Serve una maggiore formazione, da parte delle aziende e del settore pubblico, su temi come il machine learning e l’intelligenza artificiale, la blockchain e l’Internet of Things. L’appello arriva direttamente dai consumatori italiani, una classe di utenti che sempre più frequentemente adotta le tecnologie emergenti nella vita quotidiana ma che ritiene, per l’appunto, di aver bisogno di una preparazione adeguata per capirne fino in fondo i benefici concreti. Non ci si può accontentare, insomma, di definire gli algoritmi dell’AI “un robot” invece di intendere la stessa come una capacità di calcolo eccezionale, integrata in piattaforme e servizi, che permette di creare esperienze più coinvolgenti in tutti i settori.
Grande fiducia nel potenziale delle nuove tecnologie.A fare luce su questa (solo in apparenza banale) tematica è un nuovo sondaggio condotto da YouGov su un campione di 1.030 adulti italiani maggiorenni per conto del colosso del software enterprise VMware. Fra le principali risultanze dello studio è emerso per esempio che la tencologia oggi è nel complesso al centro della vita quotidiana per il 62% degli intervistati; il 67%, in particolare, ritiene che abbia migliorato la loro customer experience nella relazione con i brand, le banche, i retailer e il sistema sanitario mentre il 53% pensa di avere trovato un equilibrio maggiore nella propria vita lavorativa. Poco meno della metà del campione, inoltre, ritiene che la tecnologia abbia permesso di guadagnare tempo libero nella vita privata, sottraendolo ad attività di ordinaria amministrazione, e il 56% conferma di credere anche nel potenziale delle tecnologie emergenti di influire sulle questioni ambientali.
La diffidenza sui dati personali, una sfida da vincere.La questione dei dati personali, la loro conservazione e la loro sicurezza, rimane un nervo scoperto per gli italiani e lo ribasdisce il dato che vede il 62% dei consumatori oggetto di indagine ammettere di non sapere chi ha concretamente accesso alle proprie informazioni. Emerge, inoltre, una differenza netta tra quello che i consumatori sono disposti ad accettare e quello che invece rifiutano: nel primo caso rientrano, per esempio, i dati relativi alla propria salute, nel secondo finiscono invece quelli legati alle proprie finanze. Se il 55% degli intervistati si dichiara preoccupato all’idea di permettere alla propria banca di accedere a dati che riguardano le abitudini di spesa, i viaggi e gli spostamenti (anche se questo permettesse di migliorare la gestione del proprio patrimonio) solo il 30% preferirebbe che fosse un robot (e non un medico tradizionale) ad effettuare un intervento chirurgico invasivo, anche nella certezza di tempi di recupero più rapidi. La diffidenza sull’uso dei dati personali, in altre parole, è una sfida ancora da vincere.
La richiesta di una maggiore trasparenza.C’è però un elemento di confusione che rischia di alimentare ulteriormente il clima di diffidenza: il 39% degli intervistati ammette infatti di possedere una scarsa conoscenza di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things o la blockchain. E chi se non le aziende (utenti) e gli enti pubblici dovrebbero assumere un ruolo di guida nell’educare i consumatori, ad accrescerne la fiducia affichè questi possano adattarsi ai nuovi compiti e ruoli che queste stesse tecnoligie abiliteranno? Allo stato attuale, il 65% degli italiani è dell’idea che entrambi i soggetti non siano abbastanza trasparenti sulle tecnologie adottate e su come le utilizzano e circa il 60% è convinto che proprio le aziende e il settore pubblico debbano svolgere questo compito di informazione. Aspettativa troppo ambiziosa? Secondo Joe Baguley, Chief Technology Officer a livello Emea di VMware, è una “richiesta” lecita. “Le aziende e i governi – ha evidenziato il manager in una nota – devono cooperare per colmare questa carenza di conoscenze e agire di conseguenza, operare insieme alle università per educare in modo più efficace il consumatore sui potenziali benefici della tecnologia. La sfida da vincere, per aziende e governi, è quella offrire un’innovazione che si dimostri capace di differenziare i servizi, entusiasmare i clienti e accrescere il vantaggio competitivo ma questo può essere ottenuto solo attraverso un fondamento digitale che consenta di realizzare esperienze capaci di trasformare il mondo”.