Il mercato e le aspettative delle aziende. Secondo Maurizio Quarta (Temporary Management & Capital Advisors) “le PMI hanno una buona conoscenza del Temporary Management (di seguito TM): l’indagine del 2015 (realizzata da Leading Network e IIM-Institute of Interim Management Italy), rivela che il 60% delle aziende più piccole (sotto i 20 milioni di fatturato) lo conosce. Di pari passo cresce anche l’utilizzo che si assesta intorno al 10-12% a seconda delle classi di fatturato. Positivi i riscontri anche nel caso di aziende molto piccole: nella fascia tra 2 e 5 milioni di euro di fatturato, infatti, la conoscenza dello strumento è pari al 63% con un utilizzo pari all’8%, soprattutto per progetti di lunga durata (es. 24 mesi) e gestiti a tempo parziale. Nella modalità part time/fractional anche realtà molto piccole (es. sotto i 5 milioni) possono accedere allo strumento: in questo modo, è possibile dispiegare sul campo team di temporary manager e veri e propri CdA virtuali, come già in uso da anni nei mercati stranieri”.
L’imprenditore tende a privilegiare aree a più immediato impatto sul conto economico (es. supply chain, produzione, area commerciale), mentre esistono due aree ancora poco battute, risorse umane e finanza, in cui sarebbe possibile generare rilevanti risparmi e ritorni di efficienza con interventi mirati su specifici obiettivi e attività. Ostacoli da superare: sulla finanza, quello, soprattutto psicologico, legato al fatto di dare accesso ai propri conti (oltre al tasto delicato del rapporti con gli altri professionisti presenti in azienda), e sulle risorse umane la comprensione del valore economico di una loro gestione in chiave professionale.
Il mondo imprenditoriale ripone molte aspettative nel TM.
Per Michela Bolondi, Vice Presidente Legacoop e Presidente Proges, “il modello del TM può essere trasferito anche alle aziende cooperative, ma occorre adattarlo alle nostre caratteristiche e ai loro valori specifici. Per innovare non bastano più unicamente risorse manageriali cresciute e specializzate all’interno del mondo delle imprese cooperative, ci vogliono anche risorse provenienti dal mondo industriale privato, che sappiano però porsi in maniera creativa nei confronti di modelli organizzativi e di governance cooperativi. Alcuni dei progetti concreti in cui il mondo della cooperazione ha già fatto ricorso alla figura del TM sono legati all’internazionalizzazione e allo sviluppo di nuove aree di business, all’aumento temporaneo dei volumi di produzione a causa di situazioni non direttamente imputabili alla cooperativa stessa, la ristrutturazione aziendale, riassestamento economico e finanziario”.
Per Stefano Marabotto (Consorzio Rete innovativa Regione Veneto Innosap): “il ruolo trasformativo del temporary manager è in grado di guidare processi chiave per lo sviluppo del comparto Agrifood: es. la transizione verso l’Agricoltura 4.0 o la promozione, anche attraverso tracciabilità e blockchain, di sistemi di produzione innovativa.
Nino Salerno di Sicindustria, di cui è stato anche Presidente, identifica con chiarezza almeno due ambiti in cui il TM può essere un valido supporto per l’imprenditore: “il primo, quello bancario: non sempre l’imprenditore è attrezzato per poter far fronte – solo con le proprie competenze e conoscenze –a un progetto complesso con un istituto di credito. L’altro grande ambito è quello dell’internazionalizzazione: sbarcare su un mercato estero richiede competenze ed esperienza. L’internazionalizzazione non si improvvisa”.
Secondo Felice Coppolino, di UNICOOP, “nel contesto attuale trova ottima collocazione lo strumento del TM che riesce ad ottimizzare le relazioni tra un sistema bancario rigido e il sistema imprenditoriale flessibile, individuando forme di relazione e di approccio progettuale per le imprese”.
Per Andrea Ricciardiello (Gruppo Giovani Unione Industriali Napoli) “l’attività di un Temporary Manager può senz’altro agevolare l’introduzione all’interno delle PMI di concetti quali ad esempio produttività, analisi delle performance, competenze e reskilling. Nel nostro Paese, la produttività è molto spesso legata ad un concetto di intensità di lavoro, mentre dovrebbe essere legata ad un concetto di forza produttiva.
Il mondo bancario. Specialmente in un contesto di crisi la bancabilità del temporary management può essere un importante elemento a support, ma che richiede un salto mentale a entrambe le parti.
Secondo Marcello Dall’Aglio (Crédit Agricole Italia) “Il mondo delle PMI è ancora in media connaturato da una certa sottomanagerializzazione: in imprese ormai troppo complesse per essere gestite da una persona sola, spesso l’imprenditore mantiene il ruolo di unico decision-maker, mentre sarebbe opportuno che riservasse per sé le scelte strategiche, e delegasse in maniera piena un team di manager che dovrà scegliere, motivare con obiettivi specifici e valutare nelle performance. La stessa complessità assunta dall’impresa aumenta inoltre il numero di stakeholder: le banche, i dipendenti, il sottosistema economico di cui fa parte, lo Stato, l’ambiente e così via. Questa maggiore responsabilità si dovrà tradurre in un più elevato livello di disclosure; nel caso specifico degli Istituti di Credito, in una maggiore formalizzazione e condivisione di cosa l’azienda è, e soprattutto di cosa intende diventare. In sintesi, una maggiore managerialità nelle PMI non potrà che migliorare la qualità dell’interlocuzione con gli Istituti di Credito”.
