Esiste una stretta correlazione tra l’adozione dell’artificial intelligence, la crescita del fatturato e l’atteggiamento delle figure guida aziendali verso questa tecnologia. Lo dice una recente ricerca commissionata da Microsoft a KRC Research e condotta su un campione di 800 business leader negli Stati Uniti e in Europa (tra cui un centinaio in Italia). Il nostro Paese, in particolare, si contraddistingue per una visione particolarmente ottimistica rispetto al potenziale di crescita offerto da questo “strumento” e lo vede come un importante elemento di leadership. L’Italia, non a caso, è la nazione che ripone la maggior fiducia nel ruolo dell’intelligenza artificiale a supporto dei “decision maker” per definire e consolidare le strategie aziendali e dove, al contempo, emerge la convinzione che questa tecnologia possa contribuire all’affermarsi di uno stile di leadership più attento agli aspetti umani e relazionali. Tesi, quest’ultima, ribadita anche da Barbara Cominelli, Direttore Marketing & Operations di Microsoft Italia, secondo cui “l’AI può aiutare i leader di oggi ad essere più efficienti ed efficaci, abilitando un’evoluzione dall’essere manager all’essere ispiratori/coach e di conseguenza un passaggio dal focus sulla gestione al focus sull’empowerment e la motivazione”.
Le aziende virtuose e l’AI. Le imprese in rapido sviluppo, ovvero quelle che stanno registrando un tasso di crescita a doppia cifra del fatturato, sono decisamente più inclini a utilizzare applicazioni basate su intelligenza artificiale rispetto a quelle a crescita più lenta. Più nel dettaglio, il 41% delle aziende a livello globale che dimostrano maggiore dinamicità in termini di business stanno attivamente implementando la tecnologia (l’AI è parte della corporate strategy o è già integrata nei processi, prodotti e servizi), al cospetto di un 18% di quelle ad andamento più lento. L’Italia risulta essere un po’ in ritardo, ma emerge comunque un gap tra le aziende più e meno performanti: le prime sono attive su questo fronte nel 36% dei casi, le seconde nel 27%.
L’AI per migliorare i processi. La differenza sostanziale legata all’impiego dell’intelligenza artificiale emerge soprattutto in termini di leadership. Chi ha in mano le redini delle aziende in rapida crescita non solo la utilizzano di più ma sentono maggior senso di urgenza rispetto alla sua adozione nell’immediato futuro, non unicamente come strumento di efficienza, ma anche come leva per accelerare lo sviluppo del business. Su scala globale, il 93% delle organizzazioni più virtuose intende investire in tecnologie di AI a supporto dei processi decisionali e per rendere in generale più efficienti i processi in un orizzonte temporale di 1-3 anni, mentre si ferma al 64% (e in un arco temporale più ampio, di 3-5 anni), la percentuale delle imprese a crescita lenta. Più si conosce l’AI, questo l’assunto a cui è giunta Susan Etlinger, analista di Altimeter Group, “maggiore è il senso di urgenza per la sua adozione”.
L’AI e l’impatto sulla leadership. Ricorrere all’intelligenza artificiale non rappresenta esclusivamente una leva d’efficienza, ma una strada per potenziare le loro capacità e modificare alcuni aspetti del loro lavoro. Questa la percezione che hanno maturato la maggior parte dei business leader, convinti del fatto che l’AI possa offrire l’opportunità di amplificare il pensiero strategico: sono in particolare i responsabili delle aziende in rapida crescita i più ottimisti rispetto al supporto fornito dagli algoritmi in termini di problem solving e definizione di orientamenti. In Italia, nello specifico, il 68% delle figure guida dell’azienda è dell’idea che l’artificial intelligence impatterà in modo rilevante su controllo e capacità di risoluzione dei problemi e cambierà completamente la capacità di offrire linee guida strategiche. In entrambi i casi, i manager italiani sono i più ottimisti rispetto ai colleghi di Stati Uniti ed Europa. “I leader di successo – ha commentato in proposito Heike Bruch, Professore di Leadership alla University of St. Gallen – utilizzano l’AI per compiti operativi, ma anche per essere figure di riferimento più efficaci, guidando la crescita, definendo le giuste priorità e guadagnando tempo per ispirare le persone e dedicare più energie alla relazione e motivazione dei dipendenti”.
Le sfide dell’AI. Guardando all’immediato futuro, lo studio registra una comune visione tra l’Italia e il resto del mondo. La principale sfida è adattarsi rapidamente a scenari di marcato nuovi e in cambiamento (lo pensano il 49% delle imprese tricolori e il 47% di quelle a livello globale). Altre priorità sono quindi quelle di sviluppare idee volte a utilizzare l’intelligenza artificiale per offrire valore aggiunto ai clienti (lo pensano il 42% delle organizzazioni censite), la scelta del giusto modello di leadership per guidare l’integrazione della tecnologia nelle attività quotidiane (il 41%) e la necessità di attrarre i giusti talenti e riqualificare i dipendenti per liberare il potenziale dell’AI a vantaggio del business (voce citata dal il 36% delle aziende italiane).