I fattori finanziari diventano così anche fattori non finanziaricon un forte impatto sulle risorse umane, la cultura aziendale, i valori su cui fondare comportamenti responsabili.
I diciassette obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite sono stati introdotti nel 2015 come una serie di obiettivi accettati a livello globale che devono guidare governi, aziende, investitori e una varietà di altri portatori di interessi verso il raggiungimento della prosperità economica, ambientale e sociale entro il 2030. Gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile comprendono, tra gli altri, l’attenzione alla vita sulla terra e sotto l’acqua, la riduzione delle disuguaglianze, il lavoro dignitoso e la crescita economica, l’uguaglianza di genere.
Anche nelle aziende, soprattutto in quelle quotate in borsa e più a contatto con la comunità di investitori finanziari, si sta diffondendo l’attenzione verso la ESG (Environmental Social Governance), acronimo che si utilizza in ambito economico e finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile e che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria, tenendo in considerazione la gestione degli aspetti di natura ambientale e sociale. Chi include nella strategia della propria gestione aziendale fattori ESG, lavora dunque sulla sostenibilità ed è attento agli impatti delle proprie azioni sia sull’ambiente sia sulle dimensioni sociali esterne ed interne all’impresa.
Molte istituzioni finanziarie e investitori istituzionali e professionali stanno indirizzando i loro investimenti verso società che offrono un contributo positivo alle sfide di sviluppo sostenibile del mondo. Questo incoraggia le aziende ad affrontare e valutare in modo strategico i fattori ambientali e sociali, al fine di ridurre i rischi e sostenere i rendimenti nel lungo termine, dando un contributo positivo alla società e all’ambiente. È evidente che investire in modo strutturato su fattori di sostenibilità o ESG comporta innanzitutto volontà di farlo, nonché tempo, risorse, strutture.
In realtà, a fianco di imprese e organizzazioni attente solo ai risultati economici e di profitto della gestione, esistono anche molte imprese, sia grandi che meno grandi, che perseguono, nei fatti, politiche sociali e ambientali. L’Italia infatti non solo è il Paese di Olivetti, ma anche di molte imprese da sempre attente al sociale e all’ambiente. A tutti è noto il Villaggio Crespi D’Adda, patrimonio Unesco, simbolo dell’attenzione alla vita dei lavoratori, ma il FAI ha recentemente aiutato a riscoprire anche il villaggio “ideale” di un’altra grande fabbrica tessile nel paese di Varano Borghi, vicino a Varese, esempio ancora poco conosciuto di villaggio industriale-operaio del Novecento con case per gli operai, strade ben organizzate per congiungere i diversi punti, servizi per gli abitanti.
A citare altri esempi, attuali, di attenzione delle imprese verso il territorio e i dipendenti, si fa certo torto ai molti che non si riesce a nominare. Molti sono gli imprenditori impegnati nel sociale e nella salvaguardia del territorio, così come molte imprese sostengono diverse attività e organizzazioni no profit. Certo di solito fa più notizia l’accordo di welfare del grande marchio, del brand noto al pubblico, ma tante aziende, di medie o grandi dimensioni, perseguono politiche e azioni attente al territorio e ai dipendenti. Lo sanno anche i fondi di private equity quando entrano in contatto con queste realtà per le loro due diligence.
Aziende virtuose non solo riducono l’uso della plastica in azienda, ma hanno anche un ambulatorio medico con cinquemila visite gratuite l’anno o hanno appena concluso con successo un corso di informazione e formazione sulla violenza sulle donne rivolto alle dipendenti donne e alle figlie di tutti i dipendenti. Molte aziende hanno al loro interno dipendenti di differenti nazionalità e praticano politiche di inclusione sociale avendo trovato soluzioni per gestire al meglio diversità etniche e culturali in azienda. Altre concedono del tempo ai dipendenti per fare attività di volontariato o hanno trovato intelligenti soluzioni di welfare e smartworking.
I fattori finanziari diventano così anche fattori non finanziari con un forte impatto sulle risorse umane, la cultura aziendale, i valori su cui fondare comportamenti responsabili. Gestione delle diversità etniche, culturali e di genere, formazione, reclutamento e selezione, remunerazione e politiche di welfare, sicurezza sul lavoro, vanno viste non solo come risposta ad obblighi normativi o attività di routine gestionale, ma anche come azioni in cui trasferire, in modo coerente, un orientamento alla sostenibilità ambientale e sociale, che, nel lungo periodo, avranno un impatto positivo anche sulla reputazione finanziaria e sul business.
Spesso le aziende virtuose avrebbero solo bisogno di mettere a sistema queste iniziative e renderle pubbliche anche nei confronti della comunità finanziaria, superando il linguaggio specialistico, da addetti ai lavori. Per potere diffondere e implementare sempre più la visione di Bob Chapman, CEO della multinazionale Barry-Wehmiller: “Costruire un’azienda dove vorresti mandare a lavorare le persona che ami di più”.