Adattarsi ai repentini cambiamenti innescatisi dall’innovazione tecnologica non sempre è facile ma, quasi sempre, è fondamentale per la sopravvivenza di organizzazioni e imprese. Ed è proprio su questo aspetto imprescindibile che si fonda il libro “HR Le nuove frontiere”. Nel volume Umberto Frigelli evidenzia, tra gli altri temi, quali sono in particolare i fenomeni che oggi non possono essere ignorati se si vuole rimanere competitivi e al passo con i tempi.
Umberto Frigelli. Coordinatore Nazionale del Centro Ricerche AIDP e consulente di Direzione Aziendale, insegna presso la facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano. È stato segretario dell’Associazione Italiana di Psico-socioanalisi (ARIELE). Realizza progetti in molteplici contesti organizzativi occupandosi di formazione manageriale, valutazione del personale, sviluppo organizzativo e change management. Ha lavorato nel Gruppo Rinascente, nel Gruppo Poliedros, in Mac Group-Gemini 251 Consulting, in Hewitt Associates e in RSO. Oggi è partner di Mading. La sua ultima pubblicazione è Guidare il cambiamento organizzativo: potere, razionalità, emozioni, Edizioni FS, 2017.
Vivere nell’era del cambiamento e della trasformazione presuppone lo sviluppo della capacità di muoversi anticipando i fenomeni che potrebbero impattare significativamente sulle nostre vite. In che modo e seguendo quale logica le aziende devono trasformarsi per essere in sintonia con l’evoluzione del mondo esterno? Le organizzazioni in generale e le aziende hanno necessariamente una capacità adattiva e seguono un ciclo di vita che può portare alla loro scomparsa. Assistiamo tutti i giorni alla nascita di nuove organizzazioni o imprese e alla scomparsa di altre che vengono incorporate da concorrenti o chiudono. Questo processo evolutivo è sempre esistito, ma anche la crisi del Covid19 ha mostrato come oggi si assiste ad una accelerazione dei cambiamenti che avvengono attorno a noi a causa sia della innovazione tecnologica sia di un rapido mutamento di costumi sociali. Nonaka, nel suo famoso libro “The knowledge-creating company” aveva già evidenziato come la creazione di nuove conoscenze organizzative sia maggiore in tempo di crisi e aveva mostrato in che modo le aziende possono creare le dinamiche dell’innovazione, attraverso l’instaurarsi di opportuni processi interni che vengono alimentati dalla relazione con l’esterno. Solo però vincendo l’inerzia e la resistenza al cambiamento le aziende possono creare culture che aiutino a trasformarsi, e questo è un compito dei leader. Nel libro “HR Le nuove frontiere” si evidenziano quali sono oggi i fenomeni che non possono essere ignorati se si vuole rimanere competitivi, al passo con i tempi e attrattivi per risorse umane di talento.
In che modo l’intelligenza artificiale può intervenire a supporto del mondo HR e quali sono i principali vantaggi che quest’ultimo può ricavarne? L’intelligenza artificiale è già incorporata in molti oggetti e processi di servizio della vita quotidiana. Il suo vantaggio sta nella capacità di velocizzare operazioni ripetitive, trovando correlazioni attraverso una veloce analisi di dati. Lo svantaggio è il rischio di pregiudizi e bias cognitivi su cui possono essere fondati gli algoritmi che sostengono il processo. Nel mondo HR si trova già oggi applicazioni della IA nelle fasi iniziali del reclutamento e della selezione e in alcuni processi di gestione. Sono utili a minimizzare i tempi e a liberare intelligenza dei professional HR. Tempo e intelligenza che devono essere però messi a disposizione delle relazioni con le persone, della capacità di accompagnare la crescita di competenze e la gestione del cambiamento. Le Direzioni HR inoltre, prima di utilizzare applicazioni di IA nei loro processi, devono essere certe dei presupposti logici su cui si fondano gli algoritmi e monitorare i risultati nel tempo. Nonostante la maggior parte degli algoritmi gestiti da intelligenze artificiali siano oggi dotati di una metodologia chiamata Machine Learning (Apprendimento automatico) che attraverso l’analisi di dati e campioni permetta, attraverso processi di tipo induttivo, uno sviluppo dello stesso anche per usi predittivi. Su quest’ultimo punto ne vediamo da tempo l’applicazione sui filtri anti-spam, sulla gestione dei motori di ricerca, i meccanismi anti-intrusione e in generale tutti quelli legati alla sicurezza. Un esempio alla portata di tutti è il traduttore online DeepL che attraverso reti neurali espande quotidianamente le proprie capacità translative per fornirci traduzioni di senso oltre che di significato. Le DRU devono accertarsi che l’apprendimento degli algoritmi aiuti a diminuire i bias. Decisioni che impattano sulla vita delle persone non possono essere lasciate totalmente al calcolo di macchine, anche se le chiamiamo “intelligenti”, e devono rimanere una responsabilità degli HR.
