Francesco Rotundo si è laureato in economia a Pisa e successivamente ha conseguito il Master in Management dell’Innovazione presso la Scuola S. Anna di Pisa nel 1996. In poco più di 20 anni di carriera ha maturato una significativa esperienza in ambito Human Resources in realtà aziendali multinazionali e in contesti di aziende familiari di differenti settori industriali. Dopo l’avvio del suo percorso professionale in TIM, infatti, Francesco è passato in Salvatore Ferragamo dove ha ricoperto diversi ruoli di responsabilità nella funzione HR e successivamente in una delle Agenzia Fiscali del Ministero dell’Economia dove ha assunto, dopo un periodo in ambito HR, anche il ruolo di Responsabile Internal Auditing. Dal 2010 è HR Director del Gruppo d’Amico Shipping. Ed è proprio in veste di direttore del personale che Francesco ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute del personale dipendente.
Il Gruppo d’Amico è una società di navigazione leader a livello internazionale che opera nella gestione di navi per carichi secchi e navi cisterna, fornendo anche servizi alle attività di trasporto navale a livello mondiale. Fondata in Italia negli anni ‘50, grazie alla sua forte tradizione imprenditoriale, il Gruppo ha consolidato nel tempo un’ampia presenza su scala globale. Oggi il Gruppo d’Amico, che ha la sede principale in Italia, è presente nelle principali capitali finanziarie e marittime di tutto il mondo, con uffici nel Principato di Monaco, nel Regno Unito, in Irlanda, Lussemburgo, Singapore, Stati Uniti, Canada e India. Il Gruppo opera una flotta di circa 100 navi e conta circa 450 persone nei suoi uffici e circa 3.000 marittimi impiegati a rotazione sulle navi gestite. Esperienza, competenza e responsabilità sociale, unite all’attenzione verso le esigenze della clientela e alla sicurezza operativa, rappresentano i principi e i valori che orientano l’agire di ogni risorsa del Gruppo. L’aggiornamento professionale continuo del team e l’investimento in una flotta all’avanguardia e rispettosa dell’ambiente sono tra le massime priorità del Gruppo.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? Attualmente, mentre ne parliamo, tutti i dipendenti del Gruppo sono in smart-working continuato. E lo smart-working, secondo una declinazione che potrà essere rivista quando si allenteranno le misure restrittive, rimarrà comunque la modalità principale nella organizzazione del nostro lavoro fin quando l’emergenza sanitaria suggerirà (se non imporrà) di adottare ogni iniziativa possibile per la massima tutela della salute dei nostri colleghi. Non vorrei dire che sia stato facile attivare lo smart-working per tutti i dipendenti quasi immediatamente, se non anche anticipando le misure di lock-down nei diversi paesi in cui siamo presenti, ma di sicuro eravamo pronti. Sotto molti punti di vista, a partire da quello delle tecnologie informatiche. La nostra organizzazione, infatti, per la natura del business e per l’assetto internazionale della sua struttura, ha nel proprio DNA la gestione di rapporti tra colleghi che si trovano molto distanti tra di loro. Anche al di là delle iniziative di smart-working avviate diverso tempo prima il corona-virus, tutti quanti noi eravamo abituati a lavorare con capi, collaboratori e colleghi che si trovavano (e si trovano) in sedi diverse e lontane. Certo, altro era (ed è) lo smart-working quando si afferma secondo politiche di flessibilità del lavoro e di logiche di “well-being” organizzativo, altro è essere obbligati a lavorare da casa per i problemi dovuti ad una pandemia. Sono due situazioni molto, molto differenti tra di loro.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà ma, allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e, soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? L’emergenza coronavirus ci obbliga a riflettere su come sarà il futuro del lavoro, su come potrà o dovrà cambiare il modo di lavorare di moltissimi di noi, in tantissimi settori industriali. Molti, abbondonate le ultime diffidenze, sono pronti a guidare una fase di cambiamento significativo all’interno delle organizzazioni. Così come penso che ci sia qualcuno che non vede l’ora che tutto passi perché si possano ripristinare le vecchie abitudini. Io non faccio il tifo per lo smart-working a tutti i costi e generalizzato, superata l’emergenza sanitaria. Sono piuttosto convinto che questa drammatica esperienza deve suggerire e condurre ad un profondo ripensamento