Marco Crescimbeni è un avvocato e dirigente pubblico, specializzato in Diritto Amministrativo e Scienza dell’Amministrazione. All’iniziale esperienza professionale in ambito legale, Marco per un breve periodo unisce l’attività lavorativa in un Istituto di Credito. Assunto per concorso nel Comune di Verona, si occupa inizialmente di servizi amministrativi generali e dal 1993 ininterrottamente di gestione e sviluppo delle risorse umane, prima in qualità di Dirigente del Personale e successivamente come Direttore dell’Area Risorse Umane e Organizzazione. È anche componente di Nuclei di Valutazione in vari enti ed ha collaborato in pubblicazioni in materia di lavoro pubblico. Infine, svolge attività di formazione, consulenza ed aggiornamento professionale. Nell’intervista, Marco ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute del personale dipendente.
Il Comune di Verona, ente locale che conta 1921 dipendenti, eroga servizi pubblici diversificati nelle principali aree di intervento della pubblica amministrazione locale nonché servizi demografici, lavori pubblici, urbanistica e gestione del territorio, edilizia privata, servizi sociali, sport e tempo libero, servizi materno infantili, cultura, commercio ed attività produttive. In ambito territoriale l’ente partecipa in un articolato sistema di aziende e società che intervengono in fondamentali ambiti di interesse della collettività.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? La situazione di emergenza è stata affrontata principalmente con il ricorso al lavoro agile e, più limitatamente e per i soli servizi sospesi per disposizione normativa (scuole, nidi, musei, biblioteche), con la esenzione dal servizio del personale che non poteva essere utilizzato in servizi indifferibili ed indispensabili da rendere “in presenza”. Il lavoro agile è passato repentinamente da forma di lavoro “raccomandata” a prioritaria possibilità per continuare la attività lavorativa o quantomeno una parte di essa. Va rilevato che importanti servizi comunali (Polizia Locale, Protezione Civile) sono stati fortemente impegnati ed esposti e che altri servizi (Socio Assistenziali) sono stati chiamati ad un notevole sforzo per la gestione dei sostegni economici alle persone ed alle famiglie. Da qui in avanti è indispensabile una revisione complessiva della contrattazione di lavoro ed è necessario dotarsi di regole nuove che permettano un approccio diverso nei riguardi di mansioni ed attività, consentendo ai dipendenti di continuare a sentirsi protagonisti di un avviato percorso di innovazione e di trasformazione.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà, ma allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? Va riconosciuto che il lavoro agile, sul piano operativo e funzionale, si è rivelato, già nella prima fase della crisi, una soluzione efficace che ha permesso la continuità dei processi lavorativi e, allo stesso tempo, ha contribuito in modo sostanziale al contenimento dell’epidemia. Per poter proseguire oltre l’emergenza si dovrà dare continuità e sistematicità allo smart working migliorando programmi ed applicazioni della rete informatica, nonché investendo in strumenti, dotazioni e formazione. Come osservazione direi che il lavoro agile ha migliorato la condivisione delle attività e la collaborazione tra i dipendenti ed i gruppi di lavoro, mentre tra le principali criticità riconoscerei il ritardo nella digitalizzazione delle procedure e la difficoltà di abbandonare logiche e prassi amministrative basate sull’adempimento e sulla ricerca delle responsabilità piuttosto che sulla misurazione/valutazione di risultati.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare la innovazione? Lo scenario evolutivo post-emergenziale deve essere indirizzato ad una crescita di competitività per gli apparati pubblici. Il lockdown ha dimostrato che un deciso “cambio di passo” è possibile e che il lavoro può essere basato sulla produzione di valore con riferimento ad obiettivi e risultati misurabili. Va rinnovata la sfida, peraltro può volte affrontata negli ultimi anni, per la riforma della “macchina pubblica” semplificando e riducendo gli adempimenti burocratici a beneficio di cittadini ed imprese. In questa nuova occasione si può ritenere che sarà di aiuto la esperienza vissuta e maturata nella emergenza epidemiologica che sarebbe ingeneroso non riconoscere che è stata affrontata con decisione e ragionevole successo, pur partendo da una situazione di forte inadeguatezza in molte strutture amministrative.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? Va ricordato che nella pubblica amministrazione, in un brevissimo lasso di tempo, si è passati dalla volontà di rilevare la presenza mediante impronte digitali o analisi dell’iride alla logica del risultato e del lavoro agile senza vincolo di orario. Si è passati da velleità di controllo formale e di contrasto “ai furbetti del cartellino”, alla scommessa sulla digitalizzazione e sulla capacità di valutare risultati. La tecnologia è venuta indubbiamente in soccorso, colmando con la connessione le distanze fisiche e ricreando, nello spazio digitale, i luoghi di lavoro, di condivisione e di confronto. La nuova dimensione lavorativa, da una situazione forzatamente improvvisata e scarsamente regolamentata, deve passare da eccezionale ad ordinaria, lavorando sulle problematiche riscontrate e su una nuova disciplina, da mettere in campo in tempi brevi, per riorganizzarsi con modalità non frammentarie e disomogenee.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? L’impatto economico della crisi epidemiologica sulla azione e sulla operatività delle pubbliche amministrazioni è stato sicuramente meno incisivo e critico rispetto al settore privato. Tuttavia è da rilevare la notevole preoccupazione per la sostenibilità dei bilanci e per l’impatto considerevole derivante dalle minori entrate e dall’incremento dei bisogni di famiglie e cittadini in condizioni di difficoltà. Sul piano occupazionale, in ambito di lavoro pubblico, rilevo la problematica interruzione della programmazione di nuove assunzioni ed un inevitabile ritardo per le sostituzioni del turn over per cessazioni e pensionamenti. Il riavvio di selezioni e concorsi, spesso gravati da un elevatissimo numero di candidati, non potrà essere immediato se non intervenendo legislativamente in maniera molto innovativa su tempistica e modalità di espletamento delle prove, con massiccio, se non esclusivo, utilizzo di procedure informatizzate e con rinuncia a formalismi procedimentali spesso utili solo a generare un pesante e paralizzante contenzioso giudiziario.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata la emergenza potrà tornare come prima? Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione che ha riscritto integralmente le modalità operative delle imprese ed ancor più della pubblica amministrazione che si è trovata ad affrontare un forzato ed immediato rinnovamento nella organizzazione del lavoro. Il cambio radicale e veloce è stato guidato da spinte che hanno avuto a che fare principalmente con le ragioni della minimizzazione degli spostamenti e del distanziamento sociale. Terminata la fase di emergenza sarà possibile mantenere molti degli aspetti positivi che si sono mostrati vincenti perché basati su una rinnovata fiducia nei dipendenti (in particolare del settore pubblico) e perché è stata sperimentata la reale possibilità di una rapida modernizzazione degli apparati.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? La funzione risorse umane nelle organizzazioni pubbliche e private si è trovata improvvisamente ad essere protagonista sia dove stesse già interpretando un ruolo centrale e sia dove la leadership era meno accentuata. Il Responsabile del Personale ha dovuto affrontare tempestivamente nuove priorità e nuovi bisogni delle persone, nuove normative e regolamenti, procedure, accordi e protocolli specifici. Il ruolo ha richiesto (e richiederà) velocità, rapidità, sperimentazione ed innovazione, cambiamento di approcci e comportamenti in relazione al mutamento inaspettato dei luoghi, dei modi e delle condizioni di lavoro. Oltre alle tradizionali funzioni di facilitazione, promozione, regolazione, comunicazione, connessione, aggiungerei che sono emerse la capacità di rassicurare e di dare fiducia.