L’emergenza Covid riflette i suoi effetti anche nel mondo del lavoro che si è trovato a vivere una fase di particolare sconvolgimento che ha messo in subbuglio, tra l’altro, anche il benessere psicologico del lavoratori. Dalla Ricerca “AI @ Work 2020”, condotta da Oracle e Workplace Intelligence, sul benessere psicologico legato al lavoro e il ruolo della tecnologia come strumento in aiuto, è emerso che Il 2020 è stato l’anno più stressante di sempre per i lavoratori di tutto il mondo e che le persone desiderano essere aiutate anche con strumenti che usano l’intelligenza artificiale. A tal proposito abbiamo intervistato il responsabile di Oracle Italia per il mercato HCM, risorse umane, Luca Vellini.
Stando alla recente ricerca di Oracle “AI @ Work 2020” sul benessere psicologico legato al lavoro e il ruolo della tecnologia come strumento in aiuto, quale impatto ha avuto la pandemia sulla salute mentale della forza lavoro in Italia? La pandemia ha avuto un impatto pesante sul benessere psicologico delle persone. Per il 62% del campione, questo è stato l’anno più stressante di sempre e il 65% ha dichiarato di aver subito un impatto negativo: più ansia, meno equilibrio tra vita e lavoro, esperienze di burn out. Le nostre percentuali in questo senso si sono rivelate un po’ inferiori rispetto a quanto rilevato a livello globale, ma le difficoltà ci sono state. Del resto abbiamo lavorato in condizioni nuove per la gran parte delle persone, in situazioni non sempre ideali: le aziende hanno dovuto mettere al sicuro la forza lavoro attuando in tutti i casi possibili lo smart working, ma non eravamo necessariamente pronti.
C’è stato un settore che è stato maggiormente travolto dagli effetti negativi generati dall’emergenza Covid? La ricerca ha coinvolto un campione trasversale ma non sono stati forniti dati specifici relativi a singoli settori aziendali. Posso dare un parere basato sulla mia esperienza in rapporto ai nostri clienti – che in questo periodo abbiamo supportato intensamente con i nostri applicativi HCM in cloud per una gestione del personale cambiata nel giro di pochi giorni. Ritengo di poter dire che a essere maggiormente travolti non sono stati specifici settori, bensì le aziende rimaste più indietro rispetto alle opportunità della digitalizzazione. Il digitale è stato il fattore di continuità per le aziende durante il lockdown e lo è ancora oggi in buona parte, visto che che molti continuano a lavorare da remoto; chi era meno pronto, ha avuto più difficoltà.
In che modo l’Intelligenza artificiale può essere di supporto per la salute mentale dei lavoratori? La ricerca ha evidenziato che l’Intelligenza Artificiale aiuta quotidianamente le persone a ridurre parte del carico mentale di questo periodo. Negli applicativi che molti lavoratori oggi usano funzionalità di AI sono integrate al fine di automatizzare dei compiti ripetitivi e a basso valore, oppure per offrire indicazioni e suggerimenti operativi, per estrarre informazioni utili: il 67% degli interpellati italiani ha sperimentato questo valore positivo. E’ emerso poi l’aspetto più personale, legato al supporto nell’affrontare il malessere psicologico legato al lavoro: qui la gran parte dichiara di vedere un potenziale interlocutore negli strumenti basati su AI, con i quali oggi si può interagire in modo conversazionale peraltro, perché li percepisce come spazi privi di giudizio, più neutri. Questo ci dice che a livello di gestione delle persone le aziende possono utilmente esplorare le possibilità della tecnologia per creare e offrire strumenti di aiuto di vario genere, come app, servizi automatizzati e altro ancora.
In questo contesto, il lavoro da remoto si è rivelato un aggravante oppure è stato più di supporto? Le persone hanno trovato nel lavoro da remoto sia alcuni elementi di difficoltà, sia alcuni elementi positivi. Il 76% dei lavoratori italiani ha dichiarato di aver affrontato un qualche tipo di problema legato a questo modo di lavorare. Allo stesso tempo, però, il 59% ha dichiarato di trovare ora più interessante di prima il lavoro da remoto, segnalando benefici quali più tempo da trascorrere con la famiglia, più tempo di riposo. E’ una situazione quindi mista.
Quali sono le differenze più rilevanti emerse nella ricerca di Oracle tra i lavoratori italiani e quelli del resto dei paesi presi in esame? Come accennavo prima, rispetto ai dati globali gli italiani sono emersi, su tutta la linea, come i lavoratori un po’ meno stressati, anche con 7/8 punti di differenza – ad esempio per il 70% a livello globale questo è stato l’anno più stressante di sempre e per gli italiani il 62%. Detto questo, non emergono divari davvero ampi rispetto all’esperienza riportata globalmente sul fronte delle conseguenze della pandemia sul benessere psicologico, né sui temi legati all’Intelligenza Artificiale – qui abbiamo percentuali più basse di qualche punto, forse legate a una minore familiarità rispetto ad altri paesi con questo tipo di tecnologie, ma niente ancora di particolarmente rilevante.
Qual è invece il dato più preoccupante? E attraverso quali degli strumenti che le nuove tecnologie ci offrono possiamo porre rimedio in maniera efficace? Più che avere un dato preoccupante, direi che abbiamo un dato da ascoltare, come aziende: il dato secondo cui il 66% dei lavoratori italiani ci dice che vorrebbe che il suo datore di lavoro facesse di più per supportare il suo benessere psicologico. E’ qualcosa che ha a che fare con il valore che si dà alle persone, ma anche con il valore che le persone possono produrre per l’azienda: una persona che non sta bene al lavoro non sente di rendere al meglio. L’impatto può essere importante sulla produttività, sulla capacità di prendere decisioni: sono dati che emergono anche dalle opinioni raccolte nella ricerca.
Chi sta meglio, lavora anche meglio. Quali sono i vantaggi che le aziende possono trarre ponendo l’attenzione sul benessere mentale della propria forza lavoro e attraverso quali strumenti possono intervenire per proteggere e supportare la salute psicologica dei propri dipendenti? In questo senso è bene lasciarci aiutare dalle nuove tecnologie, perché si possono fare molte cose, anche in modo semplice. Nella ricerca si è domandato proprio quali tipi di strumenti i dipendenti vorrebbero avere a disposizione e sono stati citati servizi per accedere in autonomia a risorse sanitarie, servizi di consulenza a richiesta, accesso ad app per la meditazione o il benessere, un chatbot che risponda a domande legate alla salute. Ad esempio noi in Oracle siamo praticamente tutti in remoto e l’azienda ha ampliato l’offerta ai dipendenti con servizi di assistenza psicologica online, yoga in streaming, webinar per l’attività motoria l’alimentazione, mindfulness etc cercando di supportare i collaboratori in tutto ciò che definisce il benessere psicofisico intorno e al di là del lavoro. Sono tutte cose che si possono fare e che possono arricchire iniziative più tradizionali.