In questi anni ho visto diffusa a tutti i livelli una grande confusione tra networking e raccomandazione e questo vale sia per manager che per i più giovani: spesso deriva dall’identificarlo, confondendo i piani, con la “raccomandazione” tristemente e diffusamente nota nel nostro paese a tutti i livelli. Nel libro scritto a maggio 2016 con HOEPLI definivo il Networking come una prestazione di beni, servizi o informazioni che viene effettuata senza alcuna garanzia di restituzione (non c’è infatti un obbligo giuridico né di altro tipo tra le persone) con l’obiettivo di alimentare, rafforzare o creare ex novo un legame sociale tra 2 o più persone.
L’impegno è quello di “liberarlo” dalla accezione negativa e farlo conoscere nel suo significato profondo e nei suoi diversi ambiti di applicazioni, ancora inesplorati. Solo oggi il networking, grazie ai social, inizia a trovare una nuova “dignità” di meta competenza manageriale strategica in grado di accelerare interconnessione di relazioni, saperi e competenze dove, nella dialettica con l’altro, la parola magica rimane la creazione di valore.
La vera forza del networking, anche in questo ribollire digitale, continua a essere la generosità: occuparci degli altri, nei limiti del nostro tempo e possibilità, creando valore per l’altro e lasciarsi con buoni rapporti alle spalle aiuta è il presupposto per creare legami che rimarranno nel tempo grazie alla fiducia reciproca e che potranno dare identità e continuità alle persone e questo dovremmo iniziare a insegnarlo sin dai banchi di scuola ai nostri ragazzi. E allora tratteggiamo 9 comportamenti virtuosi per fare maggiore chiarezza tra chi agisce il networking e chi invece la raccomandazione così da evitare utilizzi impropri.
Un networker deve offrire/rappresentare un vantaggio, promuovere relazione tra pari (peer to peer), dare prima di chiedere (giver), creare valore, lasciare l’altra persona “libera”, senza pressioni, essere gentile nei modi e nei toni oltre che metterci la faccia (meritocrazia). Un buon networker, inoltre, deve dare senza aspettarsi nulla ed essere positivo, senza pressare.
Chi raccomanda, invece, anzitutto chiede per il proprio tornaconto, instaura una relazione di potere (clientelismo), chiedere in primis e per sé (taker). Oltre a creare dipendenza (do ut des), chi raccomanda spesso pretende e si mostra arrogante sia nei modi che nei tono. Non gli importa di “perdere” la faccia (calpestare meritocrazia) e il suo dare è finalizzato ad avere qualcosa infatti, spesso si ritrova a mettere pressione per il proprio bisogno.
Il networking è una meta-competenza, a mio avviso la più strategica per qualsiasi professionista che voglia rimanere competitivo sul mercato del lavoro, in grado di aprire tante nuove strade: alcuni l’hanno intuito o hanno avuto il coraggio/saggezza di percorrerlo sapendo che ogni giorno fanno qualcosa di concreto per costruire un mondo migliore senza dover aspettare che qualcuno faccia la prima mossa. Atri invece rimangono fermi al palo, spesso per tutta la vita.