Piero Iurato, laureato in Scienze Politiche con specializzazione in Lavoro e Organizzazione presso l’Università Statale di Milano e conseguito il Master in Risorse Umane presso l’Istituto Vigorelli di Milano, nel 2007 entra in SAP Italia come HR Business Partner prima dell’area Consulting Services e poi di tutte le funzioni commerciali. Dal 2011 diventa HR Country Manager per Grecia, Turchia e Israele. Dal 2013 è Direttore delle Risorse Umane di SAP Italia. Dal 2016 estende le sue responsabilità anche a Spagna, e Portogallo e da gennaio 2018 anche i paesi africani di lingua francese. Ed è proprio in veste di direttore del personale che Pietro ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute dei lavoratori.
SAP, l’Experience Company powered by the Intelligent Enterprise, è leader di mercato nelle applicazioni software per il business e aiuta le organizzazioni di tutti i settori e dimensioni a operare al meglio: il 77% delle transazioni commerciali mondiali passa da un sistema SAP. Le tecnologie di machine learning, Internet of Things (IoT) e di analytic avanzate di SAP permettono ai clienti di trasformare le loro organizzazioni in imprese intelligenti. SAP aiuta a dare alle persone e alle imprese informazioni approfondite sul business e promuove la collaborazione per competere con successo, semplificando la tecnologia in modo che le aziende possano utilizzare il software nel modo desiderato, senza interruzioni. Con una rete globale di clienti, partner, dipendenti e opinion leader, SAP aiuta il mondo a funzionare meglio e a migliorare la vita delle persone. In Italia, SAP è presente dal 1988 e attualmente conta circa 730 dipendenti e serve oltre 8.000 clienti.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? Un tempo vi era una cesura netta tra aziende tecnologicamente avanzate, che ad esempio avevano fatto proprio modelli di smart working o flexible time, e aziende meno mature. Oggi il COVID-19 ha forzato le aziende a ridurre questo gap. Lo scorso febbraio, come SAP, in un giorno ci siamo trasformati in azienda 100% smart working senza grandi ripercussioni sull’organizzazione e sulla motivazione dei dipendenti, continuando a garantire business continuity ai nostri clienti e partner. Le nostre aree di attenzione si sono quindi spostate su altri piani. Ad esempio è stato decisivo fin dall’inizio della crisi essere fermi nel prendere le decisioni e nel comunicarle tempestivamente all’organizzazione. Questo non significa che presa una direzione, non si possa cambiarla, ma, per non alimentare nuovi livelli di ansia e preoccupazione, è stato fondamentale far capire che il management fosse consapevole della situazione e che avesse una visione chiara. Bisognava essere in grado di dare una risposta immediata. Fin da subito, a partire dal 21 febbraio, abbiamo quindi comunicato ai dipendenti, spiegando che eravamo aggiornati su quello che stava succedendo nella provincia di Lodi e invitando i colleghi residenti nelle zone colpite o entrati in contatto con persone di quell’area a rimanere a casa. Penetrare l’organizzazione con la comunicazione è stato il primo passo da fare, ma aprire canali di ascolto è stato altrettanto fondamentale per diminuire le preoccupazioni e aumentare il senso di vicinanza. Quando la crisi sarà superata e sarà importante il contributo di tutti per affrontare le conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria e ripartire, le aziende che avranno saputo ascoltare i propri dipendenti e tener conto delle loro esigenze, scopriranno di averne guadagnato in termini di fiducia e benessere delle persone.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà ma, allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e, soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? Le crisi sono momenti di grande discontinuità e la reazione più immediata è naturalmente la preoccupazione per le conseguenze, sia quelle previste, che quelle imprevedibili, tuttavia, anche nei momenti più difficili è bene non lasciarsi prendere dal panico e ricordarsi che ogni crisi è fonte di opportunità. La situazione in cui ci ritroviamo ci ha costretto a lavorare in modo diverso dal solito, trovare nuove forme per relazionarsi con i clienti, i partner e tra di noi. Tutte le figure, tutti i ruoli in SAP sono stati coinvolti nello smart working, nessuno escluso. Ma la nostra vocazione tecnologica e la nostra cultura aziendale rivolta all’innovazione hanno fatto sì che le persone fossero già predisposte a lavorare bene da remoto e a usare correttamente tutti gli strumenti che permettono collaborazione, comunicazione, condivisione, sviluppo di progetti in modo virtuale. Penso che una sfida interessante sia stata per noi Direzione HR trovare nuovi modi per far sentire anche alle persone da casa che l’azienda è vicina, che comunque rimaniamo un grande team. Abbiamo quindi avviato un programma che coinvolge i colleghi ogni giorno con spunti, webinar, video dedicati al benessere (pillole di mindfulness, yoga, nutrizione, esercizi per rimanere in forma in casa), all’intrattenimento, all’intelligenza emotiva, alla motivazione e alla gestione del cambiamento oltre che alla scoperta in profondità di strumenti per collaborare sempre meglio da remoto (Microsoft Team, Zoom, Mural, ecc). Si tratta di un’iniziativa per rimanere uniti e coinvolti anche se fisicamente lontani. La crisi fa parte di ogni ciclo economico. La crisi insegna. Alla fine di questo momento sarà importante condividere cosa abbiamo capito, cosa dobbiamo smettere di fare perché non porta valore ed era semplice routine, cosa dobbiamo continuare a fare, cosa cambiare.