Secondo un’indagine di Boston Consulting Group (BCG) pubblicata a fine 2020, in tutto il mondo, almeno 1,3 miliardi di persone sono sovraqualificati o sottoqualificati. Per i Paesi Ocse, si parla di un lavoratore su tre. Un dato significativo che rende l’idea dello scollamento che c’è tra le competenze richieste dal mercato e quelle offerte dai professionisti. Ne consegue che, spesso, le aziende sono tenute a dover formare internamente, o finanziando dei corsi esterni specifici ai propri dipendenti. La formazione continua, infatti, rappresenta per le imprese italiane una cospicua quota dei propri investimenti. Secondo le stime di Performance Strategies[2], azienda italiana leader nella formazione business, le aziende spendono in media dai 4.000 ai 7.000 euro annui a dipendente. Una vera e propria esigenza di formazione, quella delle aziende, che molto probabilmente si riscontrerà anche nel prossimo futuro, in cui sarà sempre più richiesta una combinazione tra competenze tecniche, in primis quelle legate alle nuove tecnologie, e competenze soft per intercettare e rispondere alle mutevoli necessità dei consumatori.
Saper mettere a sistema i bisogni reali delle persone con il business e il funzionamento dell’azienda è una di quelle capacità che sarà sempre più necessaria. Proprio da questa necessità di formazione nasce The Human Centered Design School, un percorso formativo innovativo nel panorama italiano nato con l’obiettivo di formare lo Human Centered Design Strategist, una nuova figura professionale in grado di connettere i bisogni dei clienti con il funzionamento dell’organizzazione interna.
Maria Cristina Lavazza, experience design, autrice di libri come Radical Collaboration (2018) e Comunicare la User Experience (2012) e di business game cards come UX Domino Cards (2016) e Designer in Gioco (2020), docente di master e corsi professionali e universitari (IULM, Luiss, Rufa, Università di Bari) spiega in 5 passi cosa possono fare le aziende per mettere in atto una trasformazione all’insegna dello human centered design.
1- Identificare sfida e strategia: accendere la miccia
Le aziende si trovano spesso a dover affrontare nuove sfide, è quindi importante saperle accogliere nel giusto modo per non rischiare di restare fuori dal mercato. Questa è una fase fondamentale del processo perché spesso lo sforzo non è indirizzato a risolvere il problema profondo che provoca la criticità all’offerta. È in questo momento, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interni coinvolti , che inizia la trasformazione nel modello aziendale.
2- Coinvolgere i destinatari finali, ma non solo
Un progetto è risolutivo se tiene conto delle esigenze dei destinatari finali del servizio. Diventa dunque indispensabile identificare cosa scoprire, la strategia di ricerca più adeguata a raccogliere i bisogni e le aspettative dei destinatari del servizio. Fare un’attività di ricerca non è una semplice raccolta di dati, è importante essere preparati con approcci specifici, con le giuste competenze di gestione delle persone e di comunicazione, ma anche a scoprire l’inaspettato e lo scomodo.
3- Sintetizzare quanto appreso e rappresentarlo
Una volta conclusa l’attività di raccolta dei bisogni e delle aspettative, i risultati vengono trasformati in strumenti azionabili: personas, scenari, customer ed experience journey map in grado di rappresentare i dati raccolti, ma soprattutto di innescare la progettazione e le scelte successive.
4- Scandagliare aspetti peculiari del progetto
Identificati i temi chiave che definiscono il problema entrano in gioco aspetti specifici dell’esperienza delle persone. In questa fase possono essere condotti approfondimenti verticali dell’idea progettuale da portare avanti: design di prodotto, di servizio, di contenuto, di brand, tecnologico e omnichannel.
In questa fase l’expertise verticale può rivelarsi decisiva nella definizione di soluzioni innovative, che sono comunque sempre calate nella realtà delle persone a cui il servizio è destinato.
5- Elaborare soluzioni e definire percorsi e linee guida
La messa a sistema delle aspettative del business con i bisogni dei clienti permette di elaborare soluzioni strategiche, proposte e idee che intervengano sul problema. Questa fase finale del percorso, che prevede un coinvolgimento continuo di tutti gli attori dell’ecosistema (linee di business, clienti, fornitori, prospect, etc.) ha la capacità di identificare soluzioni win win ovvero che restituiscono valore a tutti.
Allora anche la narrazione di tali risultati deve necessariamente adeguarsi al modello: non più dati, report o power point, ma solo la potenza di supporti visivi e visionari.
È a questo punto che la scintilla del cambiamento si è innescata.
“I 5 passi presentati sono la base del percorso che offriamo ai professionisti che aspirano a diventare Human Centered Strategist. Questa nuova figura con il tempo diventerà indispensabile a quelle realtà che sapranno trasformare l’offerta e il proprio modo di essere sul mercato in base ai bisogni dei clienti. Dalla mia esperienza di formatrice e professionista human centered mi sento anche di aggiungere un dettaglio in più (e non me ne vogliano i colleghi maschi :): la propensione femminile all’analisi e l’innata capacità di vedere oltre il visibile fornisce a noi professioniste-donne uno spazio privilegiato. Sarebbe un peccato non approfittare di questo nostro super potere che ci dà una marcia in più”.
Contributo a cura di Maria Cristina Lavazza.