La lezione frontale è inadeguata, allora perché resta la metodologia didattica più utilizzata a scuola e all’università? Per tradizione! Non esistono altre ragioni. Si fa così perché si è sempre fatto così, punto. Incuriosito, ho approfondito la questione. La lezione frontale è un modello didattico che ci trasciniamo dalla notte dei tempi e che, neuroscienze a parte (ma le neuroscienze sono nate solo dopo la metà del secolo scorso, quindi in tempi relativamente recenti) da noi non è mai stato messo davvero in discussione. La nascita della lezione frontale va ricondotta addirittura alla trasmissione orale della poesia ed in particolare alla narrazione dei poemi omerici nel mondo della Grecia antica, popolato dai cantastorie. Prima dell’invenzione della scrittura, infatti, la cultura veniva trasmessa oralmente da figure come aedi e rapsodi, attraverso racconti in versi, come lo erano i poemi omerici.
Questi erano veri e propri espedienti narrativi che, attraverso le gesta degli eroi, contenevano e rappresentavano l’insieme dei valori e dei costumi che il popolo greco doveva acquisire. La forma della poesia in versi, la metrica, serviva a garantire un maggiore imprinting dei contenuti. Così come lo scenario nel quale il racconto avveniva: la rappresentazione teatrale. Le capacità dell’attore contribuivano, attraverso l’uso sapiente di gestualità, modulazione della voce e prossemica, a favorire l’apprendimento. La lezione frontale è così arrivata fino ai giorni nostri. Quella attuale ha ereditato l’impostazione rappresentativa dal teatro antico, ma non l’efficacia cognitiva: c’è sempre una persona al centro della scena che parla (il docente) e delle persone che ascoltano (i discenti), ma non c’è più apprendimento e memorizzazione dei contenuti. Ed è facile intuirne il perché: non si può paragonare, in termini di efficacia trasmissiva, la performance di un docente odierno con quella di un aedo. Così come non si può paragonare il potere evocativo della maggior parte dei temi trattati oggi a lezione, rispetto alla forza coinvolgente dei poemi omerici.
Perché allora non approfittare di questa pausa forzata della didattica tradizionale, per riflettere su questi temi e prepararsi a tornare in aula con l’obiettivo di rinnovare l’apprendimento: con nuove metodologie, con nuovi argomenti, e con nuove tecniche espositive?
Una serie di soluzioni potrebbero provenire dalla formazione manageriale che, soprattutto negli ultimi anni – dovendo stare al passo dei rapidi cambiamenti del mondo del lavoro – ha sviluppato una molteplicità di metodologie didattiche evolute, efficaci e partecipative. Una sfida potrebbe essere quella di utilizzare nelle aule scolastiche (fisiche o virtuali che siano) tecniche già sperimentate con successo nella formazione aziendale. Si potrebbe anche pensare a professori affiancati da coach o da facilitatori dell’apprendimento.
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