Le buone intenzioni ci sono, a mancare (come spesso accade) sono i progetti concreti. E nel campo delle risorse umane, questa dicotomia appare in diversi casi molto evidente. E non stiamo parlando dello smart e remote working, modello per cui le aziende italiane hanno sicuramente molta strada da fare ma è un dato di fatto che questa forma di lavoro si pratichi oggi in circa due terzi delle imprese. Gli esempi di cattiva adozione delle tecnologie digitali a supporto dei processi di Hr sono invece altri (li vediamo di seguito) e hanno indotto Andrea Burocco, Ceo e cofounder di Fluida (piattaforma cloud di Employee relationship management), a una considerazione che dice molto: “l’ecosistema aziendale italiano ha ancora molto da fare per giungere a una gestione efficiente del personale”.
Badge e cartellino in quattro aziende su dieci. Gli indicatori emersi dal “Digital Workforce Report 2019” realizzato proprio da Fluida – rilevando i comportamenti di imprenditori, manager e responsabili delle risorse umane di oltre 150 aziende italiane fino a 5mila dipendenti – alzano diverse ombre sull’effettivo grado di maturità digitale dei processi di gestione del personale, a fronte di uno scenario occupazionale sempre più liquido, in cui spesso gli addetti non operano in sede. Le modalità di rilevazione delle presenze rendono bene l’idea delle “anomalie” ancora presenti: l’obbligo di possedere un badge interessa infatti il 31% delle realtà censite, mentre il 7% si affida ancora a un cartellino cartaceo; solo in una piccolissima porzione di aziende (il 3%) si utilizzano sistemi basati sulla lettura di impronte digitali e solo nel 5% dei casi si sfruttano le potenzialità dello smartphone. Ciò che emerge in modo evidente, a detta degli autori del rapporto, è quindi lo scollamento esistente tra le reali esigenze (d’uso e di interazione) degli utenti finali e i sistemi per la gestione delle Hr attualmente impiegati da una buona fetta della realtà italiane, dove imperano dispositivi di rilevazione locale, conteggi manuali o l’assenza totale di tracciamento.
La contabilità delle assenze non si fa con il software. Il dato forse più preoccupante, anche per ciò che concerne la questione della sicurezza, riguarda la percentuale di imprese (che arriva al 60%) impossibilitate a conoscere in tempo reale quali e quanti addetti siano operativi in un preciso momento e da quale luogo. Un handicap che si specchia, non a caso, nel 39% di organizzazioni che sono solite tracciare le presenze attraverso strumenti “analogici” e nel fatto che, anche nei casi in cui sono adottate soluzioni digitali, non è sempre possibile ottenere informazioni “on demand”, a causa della scarsa accessibilità a dati che non risiedono in infrastrutture appoggiate al cloud. Il discorso è molto simile sul fronte delle assenze: due aziende su tre non ricorrono a software dedicati per registrare in modo automatizzato i giorni di malattia e di assenza di dipendenti e collaboratori e c’è addirittura un 14% di imprese che si avvale di un modulo cartaceo per la comunicazione di ferie e permessi. Per contro, solo il 17% delle organizzazioni oggetto di indagine si appoggia ad applicativi accessibili anche da mobile. Manca, ed è una mancanza esplicita, la consapevolezza che gli strumenti tecnologici possano concretamente generare vantaggi e benefici? Colpa di responsabili Hr poco ricettivi al verbo del digitale? Non sempre. E lo dice il dato che vede un dipendente su tre, in presenza di sistemi poco “user friendly” o procedure complesse, non utilizzare regolarmente gli strumenti forniti per tracciare permessi e attività svolte (i cosiddetti “timesheet”).
C’è molta strada da fare. Il rischio di “pericolose” inefficienze legate a uno scarso (o improprio) utilizzo delle tecnologie si fa sentire soprattutto in attività a basso valore aggiunto come la rendicontazione periodica. In nove aziende su dieci, come ha rilevato l’indagine, è necessario che una persona si occupi in modo dedicato a controllare i dati sulle presenze e le assenze mensili, per comunicarli a chi elabora le paghe. Nel 55% delle aziende questo compito è in carico all’ufficio amministrazione, nel 26% se ne occupa un capo reparto e in alcuni casi (6%) anche lo stesso titolare dell’impresa. Di poco migliore la situazione per quanto riguarda il monitoraggio di freelance e collaboratori esterni: nel 69% dei casi non vengono impiegati sistemi digitali di tracciamento e analisi per gestire la relazione con queste figure e nel 27% dei casi il controllo è manuale o basato su modalità di inserimento dati facilmente soggette ad errore. La soluzione per uscire dall’impasse? Secondo Burocco c’è e passa dal digitalizzare l’intero processo. “Così facendo – ha spiegato il manager – si raccolgono dati preziosi sulla forza lavoro da poter integrare ad altri strumenti, dai software di elaborazione paghe a piattaforme di analytics fino a sistemi che incentivano la meritocrazia, snellendo nel contempo la burocrazia legata a queste attività”.
Fluida Digital Workforce Report 2019: link allo studio