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare l’innovazione? In generale penso che l’innovazione non sia più un processo “top down”, dev’essere sì governato, ma non incanalato secondo vie gerarchiche, spesso obsolete. Non esiste più asimmetria di informazione in azienda, tutti possono accedere a tutto, tutti possono fare innovazione. Un’iniziativa che va in questa direzione e che abbiamo lanciato a marzo è stata 1BLives Sprint to fight COVID-19. Il progetto era rivolto a tutti gli oltre 100.000 dipendenti SAP nel mondo chiedendo loro di creare una soluzione con alto impatto sociale nella lotta contro il Coronavirus sfruttando le risorse, la tecnologia e i servizi di SAP. A ogni dipendente, individualmente o in team, è stato chiesto di dare un contributo a questo grande progetto di innovazione con l’aiuto di sessioni di Design Thinking o workshop di Idea Factory moderati da consulenti. Le proposte migliori sono state poi incubate da SAP.io, la nostra divisione che si occupa seguire le startup più promettenti, per portarle poi sul mercato. Un altro esempio di come questa emergenza ci abbia aiutato a pensare “out-of-the-box” è stato lo sviluppo da parte della nostra divisione di pre-vendita di una dashboard per analizzare la diffusione del contagio da Coronavirus, capirne l’estensione e la velocità della sua trasmissione in Italia e nel mondo. La soluzione studia l’andamento quotidiano della diffusione basandosi sui dati del Ministero della Salute e di Hopkins CSSE ma con dettagli che vanno in profondità per ogni singola regione italiana e confronti tra i trend registrati in Cina con l’Italia dall’inizio dei rispettivi contagi. Questo cruscotto è accessibile in modo gratuito a tutti.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? Vi è una vignetta che gira nel nostro settore ICT e parte con una domanda “Chi è il maggior fautore della digitalizzazione della tua azienda? A. Il CEO, B. il CIO C. COVID-19.” Spesso le aziende decidono di compiere investimenti importanti in tecnologia, riducendo gli abituali tempi decisionali, perchè costrette. E’ successo con gli adeguamenti imposti dall’anno 2000, è successo con il GDPR e così via. Quindi sì è vero, questa crisi ha accelerato alcuni cambiamenti. Le faccio un esempio: una delle aree più critiche in queste settimane per un’azienda è garantire la solidità della propria supply chain. Fino a fine giugno rendiamo gratuito l’accesso a una nostra soluzione che si chiama SAP Ariba che permette alle aziende che devono comprare un bene di affacciarsi su un marketplace globale e di fare altrettanto alle aziende che vendono prodotti e servizi e sono alla ricerca di nuovi acquirenti. In poche settimane abbiamo avuto migliaia di nuovi accessi. Ad esempio un sub-contractor di New York che cercava 500 letti ospedalieri per un ospedale da campo ha trovato i letti in solo 30 minuti! Nel nostro caso non penso sia necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti, se non permeare se possibile ancora di più la nostra cultura aziendale sui valori della flessibilità e della trasparenza che ci hanno guidato in queste settimane. Questa esperienza ci ha toccato molto in primis come esseri umani, penso che torneremo al lavoro come persone diverse da quello che eravamo prima del 21 febbraio.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali sono i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? Con stime del nostro PIL per l’anno in corso a -9%, la mia risposta purtroppo non può che essere affermativa. Vi sono settori dove l’incertezza del breve termine è ancora molto elevata, penso al turismo, alla ristorazione, a servizi di intrattenimento come teatri, cinema, ecc. In questi casi le ripercussioni sull’occupazione saranno inevitabili. Il rischio maggiore che come Paese stiamo correndo è di affrontare le fasi 2, 3 senza un piano industriale forte e condiviso.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata l’emergenza potrà tornare come prima? Per la nostra esperienza, cosa sta cambiando in maniera sensibile è la consapevolezza che lavorare da casa sia efficiente tanto quanto lavorare in ufficio. Noi dobbiamo quindi mettere in condizioni le persone di lavorare dove vogliono. Anche il concetto di orario è obsoleto, si lavora per obiettivi. L’importante è essere presente quando dobbiamo esserlo (un meeting, una call, ecc.). Mi auguro che quello che possa tornare a essere come prima sia la fiducia nelle persone.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? Per un’azienda delle dimensioni di SAP Italia (oltre 700 dipendenti, suddivisi su 3 sedi) è stato fondamentale creare subito un team con professionisti provenienti da diverse aree, che sapessero gestire la crisi da più punti di vista (non solo HR, ma anche finance, security, facility, comunicazione). Anche la diversity è stata importante in questo caso, per non rischiare di tralasciare aspetti importanti della crisi, che alla lunga potrebbero impattare sulle risposte dei dipendenti. HR ha avuto il ruolo di creare il team e di esserne l’orchestratore. Avere una visione il più completa possibile ed essere aperti a tutte le posizioni non significa infatti generare caos nella comunicazione o adottare linee diverse a seconda, per esempio, delle sedi. La presenza di un leader che tiri le fila e le conclusioni è infatti fondamentale.