L’equilibrio tra le esigenze crescenti di mobilità e soluzioni sostenibili da un punto di vista economico, sociale e ambientale richiede un ripensamento profondo sia dei modelli di offerta che delle modalità di regolazione del mercato. È quanto emerge dalla ricerca “Attori e modelli per una mobilità sostenibile”, realizzato da Nomisma e presentato a Roma da Luigi Scarola – Responsabile Sviluppo Territoriale e Economia Sociale di Nomisma -e Giulio Santagata, Consigliere Nomisma.
Numerosi e molto significativi i numeri presentati dal rapporto che mette in evidenza un sistema di mobilità totalmente dominato dall’auto. Nel 2019 infatti in Italia c’erano 663 automobili per 1.000 abitanti, con il nostro Paese al secondo posto della classifica europea per auto per abitanti. Nel 2019 36 milioni di italiani maggiorenni (73,9%) hanno utilizzato almeno una volta la propria auto per i loro spostamenti, e oltre la metà della popolazione nazionale ha utilizzato la propria auto ogni giorno.
Sebbene l’utilizzo dell’auto sia più frequente nei comuni di piccole e medie dimensioni, anche nei comuni centro dell’area metropolitana, che dispongono di un’offerta alternativa certamente più strutturata, il 64% della popolazione utilizza l’auto per i propri spostamenti (oltre il 30% la utilizza tutti i giorni).
Oltre all’utilizzo predominante dell’automobile per gli spostamenti, una delle principali criticità consolidate della mobilità italiana risiede nello scarso utilizzo del trasporto condiviso: nella maggior parte dei casi in auto si viaggia soli. Nello specifico, i dati più recenti sul coefficiente di riempimento dell’auto evidenziano la presenza di 4 persone ogni 3 automobili (conducenti compresi).
Secondo una ricerca Anci, negli spostamenti da casa verso il luogo di lavoro o di studio, ogni giorno circolano 1,9 milioni di autovetture con 2,5 milioni di persone a bordo. Se ogni auto trasportasse due persone, circolerebbero 628mila auto in meno, con notevoli benefici economici dei viaggiatori e evidenti vantaggi anche per la qualità dell’aria
Il confronto internazionale con le principali città europee evidenzia un gap importante da colmare in termini di sostenibilità: il tasso di motorizzazione delle città italiane è molto più elevato rispetto a città di atri Paesi, così come la quota di spostamenti in automobile. Ad esempio a Roma il tasso di motorizzazione (auto per 1000 abitanti) è di 623 unità mentre a Parigi di 250, ad Amsterdam 257 e a Londra 360.
Le motivazioni di tali diversità sono da imputarsi a diversi fattori, che vanno da “questioni culturali” a oggettive carenze delle infrastrutture del trasporto pubblico, alla presenza di minori misure interdittive nei centri urbani. Tutto ciò si ripercuote inevitabilmente sulla vivibilità della città – diventate ormai auto-centriche – con centri urbani congestionati e ripercussioni sulla sicurezza stradale, sugli spazi e sulla qualità dell’aria.
Logica conseguenza è il livello di congestionamento dei grandi centri urbani nei quali il tempo aggiuntivo medio per compiere un percorso in auto è superiore a quello previsto in assenza di traffico di almeno il 20%: a Roma, secondo lo studio curato dall’Istituto di Ricerca bolognese, nell’ora di punta mattutina si impiegano 54 minuti per compiere un tragitto che, in assenza di traffico, richiederebbe 30 minuti. A Milano i minuti aggiuntivi per un percorso di 30 minuti sono 21. Sempre nella capitale, ogni anno nel traffico si perdono l’equivalente di oltre 20 giornate lavorative, per tutte le altre città metropolitane italiane considerate il dato è sempre superiore alle 10 giornate lavorative
Considerando la densità veicolare (auto per kmq) nei comuni capoluogo di Città Metropolitana (anno 2019) in testa c’è Napoli con 4635 unità, seguita da Torino con 4264 e Milano con 3803. La media italiana è di 131 auto per kmq.
In questo contesto, il servizio taxi e quello di noleggio con conducente (NCC) non riescono a contribuire al contenimento del traffico privato e – più in generale – ad una gestione più efficiente della mobilità: nell’ultimo decennio, tra l’altro, il numero di licenze è rimasto sostanzialmente invariato, creando così l’ostacolo legato al valore economico delle licenze. Un aumento marginale delle licenze non sarebbe comunque in grado, da solo, di fornire una risposta di sistema, che deve prevedere anche un’armonizzazione con i sistemi di trasporto pubblico di linea, di car sharing e bike/scooter sharing.
Quale potrebbe essere quindi una soluzione mirata a creare un nuovo sistema di mobilità più efficiente e sostenibile? Le esperienze di maggior successo si raccolgono, pur con significative differenze, sotto il titolo Maas (Mobility as a Service), con l’obiettivo di mettere l’utente finale al centro delle modalità di spostamento.
La strategia dei provider di MaaS è quella di creare le condizioni per rendere più attrattivo, in termini di prezzo e servizio, lo spostamento con le modalità di trasporto alternative al mezzo privato, offrendo un’unica soluzione di viaggio composta da più spostamenti e garantendo all’utente un’unica interfaccia per l’acquisto, il pagamento, il flusso informativo e la raccolta dei feedback.
Quanto più il modello coglierà in tempo reale i fabbisogni di mobilità dell’utente finale, tanto più vi sarà una reale disincentivazione non soltanto dell’uso, ma anche del possesso del mezzo privato, determinando chiari vantaggi collettivi sotto il profilo ambientale e sociale. A questo proposito, le tendenze in atto nelle giovani generazioni verso un diminuito favore all’auto di proprietà aprono uno scenario coerente con il modello MaaS.
La diffusione di operatori MaaS verrà favorita quando sarà possibile acquistare pacchetti “bundle” ad una tariffa omnicomprensiva a tempo o a distanza; facendo un parallelismo con l’evoluzione della telefonia, che ad oggi include in un’unica tariffa traffico dati, sms, voce, la MaaS dovrebbe offrire pacchetti in cui sono previsti diversi tipi di mobilità (ad es. taxi, bus, metro, car sharing, etc.) che l’utente potrà usare in funzione delle proprie esigenze.
L’occasione di sviluppare nuovi modelli di business innovativi grazie al coinvolgimento di operatori privati, vincolati da una visione di smart mobility equa ed accessibile, porterebbe inoltre anche in mano pubblica un patrimonio informativo molto prezioso per comprendere le relazioni economico-sociali urbane e proseguire su di un virtuoso percorso di miglioramento della qualità della vita.
“Lo studio – ha sottolineato Santagata durante la presentazione – conferma la crisi del modello attuale, dovuta principalmente alla sua rigidità. Occorre per questo favorire la flessibilità, attraverso una regolazione del mercato che favorisca la concorrenza: meno regolazione e più programmazione e organizzazione sono le direttrici su cui dovrà svilupparsi l’azione delle Amministrazioni Pubbliche per garantire una maggiore sostenibilità all’intero sistema di mobilità”