Da abitipuliti.org – La Clean Clothes Campaign, i sindacati e altri partner lanciano per l’occasione una richiesta di attivazione globale per chiedere che i sopravvissuti e i familiari delle vittime ricevano i risarcimenti che gli spettano e che tutti i marchi di abbigliamento che si riforniscono in Bangladesh sottoscrivano l’Accordo sulla sicurezza e la prevenzione degli incendi in Bangladesh.
Nonostante l’urgenza, i marchi continuano a ritardare i versamenti nel Rana Plaza Donors Trust Fund. Mancano all’appello 8,5 milioni di dollari per garantire a tutte le vittime il pieno e giusto risarcimento: ad oggi hanno ricevuto solo il 70% di quanto gli spetta. Questa mattina Benetton ha annunciato che verserà 1.1 milioni di dollari nel fondo, dopo un’intensa campagna che chiedeva all’azienda di pagare 5 milioni di dollari.
“Benetton ha avuto la possibilità di emergere come leader nella cura e nel rispetto dei diritti delle vittime, dimostrando che le sue parole non erano solo operazioni di marketing. Purtroppo, “i veri colori di Benetton” si sono rivelati per quel che sono” dichiara Ineke Zeldenrust della Clean Clothes Campaign.
Lo scorso febbraio Benetton aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe pagato “entro poche settimane” e che aveva chiesto ad una terza parte credibile e indipendente di determinare la cifra da versare. Oggi sappiamo che si tratta della società di revisione PriceWaterhouseCoopers (PWC). E che l’americana World Wide Responsible Apparel Program (WRAP), che Benetton descrive come una Ong impegnata sul fronte del rispetto degli standard sociali ha approvato la valutazione della PWC. WRAP in realtà è una società di certificazione e auditing sociale sponsorizzata in maniera unilaterale dall’industria con uno dei peggiori curriculum del comparto. La fabbrica Garib & Garib, ad esempio, bruciata nel 2010 causando 21 morti a Dhaka, era stata da poco certificata dalla WRAP.
“Benetton ha di nuovo sprecato tempo e denaro in un processo atto a cercare di legittimare il loro insufficiente versamento. È molto preoccupante che abbia affidato la sua valutazione ad una società che non ha precedenti in materia di diritti umani. È davvero allarmante e significativo che la valutazione della PWC sia stata approvata solo da una delle meno affidabili società di revisione in un settore che fa acqua da tutte le parti. Parliamoci chiaro, il comportamento di Benetton non è stato per niente trasparente. Il processo ha escluso tutti i sindacati e le organizzazioni che si occupano di diritti dei lavoratori da due anni direttamente impegnate nel lavoro per l’ottenimento dei risarcimenti per le vittime in Bangladesh” ha dichiarato Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti, sezione italiana della Clean Clothes Campaign.
Sono state programmate azioni in tutto il mondo. Si comincia proprio dall’Italia, a Genova, il 18 aprile, dalle ore 19. Presso Palazzo Ducale, nell’ambito della rassegna La storia in piazza, la Campagna Abiti Puliti in collaborazione con l’Associazione Culturale hòferlab porterà in scena 136OOhZ concerto per macchine per cucire, una performance artistica a cura di Sara Conforti. A seguire il dibattito Mai più Rana Plaza. Attivismo, arte e giornalismo per una nuova età dei diritti condotto da Valentina Sonzini, nel quale interverranno Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti, Sara Conforti, curatrice e ideatrice della performance, Liza Boschin e Elena Marzano, giornaliste di Presa Diretta e autrici del reportage “Made In Italy” realizzato in Bangladesh.
La settimana prossima sono previste azioni negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Belgio, in Francia, in Germania, in Spagna. In Bangladesh sindacati e Ong (come Workers Safety Forum, BLAST e BILS) daranno voce alle vittime del disastro.
L’ILO ha istituito il Rana Plaza Donors Trust Fund nel gennaio 2014 per raccogliere i risarcimenti per le vittime. Il Rana Plaza Coordination Committee (RPCC), istituito nell’ottobre 2013, è stato incaricato di sviluppare e supervisionare il processo di risarcimento meglio conosciuto come Arrangement. Il RPCC è composto dal governo e dall’industria bengalese, marchi e rivenditori globali, sindacati e Ong bengalesi e internazionali. L’ILO ha un ruolo di attore neutrale. Durante il processo di definizione dell’Arrangement, i rappresentanti dei marchi si sono opposti all’inserimento di cifre specifiche per ciascun brand. Al contrario, hanno insistito perché il sistema fosse su base volontaria, senza linee guida sui pagamenti, credendo che tutti i marchi e gli stakeholders avrebbero effettuato generose donazioni per garantire al Fondo di raggiungere la somma necessaria. Finora questo metodo si è dimostrato fallimentare.
Fin dall’istituzione del Fondo nel gennaio 2014, gli attivisti sostengono che le donazioni devono essere proporzionate al fatturato dell’azienda, all’entità delle sue relazioni commerciali con il Bangladesh e con il Rana Plaza. Per questo la CCC ha sempre chiesto a Benetton di versare almeno 5 milioni di dollari nel Fondo. Quasi tutti i marchi collegati al Rana Plaza hanno effettuato donazioni insufficienti, non assumendosi quindi le loro responsabilità nei confronti delle vittime. Alcuni brand come Mango, Inditex e Matalan si sono rifiutate di rendere pubbliche le cifre che hanno versato. Altre come Walmart e The Children’s Place, pur rendendo pubbliche le cifre, hanno versato piccole quantità di denaro.
L’intenzione di Benetton di versare 1,1 milioni di dollari nel Fondo da poco rivelata è una grande delusione. – “Benetton dovrebbe sapere quanto, a causa sue e degli altri marchi coinvolti, abbiamo sofferto per l’accaduto e adesso esce pubblicamente con 1,1 milioni di dollari. Questo è così irrispettoso per noi e per tutte le vittime Rana Plaza”, dice Latif Sheikh, che ha perso la moglie nel crollo. Latif insieme alle altre famiglie delle vittime e ai superstiti mantengono la loro richiesta a Benetton di colmare quanto manca a raggiungere la cifra totale necessaria al fondo.
“Dobbiamo chiederci perché di tutte le aziende collegate direttamente al Rana Plaza solo due – Primark e Loblaw – hanno contribuito in modo significativo dimostrando di prendere sul serio le loro responsabilità e di rispettare la vita dei lavoratori. Se tutte le altre società coinvolte avessero seguito il loro esempio, non saremmo costretti a registrare questa mancanza di 8,5 milioni di dollari nel Fondo ad una settimana dal secondo anniversario del disastro” ha dichiarato ancora Ineke Zeldenrust del Clean Clothes Campaign.
Il 24 aprile del 2013, poco dopo le 8 del mattino, gli otto piani di cemento del Rana Plaza sono crollati uccidendo 1138 persone. Alcune sono morte sul colpo. Altre, sepolte vive, sono state costrette ad amputarsi parti del corpo per essere estratte dalle macerie. È stato stimato che ci fossero 3890 persone nell’edificio al momento del crollo.