Cristina Gobbato. Milanese, laureata in Scienze Politiche, è approdata in Continental nel 1985 occupandosi inizialmente di logistica per passare nel 1988 all’Ufficio Personale, dove ricopre incarichi via via crescenti fino a diventare Responsabile Risorse Umane e Servizi Generali nel 1991 e Human Resources Manager nel 2003. Dal 2018, Cristina è Human Relations Director in Continental Italia. Ed è proprio in veste di direttore del personale che Cristina ci racconterà come le aziende, ed in particolare quella in cui lui opera, stanno affrontando l’emergenza Coronavirus al fine di garantire lo svolgimento delle attività lavorative nel pieno rispetto della salute del personale dipendente.
Gruppo Continental. Continental sviluppa tecnologie intelligenti per il trasporto di beni e di persone. Produttore internazionale di pneumatici, fornitore automotive e partner industriale, offre soluzioni sostenibili, sicure, confortevoli, personalizzate e convenienti. Il Gruppo con le sue cinque divisioni Chassis&Safety, Interior, Powertrain, Tire e ContiTech, ha generato nel 2018 un volume di affari pari a 44,4 miliardi di euro impiegando oltre 243.000 dipendenti in 60 paesi in tutto il mondo. Continental si colloca tra i leader delle tecnologie di produzione di pneumatici con un’ampia gamma di prodotti per autovetture, veicoli commerciali e due ruote.
L’Italia sta vivendo un periodo difficile e molto particolare con ripercussioni che investono tutti i settori: come vi state muovendo nella gestione dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro? Noi eravamo preparati per lo Smart Working perché le nostre persone l’avevano già utilizzato nell’anno passato; dal 24 febbraio l’abbiamo quindi impostato per tutti contemporaneamente. Le attività di lavoro sono andate avanti in modo normale, fino a quando non è stato il mercato esterno ad imporci di rallentare, perché non arrivavano più ordini o perché non potevamo più consegnare ai nostri clienti, che nel frattempo avevano chiuso.
L’emergenza coronavirus sta ponendo il mondo del lavoro di fronte a molte difficoltà ma, allo stesso tempo, ci sta offrendo la possibilità di cogliere opportunità che potremmo mantenere anche una volta archiviato questo brutto periodo. Secondo la sua esperienza e, soprattutto, in relazione alle necessità di questi giorni, ritiene che siamo pronti per lo smart working generalizzato? Abbiamo visto che la necessità costringe all’attività. Le tecnologie e le infrastrutture ci sono, la cultura è stata costretta a cambiare in modo molto veloce, così come le abitudini delle persone si sono adattate velocemente a questo nuovo modo di lavorare, in questo periodo. Questa situazione ha aiutato l’accelerazione al lavoro da remoto; non credo si possa tornare indietro alla situazione precedente e anzi credo che questa modalità di lavoro si estenda sempre di più.
Partendo da questa emergenza, quali sono le strade su cui lavorare per “sfruttare” e potenziare l’innovazione? Rendere gli strumenti e le infrastrutture sempre più performanti alle attività da remoto: banda larga, fibra ottica, modem più evoluti e poi software e hardware; puntare sui wearable per rendere più confortevole il lavoro da postazioni diverse dalle classiche scrivanie.
In pochi giorni si sono verificati cambiamenti che, in condizioni di normalità avrebbero richiesto anni per avvenire, questo cosa comporta? Ritiene necessario applicare nuove regole per la gestione dei dipendenti? Quando un cambiamento interviene in modo repentino e così velocemente, spesso incontra difficoltà di funzionamento all’inizio e più tempo per le persone di comprenderne tutti gli aspetti positivi. Dopo lo shock iniziale e la velocità di adattamento richiesto alle persone, subentra una lenta assimilazione della nuova realtà, fino al momento in cui torni ad essere una nuova abitudine. Quanto scritto si applica sia alle persone, sia a chi le gestisce: è un banco di prova per entrambi che non lavoreranno più con le stesse modalità di prima. Alla base però ci sono i valori instauratisi in precedenza, tra collaboratore e responsabile, sono questi a guidare la qualità del cambiamento nel modo di lavorare.
Crede che ci saranno delle importanti ripercussioni, a livello occupazionale oltre che economico, per quanto riguarda la vicenda che stiamo affrontando? Quali sono i rischi maggiori ai quali andiamo incontro? Penso che nel breve e medio le ripercussioni saranno soprattutto economiche e che le aziende con solide basi, riusciranno a mantenere i livelli occupazionali anche se con dei sacrifici. Ci sono però tante realtà che si basano su una fragile governance e senza struttura finanziaria che non sopravviveranno a questo momento, per cui la selezione del mercato provocherà chiusure che aumenteranno la disoccupazione. I rischi maggiori sono sulle classi dei meno abbienti, meno qualificati, in aree dove già c’è poca opportunità di trovare lavoro; aumenteranno le disuguaglianze e le richieste di sostegno per queste persone.
Al di là del momento senza dubbio straordinario, cosa sta cambiando in maniera permanente nel mondo del lavoro e cosa, invece, terminata l’emergenza potrà tornare come prima? Ciò che sta cambiando nel mondo del lavoro è l’uso sempre più massiccio della digitalizzazione, delle relazioni sociali virtuali e del modo di comunicare: l’uso dei social più spinto. Questo potrà forse diminuire di nuovo un po’ con la ripresa della normalità; anzi la nuova normalità sarà più vicina nel modo di lavorare e di vivere in generale a questo momento, piuttosto che a come eravamo abituati prima dell’insorgenza della crisi da Covid-19.
Come si configura il ruolo dell’Hr in questo particolare momento? Il ruolo dell’HR deve anch’esso essere al passo con queste nuove esigenze e supportare le persone e i responsabili a questi cambiamenti in corso. Poi la sfida più grande sarà lavorare per il mantenimento dell’impegno, della motivazione e della fidelizzazione delle persone che è più difficile se non c’è un ambiente comune fisico da condividere, ma solo tanti ambienti virtuali diversi. Va da sé che solo con il passa parola, con i post delle nostre persone possiamo costruire l’attraction delle persone sul Mercato del Lavoro e questo sarà possibile solo se avremo lavorato bene sulla sfida di cui parlavo prima.