli di logoramento del personale e a supportare con l’ausilio di chatbot le interazioni con il personale. Dati e software, insomma, possono diventare fedeli e preziosi “assistenti” per chi dirige le risorse umane e il reparto finanziario e lo assicura anche un esperto in materia di innovazione dei processi di business quale Tom Davenport (Distinguished Professor of Information Technology and Management presso il Babson College del Massachusetts, nonché Fellow della Mit Initiative for the Digital Economy e Senior Advisor di Deloitte Analytics). “I mondi delle analytics e dell’intelligenza artificiale – ha sottolineato in una nota che ha accompagnato la ricerca – spalancano la porta a enormi opportunità: i dipartimenti Hr possono raccogliere informazioni approfondite e significative, per prendere decisioni più intelligenti e crearsi un vantaggio competitivo in termini di capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti”. E il fatto che un numero cospicuo di professionisti delle risorse umane pensano di investire molto in intelligenza artificiale nel corso del 2019 è secondo Davenport molto promettente, “perché significa che inizieremo a vedere presto i risultati in termini strategici di questa scelta e che la competizione fra le aziende per individuare i talenti giusti si sposterà su un piano del tutto nuovo”.
Un’opportunità da cogliere per le Hr. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche se con contenuti diversi, si è espressa anche Melanie Hache, Hcm Business Solution Manager a livello Emea di Oracle, secondo cui “sono tre le principali opportunità a disposizione dei responsabili delle risorse umane per introdurre in azienda una più forte enfasi sul fattore umano e sullo sviluppo sostenibile del business aziendale, grazie all’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale: più tempo per creare e condividere, promuovere la diversità evitando i pregiudizi e personalizzare maggiormente l’esperienza per ottenere un migliore coinvolgimento”. Cosa c’entra l’AI in tutto questo? Proviamo a spiegarlo, sintetizzando il pensiero della manager di Oracle. Grazie all’intelligenza artificiale, intesa come assistente digitale per gestire le problematiche quotidiane dei dipendenti, il responsabile Hr può automatizzare le attività di routine e consentire di conseguenza al proprio dipartimento di investire maggior tempo in attività creative e strategiche dove l’empatia è fondamentale. Più interazioni e contatti umani portano automaticamente a una maggiore inclusività.
L’intelligenza artificiale, in secondo luogo può aiutare in molti modi diversi a combattere i pregiudizi sul posto di lavoro. Pensiamo, per esempio, al processo di reclutamento e di mobilità interna, dove gli algoritmi possono essere impiegati per analizzare i profili lavorativi dei dipendenti, conoscere le qualifiche professionali e identificare i candidati ideali a soddisfare al meglio i criteri della ricerca, ignorando, fattori demografici (come il sesso e l’età dei candidati) che hanno spesso un impatto importante nell’iter decisionale di assunzione. L’intelligenza artificiale, infine, permette di offrire ai dipendenti un’esperienza veramente personalizzata – e in linea con il percorso di carriera, il team di lavoro e le proprie aspirazioni – in termini di percorsi formativi, al fine di promuovere una forza lavoro diversificata e performance più sostenibili. “In Oracle – ha concluso Hache – pensiamo che l’AI offra all’area Hr la possibilità di mettere al centro di un’azienda efficiente l’essere umano, ascoltando e rispondendo alle sue esigenze e favorendo una migliore convivenza fra uomo e macchina”. Senza averne (troppo) timore.