Gli esperti della società di ricerca americana Idc la chiamano “multiplied innovation” e altro non è che la seconda fase della trasformazione digitale, un processo di cambiamento (non solo tecnologico) che si sta avviando alla sua piena affermazione. Mai un’epoca come quella attuale, dicono gli analisti, ha presentato tante opportunità quanto rischi e per questo motivo gestire le complessità imposte da questa trasformazione richiede al management (Chief information officer, Chief financial officer e tutti i C-level) forze multiple, interne ed esterne alle organizzazioni, nuove capacità di leadership, senza trascurare la possibilità di fallimenti e ripensamenti anche sorprendenti.
Perché una tecnologia è smart? La sfida della trasformazione, soprattutto, richiede “tecnologie intelligenti” in grado di abilitare e accelerare realmente la trasformazione e l’innovazione aziendale. Sul significato di “intelligente” attribuito servizi cloud e ai sistemi di intelligenza artificiale e machine learning, alle soluzioni di Big Data & Analytics e all’Internet of Things si sono espressi le aziende italiane che hanno partecipato all’ultimo appuntamento di “Digital Leaders on Stage”, tour itinerante dedicato all’innovazione organizzato proprio da Idc. Ebbene, secondo i Cio e i manager che si occupano del processo di digitalizzazione delle principali imprese e istituzioni italiane, una “tecnologia intelligente” è tale se innova in contesti prima impensabili (lo ha detto il 60% dei rispondenti), abilita un nuovo processo (il 53%), abilita nuove esperienze cliente/utente (il 48%) e trasforma un processo esistente (il 43%).
Decisioni più veloci e mirate. Il compito delle tecnologie, in un’era in cui le aspettative dei clienti e l’efficienza operativa sono condizionate da continui e improvvisi cambiamenti, non può più limitarsi a velocizzare ed automatizzare il lavoro manuale; gli strumenti digitali devono poter risolvere problemi più complessi, legati a una più puntuale analisi dei dati e ai processi di business, rendendo più veloci le decisioni e permettendo alle diverse figure aziendali di essere più coinvolte, informate e precise nella definizione dei risultati. Non deve quindi stupire, spiegano ancora gli esperti di Idc, il fatto che le “tecnologie intelligenti” come quelle sopracitate traineranno la spesa globale in progetti di digital transformation, una spesa che cresce a un ritmo doppio del Pil mondiale e che raddoppierà di valore nell’arco di cinque anni.
Un nuovo approccio di governance. Per i manager appare infatti chiaro come le piattaforme diventeranno sempre più importanti e come i dati saranno sempre più al centro della cosiddetta “intelligent enterprise”, e cioè l’impresa in grado di promuovere al proprio interno la cultura dell’innovazione come fattore competitivo, cambiando l’approccio al business in una prospettiva sempre più digitale. “Le esperienze di innovazione delle imprese italiane – ha precisato in proposito Fabio Rizzotto, Associate Vice President, Head of Research & Consulting in Idc Italia – denotano un cambio di passo significativo in termini di maturità. Sfide e complessità crescenti non stanno frenando, anzi stanno accrescendo la consapevolezza dell’importanza di sfruttare il potenziale di strumenti e piattaforme innovative da un lato e di accompagnare le strategie con approcci nuovi in termini di coinvolgimento, competenze, metodologie e governance dall’altro”. Una gestione più “intelligente” dell’azienda e dell’organizzazione in funzione del business, in altre parole, in cui etica, sostenibilità, trasparenza, performance e automazione diventano elementi centrali e sinergici fra di loro.