del vecchio paradigma del rapporto di lavoro, sul piano organizzativo, contrattuale. Un paradigma, appunto, già vecchio, ampiamente superato da fenomeni noti e anche molto dibattuti (penso alle discussioni su l’organizzazione agile, i nuovi modelli di leadership, le aspettative delle nuove generazioni, etc.). E da oggi definitivamente reso obsoleto dalle evidenze che, nostro malgrado, la pandemia ci dato. Dobbiamo inderogabilmente rivedere tante cose nelle nostre organizzazioni per evitare possibili shock futuri o mitigare gli effetti degli shock che non potremo evitare. A partire dal modo di lavorare e sicuramente anche dallo smart-working, che da solo non basterà.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare l’innovazione? La tecnologia che abbiamo a disposizione offre oggi soluzioni per molti aspetti anche superiori alle nostre, attuali, esigenze. D’altra parte, se penso al ruolo degli HR, occorrerà ripensare prassi operative e strumenti propri della gestione del personale. Ma sono certo che le nostre “technicalities”, ancora una volta, sosterranno le innovazioni organizzative e seguiranno il corso dei cambiamenti. Sarà invece più complesso e occorrerà più tempo, seppure è un impegno che dobbiamo assumere inderogabilmente, per modificare concretamente le dimensioni “soft” di questa nuova rivoluzione industriale. I modelli di leadership, le culture organizzative dovranno cambiare perché questa vicenda ha collocato in modo inequivocabile la persona al centro delle organizzazioni e ha dato rilievo in primo luogo alla salute delle nostre risorse, ben al di là dei dettati normativi sulla sicurezza sul luogo di lavoro.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? Le rispondo riprendendo questo mio ultimo punto e partendo da due osservazioni. La prima. Il nostro Gruppo, in questa fase molto difficile, è stato in grado di assicurare piena continuità alle proprie attività perché le tecnologie (ampiamente disponibili) hanno permesso di adottare una modalità di lavoro (lo smart-working, già noto) che ha garantito la massima tutela della salute delle nostre persone. La seconda. In molti altri casi abbiamo purtroppo visto come la natura della produzione e le tecnologie avrebbero esposto ad un rischio troppo elevato la salute delle persone coinvolte, obbligando quindi alla chiusura delle attività. Concorda sul fatto che il vero elemento di novità, seppure può sembrare strano, è la salute delle persone? Il lavoro deve essere ripensato. Lo smart-working non può essere ricondotto alla semplicistica soluzione del “lavoro da casa”. Le nuove regole dovranno riguardare tutti quegli aspetti su cui insistono il rapporto fiduciario, il rapporto tra spazio, tempo e prestazione lavorativa (espressione orribile). E bisognerà lavorare tanto sulla formazione, per essere preparati a gestire questa inevitabile stagione di cambiamento e per essere pronti alle novità che seguiranno.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali sono i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? Sono sotto gli occhi di tutti, purtroppo, i gravi effetti che l’attuale crisi sta avendo sulla occupazione e sulla economia. Ma voglio sperare che ciò sia l’effetto temporaneo, drammatico, di una situazione del tutto straordinaria. D’altra parte sono fiducioso che se si lavorerà per riprogettare il lavoro, le opportunità per il lavoro verranno. E La tecnologia sarà un fattore abilitante e non già un elemento di distruzione del lavoro. La crisi del coronavirus avrebbe prodotto effetti molto più importanti se fosse accaduta 10-15 anni fa, quando non avremmo potuto beneficiare di ciò che proprio la tecnologia ci ha messo a disposizione durante questi mesi di lock-down.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata l’emergenza potrà tornare come prima? Mi auguro che stia cambiando in modo definitivo la percezione del lavoro, che concretamente la persona sia collocata al centro delle organizzazioni, come dicevo prima. Poi, le confesso, continuo a considerare l’“ufficio” il luogo, per alcuni versi, elettivo del lavoro. Poiché rimango fermamente convinto che la dimensione di socialità del luogo di lavoro (inteso questa volta alla vecchia maniera) aggiunga tantissimo valore all’esperienza professionale e personale di tutti quanti noi.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? Decisivo. Se saprà (e dovrà) orientare e gestire questo percorso di cambiamento all’interno delle organizzazioni.