Tra gli impatti dell’emergenza Covid 19 c’è il mondo del lavoro e i suoi modelli organizzativi. Cosa ci lascerà questa esperienza forzata? Siamo all’alba di una svolta nei modelli di gestione delle risorse umane? Ne parliamo con il professor Luca Solari, una delle menti più brillanti che abbiamo sul campo dell’organizzazione aziendale e autore del testo Freedom Managementche che uscirà a fine maggio 2020.
Si fa un gran parlare di come l’emergenza epidemica abbia impattato sull’organizzazione e le modalità di lavoro. Si evoca costantemente lo smart working, almeno per quelle categorie che vi possono ricorrere. In realtà, la definizione che mi sembra più appropriata è quella di “emergency working”. Stiamo reagendo ad un’emergenza lavorando da casa o stando in cassa integrazione. Cosa rimarrà e cosa invece lasceremo alla spalle dopo l’esperienze di questa fase straordinaria quando torneremo all’ordinario?
Abbiamo imparato in tempi rapidissimi quanto le persone siano veramente adattive. Quello che prima del febbraio 2020 sarebbe sembrato uno scenario apocalittico si è risolto in qualche problema soprattutto di dotazione presto superato dalla disponibilità e dalla responsabilità di tantissimi lavoratori. Rimane certamente il problema di chi non può lavorare da distanza e sta vivendo questa fase con molta preoccupazione perché non è chiaro quando riprenderemo e se riprenderemo con lo stesso livello di occupazione, cosa quest’ultima purtroppo molto poco probabile. Per gli altri questa esperienza ha sviluppato nuove competenze e ha reso consapevoli del fatto che ci si può organizzare in modo diverso. Il rischio che vedo è che il management accarezzi l’idea di poter far ripartire la macchina come prima. Non potrà essere così perché le persone che si sono dimostrate autonome avranno la legittima aspettativa di un altro modo di lavorare. E il management non avrà più gli alibi del passato. Giusto per chiudere ricordiamoci che c’era una maggioranza delle direzioni aziendali italiane che riteneva una conquista o meglio una concessione il fatto di consentire una volta ogni due settimane di stare a casa per un giorno.
In realtà è da molto tempo che si sta discutendo di cambiamento nelle organizzazioni a seguito soprattutto di processi profondi in atto dovuti all’avanzare dirompente delle nuove tecnologie, alla forte competitività e incertezza sui mercati nazionali e internazionali, alla individuazione di modelli di organizzazione più attuale e suggestivi. Queste tendenze in atto prescindono l’attuale momento. Come impatteranno?
Abbiamo vissuto nel contempo due esperimenti scientifici incredibili. Il primo ha portato alla falsificazione delle teorie manageriali in cui abbiamo creduto per più di un secolo e che ci portavano a credere ad esempio che servisse il controllo di un capo per far funzionare l’organizzazione o che il lavoro a distanza richiedesse investimenti costosissimi e lunghi per poter funzionare. Nello spazio di una notte queste credenze sono state spazzate via (e dovremo chiedere conto a chi le aveva diffuse: consulenti e manager che evidentemente non valevano e non valgono più di tanto). Il secondo è la pervasività reale della tecnologia che già nell’immediato ci ha consentito di continuare ad operare. Certo, ci sono ancora aree difficili da raggiungere e questo sarà un tema politico importante, una priorità ben superiore rispetto alle insulse discussioni pre-covid19 su immigrati o sovranismo.
Quali delle teorie e pratiche di rinnovamento e cambiamento delle organizzazioni avranno seconde te una forte spinta nel post-coronavirus?
C’è già una grande attenzione sull’idea di un’organizzazione più democratica e più autonoma. Temo che il middle manager abbia di che preoccuparsi, visto che in molti casi le organizzazioni stanno operando senza capi intermedi o a prescindere dalla loro presenza. Ci siamo resi conto che se cambiamo i condizionamenti e le premesse organizzative le persone sono in grado di coordinarsi Sono modelli già presenti nella discussione ma spesso considerati un po’ utopici o praticabili solo nelle piccole organizzazioni come la sociocracy, l’olocrazia o la organizzazione teal. Ciò che gli accomuna come discuto nel mio libro Freedom Management che uscirà a fine maggio in edizione italiana, completamente rivista, è che sono esempi della transizione dall’archetipo tradizionale di stampo taylorista ad un nuovo archetipo di organizzazione basata sull’autonomia e la libertà.
Il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro è diventato centrale nelle relazioni industriali di questo periodo, è un fiorire di accordi in tal senso. E’ una buona notizia, mi pare.
Era ora che ci rendessimo conto che le discipline della anticipazione come le chiamo io, quali sicurezza, compliance, risk management non sono esercizi di stile come spesso sono state trattate dalle persone e dal management anche di vertice. Un’organizzazione è un sistema complesso ma a volte anche fragile e dobbiamo dedicare del tempo alla sua manutenzione preventiva, oltre che correre a mettere le pezze dopo che i problemi si sono presentati. Nel piccolo questo nuovo orientamento segnala la necessità di un cambio di rotta a partire dai vertici aziendali, troppo affezionati alla propria immagine e poco dedicati a fare quello che è il loro vero lavoro: far funzionare le organizzazioni!
Certamente quando si avvierà la fase due ci sarà la necessità di ricorrere ad una flessibilità spinta del lavoro. Come immagini questa fase?
Alcune idee che in altro contesto avevamo condiviso con Francesco Rotondi nel nostro libro su Job Apps possono declinarsi bene in questo contesto. Se si riusciranno a modificare i moloch gerarchici delle organizzazioni sarà possibile costruire modi di lavorare diversi, magari orientati all’idea degli OKR (Objectives e Key Results), cioè strumenti che consentono alle persone di collaborare in una logica partecipativa e autonoma. Se svilupperemo organizzazioni così flessibili rimarrà da chiederci perché dobbiamo considerare il rapporto di lavoro ancora rigido come quando tutti stavamo dentro i capannoni delle industrie. Sono riflessioni che con il mio team di OrgTech (una comunità professionale innovativa) porto avanti da tempo e per questo abbiamo creato un sito nel quale mettiamo a disposizione soprattutto delle PMI strumenti e logiche molto semplificate per attivare questa trasformazione necessaria.