“Il Comandante più anziano dell’Alitalia guadagnerebbe come l’ultimo pilota assunto nella low cost Easyjet. Il taglio degli stipendi arriva fino al 50% e, considerando che il costo del lavoro dell’Alitalia era già il più basso d’Europa e di molte low cost, arriveremmo al 70% in meno rispetto ai vettori di riferimento. Sono proposte inutilmente vessatorie. Non parliamo poi delle condizioni di lavoro, che prevedrebbero anche sette giorni di riposo mensili e la possibilità di volare fino ai limiti posti dalle regolamentazioni internazionali. Parliamo di quattordici ore di seguito ai comandi di un jet: a lei sembra normale?“. È un fiume in piena Antonio Chialastri, 56 anni, che alle condizioni imposte da Ita dice di no, “per dignità”. Pilota di lungo corso, comandante, alla Dire ha parlato non soltanto del trattamento economico, ma anche della sicurezza del trasporto aereo: “I turni eccessivamente pesanti- ha ribadito- sono stati indicati da tutti i maggiori esperti della materia come una delle minacce primarie alla sicurezza dei voli”.
L’azienda in realtà “intende applicare un regolamento interno, che può cambiare in qualsiasi momento. Il problema- ha aggiunto il pilota- è che questo atteggiamento viene dallo Stato. Da parte loro i sindacati sono scollegati dalla realtà, hanno perso il contatto con i lavoratori, a cui si aggiunge una situazione conflittuale e di frammentazione fra undici sigle”. “Io non ho mandato la domanda per essere assunto. Al di là delle condizioni poste, ritengo che un professionista debba essere consapevole del proprio ruolo e delle potenzialità che ha nel mercato del lavoro. Fino a due anni fa c’era una situazione di scarsità di piloti nel mondo che portava le compagnie asiatiche e del Golfo ad offrire contratti molto interessanti. Stiamo parlando di stipendi anche sei/sette volte maggiori di quelli offerti in Italia. Quindi, non c’è ragione di accettare una proposta che ritengo vergognosa, perché irrispettosa della professionalità dei piloti italiani. Al momento stanno nascendo nuove realtà, nuove compagnie che cercheranno piloti e io sono pronto a lavorare per loro”, ha dichiarato.
La critica al management Ita porta ad una riflessione sulla storia di Alitalia. “La compagnia di bandiera è stata la prima a fallire nel caso dei default dell’Argentina e della Grecia. Non esiste alcun Paese facente del G7- ha continuato il Comandante- che non abbia un suo vettore globale di riferimento, ma per quanto riguarda il trasporto aereo, l’Italia invece sta abdicando alle potenze straniere. Abbiamo un Paese a vocazione turistica, il secondo Paese manifatturiero d’Europa, uno dei membri del G7, un mercato passeggeri che è il terzo d’Europa e si decide di subappaltare agli stranieri il trasporto aereo. Lei non trova che ci sia qualcosa di strano in tutto questo?” ha domandato Chialastri. “Io- ha incalzato- rimango stupito dal fatto che nessuno si sia mai posto il problema del perché Alitalia sia fallita ripetutamente. Quattro dissesti (2008, 2014, 2017 e 2021) in dodici anni rappresentano una specie di record e spiega anche come mai il contribuente medio sia generalmente arrabbiato quando sente parlare di Alitalia. Eppure la parte operativa funziona bene, mentre la parte finanziaria risente di interferenze da parte di una serie di soggetti che minano dall’interno la sostenibilità economica. Ricorda un po’ il modello Parmalat: buoni prodotti, ma finanziariamente inaffidabile”, una vicenda, questa, che Antonio Chialastri ha ripercorso anche in una sua precedente intervista.
“A forza di sentire una narrazione distorta, l’opinione pubblica ha metabolizzato l’immagine di un baraccone inefficiente che è meglio chiudere. La realtà oggettiva è un’altra. In Italia il settore dei viaggi aerei è cresciuto a ritmi cinesi, ci sono ottime opportunità di fare business, e fortunatamente noi possiamo contare su una tradizione aeronautica di prim’ordine, con un know-how consolidato. Paradossalmente, la decisione di nazionalizzare la Compagnia deriva dallo stesso motivo per cui era stata privatizzata nel 2008: perché era gestita male. Ma allora non sarebbe stato meglio gestirla bene, nominando persone di indiscusso valore in campo aeronautico per portarla fuori dalle secche? Consideri che noi dipendenti nel 2020 abbiamo, con una petizione firmata da oltre 6.400 lavoratori, proposto un cambio di management perché avevamo capito che stavamo andando verso il baratro. Cosa che si è regolarmente verificata, con 8.000 esuberi su circa 10.000, nonostante lo Stato abbia stanziato tre miliardi per questa operazione. Di fatto, dopo il default del 2017 lo Stato ha deciso, a parole, di entrare nella gestione della Compagnia aerea, ma di fatto ha lasciato andare Alitalia alla deriva. Da parte loro, i commissari- ha proseguito Chialastri- avrebbero dovuto fare, per missione istituzionale, tre cose: ristrutturarla, venderla intera, oppure venderla a pezzi. Non hanno fatto nulla di ciò in quattro anni e mezzo, procrastinando lo stato vegetativo in cui versa da anni. Il Governo sta di fatto impostando una nuova compagnia destinata a non sopravvivere nel mercato globale per dimensione, network e missione, con la naturale conseguenza di essere assorbita nel prossimo futuro da un vettore straniero tipo Air France o Lufthansa. Fine del trasporto aereo italiano. Ne riparliamo tra qualche anno” ha quindi concluso con l’amaro in bocca un uomo che al volo con la bandiera italiana ha dato la sua vita.
Fonte: Agenzia Dire