Due dipendenti hanno lavorato per 12 anni al bar del nuovo palazzo di giustizia di Palermo. “Adesso non è più scontato che torni al mio impiego dietro al bancone. Dopo che ho denunciato, insieme con la collega, quanto succede lì dentro. Eravamo esasperate. Lavoravamo 9 ore al giorno mentre il nostro contratto ne prevedeva 4, e restituivamo tutta la quattordicesima, le ferie godute e altre voci in busta paga per un totale che si aggirava intorno ai 600 euro mensili”, racconta Valeria Leto.
La procura ha deciso di aprire un’inchiesta per quella quotidianità di sfruttamento, che si sarebbe realizzata sotto gli occhi di magistrati e forze dell’ordine, ma ovviamente a loro insaputa. Si tratta, al momento, di un fascicolo conoscitivo contro ignoti. L’indagine è coordinata dalla procuratrice aggiunta Annamaria Picozzi e dai sostituti Eugenio Faletra e Sergio Mistritta. E la famiglia che gestisce i bar del tribunale, dentro il tempio della giustizia palermitana, è una famiglia che otto anni fa denunciò gli estorsori che erano andati a chiederle il pizzo.
Il racconto a ‘Le Iene’. Tutte e due le dipendenti, in cassa integrazione per l’emergenza Covid- 19, si sono rivolte ad un legale per denunciare di avere ricevuto meno della metà degli stipendi (l’altra metà l’avrebbero consegnata ogni mese alla titolare), dopo avere raccontato la loro storia al programma tv ” Le Iene”. Le due dipendenti hanno accettato di mettersi addosso telecamere nascoste e sono andate a parlare alla titolare, proprio al bar del tribunale.
Nessuna replica dalla titolare dell’esercizio, Luisa Torregrossa, che si limita a dire: “Non voglio parlare” e interrompe la telefonata. I locali dei due bar, che contano una decina di dipendenti, sono di proprietà del Demanio e affittati alla famiglia Torregrossa.