Milano– Un progetto per contrastare la povertà educativa e favorire inclusione e benessere dei ragazzi che vivono in contesti difficili: questo il programma di REACT – Reti per Educare gli Adolescenti attraverso la Comunità e il Territorio – selezionato da CON I BAMBINI nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Un progetto totalmente focalizzato sul territorio italiano presentato stamattina da WeWorld Onlus durante una conferenza stampa presso il Comune di Milano, alla presenza del Presidente WeWorld Onlus Marco Chiesara, dell’Assessore all’Educazione Laura Galimberti e Andrea Trisoglio, Fondazione Cariplo, in rappresentanza del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
In questa occasione è stata presentata anche una fotografia sulla povertà educativa in Italia attraverso i dati raccolti dall’Università Cattolica per WeWorld Onlus per comprendere chi sono i ragazzi a cui si rivolge l’intervento. Un questionario somministrato a oltre 1500 ragazzi e ragazze da cui emerge un pericoloso scollamento tra istituzione scolastica e vita reale, con segnali d’allarme preoccupanti per abbandono scolastico.
Il progetto coinvolge 3200 ragazzi, 1700 famiglie vulnerabili e 690 insegnanti e si sviluppa attraverso un modello innovativo che mira da un lato a rafforzare gli adolescenti, specie i gruppi più vulnerabili, migliorandone le competenze nel passaggio critico tra I e II grado della scuola secondaria; dall’altro a potenziare i soggetti (formali: insegnanti, operatori sociali e informali: famiglie, volontari, cittadini, operatori territoriali) che rappresentano, a vario titolo, la comunità educante. I partner che fanno parte di REACT sono scuole e enti del terzo settore.
Nei Centri educativi, che integrano il lavoro educativo realizzato dalle scuole, gli adolescenti e le loro famiglie possono trovare uno spazio adatto a loro e che offre diverse opportunità: formazione di competenze personali attraverso attività laboratoriali innovative e percorsi di orientamento, supporto allo studio, percorsi di supporto a genitori e famiglie vulnerabili attraverso counseling e formazione su competenze genitoriali. I centri, inoltre, permettono ai ragazzi anche di sviluppare attitudini o vocazioni che la scuola spesso non riesce a trovare o risvegliare.
“Famiglie disgregate e monoparentali, adolescenze precoci ed esposte a comportamenti devianti, degrado e criminalità, scarsità di risorse economiche, solitudine e scuole che spesso non hanno strumenti per aumentare la resilienza dei minori. E poi mancanza di opportunità, assenza di spazi in cui coltivare idee, confrontarsi e sperimentare il valore del talento per formare la propria personalità in maniera indipendente da problemi familiari e da esperienze negative”. Dichiara Marco Chiesara, Presidente di WeWorld Onlus “Queste sono solo alcune delle cause che inchiodano in fondo alla scala sociale migliaia di bambini e adolescenti nati e cresciuti nelle periferie di tutta Italia, e in particolare al Sud, nell’entroterra e nelle isole, laddove aumenta il grado di separazione dalle Istituzioni, dalla società e dalle opportunità pensate per chi invece ha accesso a continui stimoli culturali e chance per acquisire una diversa capacità di interpretare se stessi e il mondo”.
Cosa ha rivelato l’indagine. WeWorld Onlus, proprio per conoscere meglio questi ragazzi, ha commissionato all’Università Cattolica un’indagine sul benessere scolastico che si è articolata sul rapporto dei ragazzi con i genitori, con sé stessi, con la scuola, gli insegnanti e il gruppo giovanile e la relazione con tre poli territoriali (scuole, centri educativi e luoghi della cultura urbani). Un questionario è stato somministrato a 1582 ragazzi e ragazze del secondo anno della scuola secondaria di 1° grado, di cui il 95% italiani. Per quanto riguarda il rapporto con la scuola, emerge un grande scollamento tra l’istituzione scolastica e la vita reale, con segnali d’allarme preoccupanti di abbandono scolastico: 1 ragazzo su 4 si dice in ansia all’idea di andare a scuola, il 40% abbandonerebbe gli studi (soprattutto i maschi e con basso capitale culturale) e il 56% dichiara apertamente che i programmi sono noiosi e la scuola inutile.
Sfera familiare, personale e rapporto con gli insegnanti. La maggioranza degli studenti ritiene che i genitori abbiano un’immagine positiva dei figli (sono orgogliosi, interessati, chiedono il rispetto delle regole, si informano sulla scuola) e ha una immagine di sé sostanzialmente positiva (capacità di impegnarsi a scuola, collaborare, risolvere problemi, affrontare ostacoli ed esprimere opinioni). Dai dati tuttavia anche qui emergono alcune criticità: 1 genitore su 2 non controlla il diario, il 42% dei ragazzi non è aiutato nei compiti e 1 ragazzo su 3 si sente incompreso dalla famiglia. Solo il 14% dei ragazzi dichiara di poter esprimere pienamente le proprie opinioni con gli insegnanti. Più in difficoltà gli studenti stranieri e chi ha subito una bocciatura e addirittura il 46% dei ragazzi si vergogna a parlare in classe. Quanto al rapporto con gli insegnanti, invece, seppur connotato positivamente a livello generale (riconosciuti dagli studenti come persone di cui fidarsi, che ascoltano, consigliano, conoscono i singoli, comunicano con i genitori), c’è un campanello d’allarme: la stragrande maggioranza (76%) ritiene che i professori non conoscano le cose importanti della vita dello studente fuori dalla scuola e più di un terzo si sente discriminato.
“Contrastare la povertà educativa è una delle sfide più importanti che devono essere affrontate tutti insieme: scuola, famiglia, territorio – dichiara l’assessore all’Educazione Laura Galimberti – Il Comune di Milano è orgogliosamente partner nel progetto R.E.A.C.T. che si intreccia e dialoga con altri progetti in corso per accompagnare i bambini fin dalla prima infanzia, i ragazzi e le loro famiglie. I dati che ci vengono presentati oggi parlano di un fenomeno ancora presente anche nella nostra città e per questo vogliamo continuare a portare avanti insieme iniziative concrete e di valore come questa”.
“Alla luce dell’indagine commissionata all’Università Cattolica emergono raccomandazioni che non solo rafforzano il senso del progetto in corso, ma chiamano tutti gli operatori educativi a creare occasioni per contrastare la povertà educativa creando ponti tra scuola, famiglia e territorio”. Conclude Chiesara “La possibilità concreta di contrastare la povertà educativa richiede infatti un approccio integrato che colmi il divario tra scuola e territorio messo in evidenza dalle risposte degli studenti. Il progetto REACT vuole rafforzare le competenze degli adolescenti più vulnerabili coinvolgendo, l’intera comunità educante, a partire dai genitori e dagli insegnanti, fino agli attori sociali del territorio.”