Enti locali e aziende stanno adottando nuove soluzioni per incentivare l’uso delle due ruote, non solo nel proprio tempo libero, ma anche per gli spostamenti casa-lavoro o per lavoro, soprattutto quando le distanze sono ragionevoli. Oltre alla riduzione di veicoli circolanti sulle strade e quindi minor emissione di gas inquinanti, l’uso della bicicletta conferisce benessere fisico e mentale ai lavoratori, così come dimostrato da un recente studio condotto dalla University of East Anglia di Londra in collaborazione con il Centre for Diet and Activity Research. Lo studio è stato condotto su un campione di 18mila lavoratori di età compresa tra i 18 e i 65 anni, per un periodo di 18 anni mostrando risultati inequivocabili: più facilità, in questa categoria, a rimanere concentrati durante la giornata lavorativa, miglior capacità di resilienza e di tolleranza dello stress da lavoro rispetto ai colleghi che invece raggiungono il posto di lavoro con la propria vettura privata.
Sul versante aziendale stanno infatti comparendo i primi piani di mobilità bike oriented, il cd. corporate bike sharing: e-bike, bici a pedalata assistita, per gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti. La peculiarità dell’e-bike è duplice: con minimo sforzo e fatica – evitando altresì di sudare eccessivamente – permette di raggiungere rapidamente il posto di lavoro, coniugando attività fisica e rispetto per l’ambiente. In questo caso, il supporto degli enti locali può rappresentare un asset importante per le aziende attraverso la predisposizione di strutture e percorsi ciclabili adeguati ed in sicurezza, la cui carenza spesso costituisce un disincentivo ad adottare soluzioni sostenibili da parte delle aziende. Stabilire sinergie tra pubblico e privato può portare a soluzioni ottimali e migliorative: laddove una parte non possiede i mezzi o gli strumenti, l’altra parte vi provvede nell’ottica della reciprocità e della leale collaborazione.
Sul fronte della gestione territoriale e delle amministrazioni locali, alcuni Comuni, per promuovere l’uso delle due ruote, hanno previsto un compenso mensile sulla base dei chilometri che ogni giorno i lavoratori effettuano per raggiungere il posto di lavoro, cifra che oscilla tra i 30 e 50 euro, variabili a seconda della Regione.
Sulla scia del bike to work, da alcuni anni in Italia si sperimenta anche il bike to school: bambini e genitori muniti di bici e caschetti per raggiungere la scuola. Si tratta di un’iniziativa lodevole che mira a creare una vera e propria cultura della mobilità sostenibile fin dalla giovane età, che riduce il traffico e il numero di veicoli stazionanti davanti agli ingressi delle scuole e che trasmette ai bambini quel benessere fisico e mentale accennato poc’anzi. Sono spesso le associazioni che si fanno promotrici di queste campagne di sensibilizzazione, sia per gli utenti della strada che per le istituzioni politiche: le strade italiane necessitano di una messa in sicurezza, attraverso la predisposizione di percorsi ciclabili capillari, nei centri urbani e non. Negli ultimi anni, alcune città come Torino, Milano, Roma, Napoli, Genova hanno promosso questa iniziativa auspicando che anche altre città seguissero il loro esempio. Non sempre questo è avvenuto, perché?
Per poter diffondere ampiamente questa soluzione di mobilità ed essere quindi attrattiva, è fondamentale avere reti di collegamento efficienti e sicure che, ad oggi, sono assenti nella maggior parte delle città italiane. Questo fa sì che la mancanza di sicurezza non incentivi le famiglie a spostarsi con la bici, talvolta perché le piste ciclabili collegano solamente brevi tratte e la restante parte dovrebbe essere effettuata nel mezzo del traffico cittadino.
In sintesi, ciascun attore, pubblico o privato che sia, compreso l’associazionismo, può contribuire in maniera significativa, con le proprie competenze e capacità, a divulgare un’etica ed una cultura sulla sostenibilità, di mobilità e di biker responsabili ed in salute.