Andrea Berna e Angelo Rizzotto (Banca Ifis) invitano le PMI a riflettere: “l’importanza del management nell’impostare un confronto trasparente e costruttivo con la banca la sua capacità di raccontare l’impresa, attraverso informazioni hard e soft; business plan credibili e realizzabili, capaci di mettere nero su bianco la visione dell’imprenditore; … capacità di instaurare un dialogo trasparente. La trasparenza vince sempre. Il TM è uno strumento prezioso nel processo di rafforzamento manageriale delle PMI, che certamente può favorire un dialogo virtuoso e trasparente con le banche. Molto interessante l’ipotesi di cooperazione tra sistema pubblico e sistema bancario”.
Secondo Amedeo Manzo (BCC Napoli) “Il credito bancario è necessario al rilancio dell’economia, ma non può essere uno strumento soltanto di carattere algoritmico, arido. Noi abbiamo bisogno di Speranza…una speranza che naturalmente deve essere “sostenibile”, dove il termine sostenibile significa bancabile e quindi deve diventare pratica, concreta, erogabile, finanziabile. Ma se seguiremo le attuali regole di carattere europeo, ciò resterà soltanto utopia. Invece, a mio avviso, va seguito il modello del “Rating Umano”, quella filosofia creditizia che tiene presente sicuramente della “sana e prudente gestione”, dell’attenzione alle “regole del buon senso”, alle garanzie, ma non solo patrimoniali. Ma è altresì vero che c’è bisogno di dialogo, che si tenga presente il rapporto con la gente, della centralità delle persone e quindi dell’esigenza di attingere informazioni anche sull’iniziativa, sulle aziende,sulla storia delle clienti, che non sono numeri bensì persone, sul loro programma, sul “business plan” e le loro prospettive e non si fermi”.
Immagini e visioni dal mondo accademico. L’accattivante metafora del tap manager di Paolo Gubitta (CUOA) delinea i tratti di base del TM: “se Il temporary manager per un periodo si dedica in modo esclusivo ad un’impresa, come organo continuo (full time) e temporaneo, il fractional manager si configura come organo discontinuo (part time) e tendenzialmente permanente (la collaborazione è continuativa perché collegata ad attività ordinarie), senza però confondersi con la consulenza”.
Da parte sua, Salvatore Tomaselli (Università di Palermo), ha evidenziato come l’attuale contesto “richieda un approccio di strabismo strategico, che, mentre tiene sotto minuzioso controllo tutte le variabili necessarie per fronteggiare le ricorrenti emergenze nel breve e brevissimo periodo, dedica altrettanta attenzione ad osservare lo schermo radar per individuare e monitorare le minacce ed opportunità ancor prima che esse giungano al contatto visivo. Il TM può offrire un grande contributo alle PMI potendo mettere disposizione delle imprese risorse che possano dedicarsi alla soluzione dei problemi di più breve periodo, lasciando il vertice aziendale libero di dedicarsi alla strategia per il futuro”.
Marcello Martinez (Ordinario di Organizzazione aziendale Dipartimenti di Economia, Università della Campania Luigi Vanvitelli): “nei fatti il Temporary Manager si colloca all’interno del modello organizzativo gerarchico esistente, entra dunque nella Piramide, e si immerge nell’atmosfera aziendale. Il suo ruolo mi ricorda quello di un Indiana Jones, di un esploratore, di una guida, che non “vende” modelli organizzativi alla moda e on the shelves, ma invece dall’interno innesca alcune dinamiche tecnico relazionali che, proprio grazie al suo essere Temporary, consentono alla Piramide di evolvere velocemente, ma senza pericolosi “cedimenti strutturali”.
Il rapporto manager imprenditore. In tutti gli incontri il tema del dialogo manager-imprenditore è stato evidenziato come un fattore tuttora critico e che necessita di una particolare attenzione.
Vincenzo Boccia giustamente sottolinea che le imprese “devono metabolizzare il concetto che un dirigente, pur se con esperienza nella grande impresa, può fornire competenze strategiche anche per una azienda di piccole dimensioni”, ma anche che i manager “dovrebbero avvicinarsi maggiormente alle PMI, imparando a comunicare in modo chiaro quali benefici le aziende potrebbero trarre dal loro inserimento, anche temporaneo”.
Il punto è che ci sono oggi molti manager disponibili sul mercato (e purtroppo si aspetta che ne arriveranno altri nei prossimi mesi), ma esiste ancora un disallineamento qualitativo tra le competenze necessarie per lavorare con le PMI e quelle rintracciabili nei molti manager che provengono da grandi gruppi internazionali, che si abbina ad un disallineamento ideologico tra chi porta avanti un discorso, totalmente legittimo peraltro, di ricollocamento di dirigenti in mobilità e di status dirigenziale e imprese, specie PMI, che hanno bisogno di flessibilità e di operare più che mai a costi variabili.
In tutte le testimonianze presentate in abbinata tra temporary manager e imprenditore, l’elemento vincente per farne un caso di successo è stata l’interazione virtuosa e positiva tra temporary manager e imprenditore.
Utilizzare bene un temporary manager richiede un cambio mentalità. Secondo Maurizio Castro (Gruppo ACC), “si richiede un viraggio vigoroso dalla consuetudinaria concezione ‘’proprietaria’’ dell’azienda a una nuova e scandita concezione ‘’istituzionale’’ e competenze tecnico-gestionali articolate e sofisticate tipiche di un management esperto e internazionalizzato per una alleanza sul campo tra i ceti imprenditoriale e manageriale, nella comune consapevolezza di essere insieme, e solo insieme, ceto dirigente che agisce nell’interesse generale del Paese.
Per dirla in breve, bisogna insegnare ai manager a lavorare e interagire con l’imprenditore e quest’ultimo come utilizzare al meglio un temporary manager.
Per approfondimenti www.temporary-management.com