Il dubbio. Per l’Unione Europea è lecito licenziare un lavoratrice in stato di gravidanza. E’ questo il contenuto di fondi di una sentenza della Corte di Giustizia pubblicata in pò di tempo fa e che riproponiamo per alimentare un confronto sul tema. Nello specifico, il provveidmento è legittimo nel’ambito di una procedura di licenziamento collettivo e non in contrasto con il diritto comuntario.
Il caso spagnolo. La sentenza si riferisce ad un caso spagnolo in cui una lavotrace di una banca in stato di gravidanza è stata licenziata a seguito di una procedura di licenziamento collettivo. Il giudice spagnolo che ha seguito la vicenda ha sollevato, tuttavia, la possibilità di un contrasto delle norme tra la procedura di licenziamento stabilità dalle norme spagnole con la direttiva europea 92)85 “con la quale sono definitemisure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle donne gestanti, puerpere o in periodo di allontamento”, così come scrive Giampiero Falasca su Il Sole 24 Ore del febbraio 2018. “Tale recesso è stato intimato nel rispetto delle norme spagnole” ricorda Falasca, “ che vietano il licenziamento delle lavotrici gestanti salvo il caso in cui il recesso sia dovuto a motivi non rigurdanti la gravidanza o l’esercizio del diritto ai permessi e all’aspettativa conseguità alla maternità”.
Pe ragioni economiche o tecniche. Il divieto di licenziamento posto dalla direttiva UE, come ricorda la Corte di Giustizia, “mira a prevenire gli effetti dannosi sullo stato fisico e psichico delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, che può generare un rischio licenziamento connessi al loro stato”. Il licenziamento, quindi, escluse la situazioni appena descritte, è legittimo per ragioni economiche o tecniche relative all’organizzazione o alla produzione di impresa. La domanda che poniamo a distanza di più di un anno dalla sentenza è: ma una donna in gravidanza non dovrebbe essere (quasi) mai licenziabile?