Devis Raddi, da sempre impegnato nel mondo delle Risorse Umane, si considera un “Nuovo umanista”. Ama mettere le persone al centro ed è attratto da tutto ciò che è umano. “Le persone – racconta – sono come le piante: per farle crescere occorre coltivarle, preparando loro terreno e nutrimento, nonché creando un habitat idoneo e adatto”. Diciamo che è un po’ questa la filosofia di Devis, è questo il mondo che gli appartiene e che esprime al meglio nel suo ruolo di HR Manager presso Imperial Group. Proprio in veste di direttore del personale, infatti, Devis ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute e del benessere delle persone, nonché dei lavoratori.
Imperiale Group, azienda presso la quale Devis svolge la professione di HR Manager, è fortemente legata alle tradizioni territoriali della “Terra dei motori” emiliana. Operante nel settore della verniciatura in campo automotive, Imperiale utilizza tecnologie all’avanguardia e mette al servizio dei propri clienti un’esperienza trentennale oltre che una grande passione frutto dalla realizzazione artigianale di prodotti esclusivi conosciuti in tutto il mondo. A Imperiale, che vanta una capacità produttiva di circa 1200 Aventador e 800 Huracán annue, si aggiunge un centro di assistenza autorizzato Lamborghini Service che offre servizi di meccanica e carrozzeria altamente specializzata.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? In questo difficile e particolare momento, occorre davvero unire le forze e creare sinergia su più livelli e su più fronti: la complessità dell’organizzazione che vede il coinvolgimento di oltre 300 dipendenti, unita alla tragica e del tutto nuova situazione che stiamo vivendo, ci ha colto tutti di sorpresa, creando smarrimento e sconforto. Per sdrammatizzare risponderei come Toni Servillo nel film “Il Divo”, dove il noto attore affida la sua strategia a quella che chiama la filosofia di San Bernardo: “Vedere tutto, sopportare molto, correggere una cosa alla volta”. In realtà credo che tutti, proprietà in primis, ma anche colleghi e consulenti, (vorrei ricordare il dott. Ricci, Mantovani, Mingolla, Artioli e ancora la dott.ssa Di Biase, Rossi, Baraldi e Bertelli, l’avv. Mazzei e lo studio Bergonzini) si siano e si stiano adoperando per far fronte a questa situazione di emergenza, gestendo il gestibile con lucida e programmata sistematicità. Quel senso di appartenenza, commista ad autentica solidarietà e responsabilità, ha davvero saputo creare un team affiatato ed efficace, in grado di attuare tutte quelle strategie utili al superamento della crisi, senza generare situazioni di panico.
Da subito abbiamo comunicato a tutti i dipendenti le varie procedure previste dalla Legge e dai vari Decreti, al fine di garantire salute e sicurezza a tutti i fruitori dell’azienda: la nostra prima preoccupazione è stata quella di tutelare dipendenti e frequentatori dell’azienda attraverso un’intensificazione delle pulizie, dell’utilizzo dei DPI come guanti, mascherine e gel igienizzanti e, non da ultimo, informando i colleghi e condividendo con loro le varie decisioni aziendali. Ovviamente siamo partiti con lo smart working per alcune figure amministrative e dirigenziali, quindi con la CIGO, decidendone responsabilmente l’anticipo e la maturazione dei ratei a tutela del dipendente. Non solo, ancor prima del Decreto, che ne ha sancito la fattibilità, avevamo pensato anche a quei dipendenti neo-assunti, i quali non avevano maturato né la possibilità di aderire alla CIGO, né di avere ferie, anticipando quest’ultime nonostante i contratti a tempo determinato, garantendo loro uno stipendio minimo ed evitando situazioni di difficoltà economica.
Ringrazio quindi i colleghi e i consulenti e senza alcuna retorica Marco, Davide e Ivano Pignatti, i quali hanno dimostrato non solo capacità imprenditoriali, ma anche un forte senso di responsabilità e umanità nell’occuparsi e tutelare quell’impagabile patrimonio umano che, di fatto, risulta essere la vera forza dell’azienda. Chiaramente, l’altro aspetto che considero essere stato fondamentale, è stato quello di aver cercato in primis di creare un’opportuna comunicazione tra direzione e dipendente, attraverso mail, social e gruppi telematici, cercando di alienare quel senso di isolamento, smarrimento ed angoscia. Mi sono cioè preoccupato di tenere i contatti, di garantire le comunicazioni, creando confronti e allineamenti virtuali, fatti certamente non di strette di mano e contatti fisici, ma di una “voce”, capace di unire, comprendere e condividere come “una stretta di mano” l’isolamento imposto, l’angoscia crescente, la confusione disarmante. Sono stato sempre convinto che occorra spiegare alle persone le decisioni che si prendano per essere condivise e fatte proprie. Occorre cioè condividere piani e visioni, soprattutto in questi difficili e particolari momenti, dove linee chiare e decisioni rapide vengono ad essere fondamentali: del resto “con-vincere” vuol dire “vincere insieme”.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà ma, allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e, soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? Devo essere sincero: non sono un amante dello “smart working”. O meglio, ne comprendo l’utilità in quell’accezione che “di necessità se ne fa virtù”. Quindi certamente per alcuni ruoli o mansioni e ancor di più situazioni, ne posso apprezzare l’utilità e i benefici che da esso ne derivano. Lo vedo altresì uno strumento temporaneo, collocato in uno spazio temporale ben definito, non come una soluzione a lungo respiro. Ritengo che l’azienda occorra “viverla” nel vero senso della parola: un’azienda manifatturiera, ma ancor più semplicemente un’azienda in generale, è fatta di tanti aspetti, sfumature e sfaccettature che un lavoro isolato e svolto da casa o dir si voglia “da remoto”, rischierebbe di perdere e non cogliere pienamente. Credo che sia come leggere un libro cartaceo e un libro scaricato su iPad: due mondi completamente diversi. Sarò all’antica, ma non vedo l’ora che tutto ritorni alla classica e rassicurante presenza fisica in azienda.