In Italia, la spesa pubblica destinata alla formazione è molto ridotta rispetto a quella degli altri Paesi. Un dato in linea anche con la formazione all’interno delle aziende dove solo il 60% investe in formazione contro il 73% della media europea. In che modo le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale possono intervenire a supporto della formazione per lo sviluppo di nuove competenze che ci permettano di restare al passo di contesti organizzativi sempre più complessi e mutevoli? Malgrado siamo un Paese di cultura straordinaria, gusto e creatività invidiate nel mondo, queste sembrano essere vestigia del passato, ricordi dell’Impero Romano e del Rinascimento. I dati dicono con chiarezza che in Italia si crede poco alla formazione e che i nostri “cervelli” spesso fuggono all’estero, dove trovano un ambiente più meritocratico e reali occasioni di crescita. L’ IA non risolve questo problema, innanzitutto perché è un mezzo e qualcuno deve decidere di utilizzarla e poi perché ha costi di sviluppo. Chi non vuole investire sulla formazione sarà difficile che investa su processi formativi supportati dalla tecnologia. Però comunque la tecnologia rende i processi di formazione più semplici, veloci ed economici: i webinar che il Covid19 ha costretto a fare ne sono un esempio illuminante. Il 4 dicembre ricorreva l’anniversario della morte di Alberto Manzi, indimenticato utilizzatore di una tecnologia semplice, ma allora innovativa, la televisione, che ha consentito l’alfabetizzazione di grandi strati della nostra popolazione. Questo può avvenire anche oggi solo se esiste una volontà “politica” nelle aziende e la capacità di capire che senza nuove competenze non si affronta un mondo nuovo.
Ecco, la tecnologia può certamente essere utile alla formazione e la crisi che stiamo ancora vivendo lo ha mostrato. Seppure un vero apprendimento si consolida tramite la relazione, la tecnologia può rendere la trasmissione di sapere più efficiente, economica, disponibile per più persone contemporaneamente.
Di quali innovazioni ha bisogno il performance management? Quali sono le nuove prospettive e gli sviluppi in quest’ambito? Abbiamo parlato di “performance management” nel libro perché è uno dei processi di gestione più longevi, più diffusi, ma anche in più rapida trasformazione. Le persone, anche se in modo ambivalente, desiderano essere valutate e le organizzazioni necessariamente devono valutare le risorse, sia in termini di risultati che di relazione con il lavoro sia per accompagnare la loro crescita professionale. Le nuove prospettive sono in direzione di una semplificazione dei processi e delle “metriche” nella valutazione, in un uso più frequente del feedback dei capi verso i collaboratori, in una separazione tra il processo di sviluppo e di crescita professionale delle persone e la remunerazione dei risultati. E’ importante anche capire che la valutazione della prestazione non esaurisce il performance management, che invece è proprio un processo continuo, dove i capi e collaboratori devono aprire un dialogo costante, finalizzato alla crescita professionale. Vi sono oggi diversi esempi virtuosi di queste evoluzioni e sono certo che si diffonderanno sempre più.