Si è tenuto a Roma l’incontro sul piano industriale 2020-2023 di Wind, che ha annunciato 1500 potenziali esuberi entro i prossimi tre anni. La compagnia, controllata al 100% da Hutchison, ha, però, sottolineato la volontà di “gestire gli esuberi con reinternalizzazioni, riprofessionalizzazioni e uscite volontarie”.
E sul fronte degli investimenti ha confermato quello annunciato di 6 miliardi di euro per la rete unica e lo sviluppo dell’infrastruttura 5G. Sembra quindi esserci spazio per una trattativa seria e, già dall’appuntamento odierno, il sindacato ha chiesto “una rigorosa ricognizione di tutto il perimetro aziendale: quanto lavoro c’è oggi in azienda; quanto lavoro potrebbe essere eroso dalla digitalizzazione e dalla conclusione dei processi di fusione; quanto lavoro nel frattempo è uscito e quanto dovrà rientrare sotto forma di reinternalizzazioni”.
I sindacati. Con questo approccio, anche con l’ausilio delle uscite volontarie e di strumenti quali l’art. 4 Fornero – scrivono in una nota comune le organizzazioni sindacali- siamo convinti che si possa riportare Wind Tre sul solco di una tradizione di relazioni sindacali partecipate e condivise, in nome di quella contrattazione d’anticipo con la quale stiamo provando, nel settore, a governare il combinato disposto dell’azione dirompente della rivoluzione tecnologica, del calo drammatico dei fatturati nell’ultimo decennio e della pressoché totale assenza di un “piano Paese” per il mondo delle Telecomunicazioni.
“Siamo nelle condizioni con la nostra cassetta degli attrezzi, tra uscite volontarie e riprofessionalizzazioni, – spiega Riccardo Saccone (Slc Cgil) – di monitorare e gestire la situazione di Wind Tre senza atti unilaterali e traumatici. Tuttavia, qualora Wind Tre dovesse confermare i 1.500 esuberi noi non saremmo d’accordo”.