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare l’innovazione? Un’esperienza per quanto tragica e sconvolgente deve sempre lasciarci un insegnamento: i greci erano soliti dire “o mythos deloi oti”, “il racconto ci insegna che…”. Più in generale credo che questa esperienza, come un racconto vissuto sulla propria pelle, ci possa insegnare la fragilità della condizione umana: quel senso di precarietà che spesso dimentichiamo forti del nostro fare e che, in realtà, scopriamo debole alla prima dimostrazione di potenza della Natura. L’innovazione come la tecnologia o per scomodare ancora i greci “la tecne”, devono essere appunto un mezzo, mai un fine per accorciare spazi, lenire dolori, velocizzare tempi e credo che sia non solo un compito, ma anche un dovere da parte del management aziendale, investire tempo e risorse in tutto ciò che può aiutarci in quanto sopra descritto, senza tuttavia dimenticare l’Uomo, quello straordinario capitale umano, parte ontologica, oserei dire, dell’azienda stessa.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? Credo che l’incertezza dei giorni che viviamo e di quelli che andremo a vivere, non solo a causa di questa emergenza, ma ancor più in generale dell’andamento precario, liquido e fluttuante che la vita va a imporre con sempre più convinzione e determinazione, ci spinga, per necessità, a tener sempre presente una cosa: l’imprevedibilità. Dobbiamo entrare nell’ottica di cambiamenti sempre più rapidi e immediati, che richiedono spirito di adattamento e flessibilità. Questo non diviene necessariamente sinonimo di precarietà e incertezza, bensì di capacità di interpretare le cose, di cercare di programmarle nella fattispecie delle proprie varianti, cogliendone vantaggi e risorse. Credo che quanto accaduto sia un esempio di tutto questo, dimostrando ancora una volta, oggi più che mai, di saper discernere ciò che realmente è sostanziale, da ciò che è accessorio e transeunte. Del resto l’uomo antico sapeva tenere lo sguardo alto nel cielo interpretandone i segni e i piedi ben piantati a terra per non cadere.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali sono i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? Partiamo pure dall’assioma che nulla è uguale al prima o al dopo, ovvero per dirla con le parole di Eraclito: “Non si scende nello stesso fiume per due volte… tutto scorre…”. Certamente questa situazione porterà ad una fase di cosiddetta “riabilitazione”: intendo dire che trascorreranno diversi mesi prima di rientrare a pieno regime alla cosiddetta normalità, vivendo la vita aziendale (e non solo quella) come prima. Lo stesso decreto ministeriale, ha previsto in caso di riapertura tutta una seria di procedure, accorgimenti e protocolli, atti alla salvaguardia della salute del personale, onde evitare di vanificare i sacrifici sinora affrontati. In tal senso abbiamo istituito un team dedicato per predisporre ed approntare tutto questo, programmando e pianificando ogni cosa, al fine di non lasciare nulla al caso. Certamente anche la ripresa non sarà facile: assisteremo a vari problemi di liquidità economica e più in generale anche di disoccupazione per molte realtà meno strutturate, oltre che di logistica, di operatività e interazione. Credo tuttavia che oggi il problema più grosso, sia quello legato ad una burocrazia lenta e faticosa nell’istruttoria dei finanziamenti ed aiuti da parte di banche e Governo, oltre che ad un coordinamento più chiaro, lineare ed univoco. Occorrerebbe inoltre essere più efficienti e rapidi, pensando anche ad aiuti a fondo perduto. La situazione economica e finanziaria subirà davvero importanti cadute e perdite a causa di questo lockdown. Mi auguro che l’Italia riesca a trovare le opportune soluzioni, uscendo da questa situazione.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata l’emergenza potrà tornare come prima? Mi auguro stia cambiando la mentalità: credo sia necessario riscoprire un approccio più umano e solidale. Occorre come dicevo prima pensare all’imprevedibilità delle cose. Un’esperienza questa che senz’altro dovrà farci riflettere al di là delle modalità lavorative, delle leggi e dei cambiamenti necessari, che sempre devono esserci in aziende dinamiche e che guardano al futuro.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? Come sempre non esiste la “ricetta magica” e la soluzione adatta ad ogni realtà. Semplicemente credo che ascolto, presenza, informazione e coinvolgimento, siano una delle possibili strade da percorrere al di là di quelle fornite dal Ministero e dalle Istituzioni ufficiali. Le persone non sono numeri, ma ciascuna possiede una propria natura e peculiarità: l’aspetto psicologico e il sostegno umano spesso fanno la differenza. Non ho certezze, ma soluzioni e possibili vie: ho cercato di essere vicino ai colleghi attraverso un sostegno di ascolto, condivisione e informazione. Non so se sempre ci sono riuscito. Concludo citando una frase dello scrittore nipponico Murakami: “Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai nemmeno tu come hai fatto ad attraversarla e ad uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non ci sarà alcun dubbio: tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”.
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Ottima intervista che qualifica la delicata funzione del Direttore delle Risorse umane specie nei momenti di profonda trasformazione. La cultura umanistica del Dott. Raddi e la disponibilità all’ascolto qualificano la qualità della Dirigenza e il suo ruolo nel territorio in cui l’Azienda opera