Se ne parla molto e si scrive molto. Dotati di buone intenzioni, di progettualità future, di impegno a fare, ci troviamo a confrontarci, discutere, più o meno coinvolti e appassionati, sull’argomento del momento: le donne e il loro spazio nel mondo del lavoro. Argomento che almeno in Italia rappresenta ancora una questione aperta. E, diciamolo pure, irrisolta.
Tutto questo fermento continua a scontrarsi contro il muro di gomma degli stereotipi, dei pregiudizi, dell’inerzia, nonostante le buone intenzioni che hanno animato il Legislatore, i convegni manageriali dove spesso ci si converte tra convertiti e qualche illuminato dentro alle aziende.
Le quote rosa. Ogni giorno tocchiamo con mano i molti ostacoli che condizionano le donne nel mondo del lavoro esterni ed interni all’agire quotidiano delle professioniste che desiderano avere pari opportunità. E a volte sembra inevitabile dover forzare la situazione: le quote rosa, sono un esempio. Ci hanno fatto guadagnare uno spazio nella rappresentatività da una parte anche se non sono immuni dai vecchi metodi selettivi che spesso finiscono per non premiare il merito. Ma mi chiedo, cosa accadrebbe se non ci fossero? Almeno hanno dato la possibilità ad alcune di noi di vedere riconosciute le proprie capacità.
Una strada in salita, ma ancora tutta da percorrere. Sono convinta, poi, che anche noi donne dobbiamo metterci in discussione, se vogliamo davvero scalfire quella svogliatezza culturale che ancora domina la realtà di molte aziende. Vedo ancora troppa conflittualità e sudditanza oltre che un’ingiustificata convinzione nei nostri mezzi e nelle nostre potenzialità. Ecco perché molta strada resta ancora da percorrere. E non bisogna abbassare la guardia, scoraggiarsi o desistere finché nella quotidianità della vita lavorativa non seguiranno comportamenti coerenti con le intenzioni manifestate. Possiamo fare di più.